Disoccupazione dovuta anche con contratto a termine convertito ex tunc

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In caso di accertamento della nullità del termine apposto al contratto di lavoro e conseguente ricostituzione ex tunc del rapporto, l’indennità di disoccupazione è dovuta per il periodo tra la scadenza del termine nullo e la sentenza dichiarativa di tale nullità.

Tale prestazione ha infatti natura previdenziale e mira a compensare la perdita di reddito.

È distinta dall’indennità ex art. 32 Legge n. 183/2010, che ha finalità risarcitorie forfettarie e attiene al rapporto di lavoro, a integrazione della conversione del contratto a tempo determinato in indeterminato.

SU: indennità disoccupazione dovuta se manca retribuzione effettiva

Lo hanno puntualizzato le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, con sentenza n. 23876 del 26 agosto 2025, nel tornare a pronunciarsi in tema di indennità di disoccupazione, a pochi giorni dalla sentenza n. 23476/2025, con cui hanno sancito che l’indennità di mobilità/disoccupazione è dovuta anche in presenza di una sentenza di reintegrazione rimasta inattuata.

Indennità di disoccupazione e conversione del contratto a termine

Il contesto giuridico della disoccupazione involontaria  

Il sistema previdenziale italiano tutela il lavoratore in caso di disoccupazione involontaria, riconoscendo prestazioni economiche a condizione che venga accertata la perdita del posto di lavoro per cause non imputabili al lavoratore stesso. Tra le prestazioni più rilevanti, l’indennità ordinaria di disoccupazione rappresenta uno strumento centrale di protezione sociale, fondato sull’art. 38, comma 2, della Costituzione e disciplinato, nel tempo, da diverse disposizioni di rango primario, tra cui il R.D.L. n. 1827/1935 e, più recentemente, la L. 183/2010.

La sentenza n. 23876/2025 delle Sezioni Unite affronta una questione interpretativa di rilievo: se sia legittima la ripetizione dell’indennità di disoccupazione percepita dal lavoratore successivamente alla cessazione di un contratto a termine, poi convertito ex tunc in contratto a tempo indeterminato per effetto di sentenza passata in giudicato.

La vicenda oggetto del giudizio  

Il caso concreto: lavoratore, INPS e contratti a termine  

Nella vicenda specificamente esaminata, il lavoratore, inizialmente assunto con una serie di contratti a termine, aveva percepito l’indennità di disoccupazione per il periodo compreso tra il 15 giugno 2010 e il 16 giugno 2011, a seguito della cessazione dell’ultimo contratto.

Successivamente, una sentenza del Tribunale del lavoro aveva accertato l’illegittimità del termine apposto al primo contratto di lavoro a tempo determinato e, di conseguenza, ha disposto la conversione del rapporto in contratto a tempo indeterminato sin dalla data iniziale dell’assunzione.

In applicazione dell’art. 32, comma 5, della Legge n. 183 del 2010, aveva inoltre condannato il datore di lavoro al pagamento di un indennizzo risarcitorio forfettario pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

Il Tribunale, tuttavia, aveva accolto anche la domanda dell’INPS che aveva chiesto al lavoratore la restituzione dell'indennità di disoccupazione, ritenendola indebitamente percepita in quanto, a suo dire, la ricostituzione ex tunc del rapporto escludesse, retroattivamente, la sussistenza dello stato di disoccupazione.

La Corte d’Appello, tuttavia, aveva riformato la decisione di primo grado, riconoscendo che l’INPS non aveva diritto di chiedere la restituzione dell’indennità di disoccupazione percepita dal lavoratore (ossia ne ha riconosciuto l’irripetibilità). Questo perché, nel periodo interessato, non vi era stato alcun versamento retributivo né contributivo in favore del lavoratore.

Il contrasto giurisprudenziale risolto dalle Sezioni Unite  

Nell’affrontare la questione della ripetibilità dell’indennità di disoccupazione percepita in costanza di un contratto a termine successivamente dichiarato nullo, è stata rilevata l’esistenza di un contrasto interpretativo all’interno della giurisprudenza di legittimità.

Il nodo concerneva l’effetto della conversione ex tunc del contratto di lavoro sul diritto del lavoratore a trattenere le somme ricevute dall’INPS.

In particolare, parte della giurisprudenza aveva ritenuto che tale conversione comportasse la cessazione retroattiva dello stato di disoccupazione, rendendo indebita la prestazione previdenziale.

Altri arresti, invece, avevano valorizzato l’effettiva assenza di attività lavorativa e retribuzione nel periodo interessato, riconoscendo la legittimità dell’indennità percepita.

A fronte di questa divergenza interpretativa, la Sezione Lavoro aveva rimesso la questione al Primo Presidente, che ha disposto l’assegnazione alle Sezioni Unite.

Con la sentenza n. 23876/2025, la Corte ha affermato l’irripetibilità dell’indennità, ribadendo l’autonomia del rapporto previdenziale rispetto a quello lavorativo.

La decisione della Corte di Cassazione a Sezioni Unite  

Il principio di autonomia tra rapporto di lavoro e rapporto previdenziale  

Le Sezioni Unite hanno riaffermato un principio cardine dell’ordinamento previdenziale: il rapporto di lavoro e il rapporto previdenziale sono autonomi e distinti.

La mera declaratoria giudiziale di conversione del contratto di lavoro non comporta, di per sé, il venir meno dello stato di disoccupazione, né rende indebita la prestazione già percepita, in assenza di prestazione lavorativa effettiva.

Quando viene effettivamente meno lo stato di disoccupazione  

La Corte ha chiarito che la condizione di disoccupazione viene meno solo al momento del ripristino del sinallagma contrattuale, ovvero della prestazione lavorativa e della corrispondente retribuzione. Non rileva, ai fini della ripetizione, la qualificazione giuridica del rapporto, bensì la situazione di fatto: assenza di reddito e di lavoro nel periodo considerato.

Natura risarcitoria dell’indennizzo  ex art. 32 L. 183/2010

L’indennizzo previsto dall’art. 32 L. 183/2010 ha natura forfettaria, risarcitoria e onnicomprensiva, volta a compensare il pregiudizio derivante dall’illegittima apposizione del termine al contratto.

Tale indennità non ha natura retributiva, non sostituisce la mancata retribuzione e non si sovrappone alla tutela previdenziale offerta dall’indennità di disoccupazione.

Principi costituzionali e orientamento nomofilattico  

L’applicazione dell’art. 38, comma 2, Costituzione  

Le Sezioni Unite, richiamando costante giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. n. 103/1968; n. 160/1974; n. 215/2014), hanno ribadito che l’indennità di disoccupazione risponde a una funzione solidaristica di sostegno al reddito, ancorata al principio di proporzionalità tra bisogno e tutela, e non può essere esclusa retroattivamente per ragioni meramente formali.

Il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite  

Per le Sezioni Unite, ciò posto:

"...la condizione oggetto di protezione viene meno solo con il ripristino del sinallagma del rapporto lavorativo e della retribuzione, proprio perché, durante il periodo intercorrente fra la scadenza del termine nullo e la sentenza dichiarativa di tale nullità, in mancanza della prestazione lavorativa si giustifica la mancata prestazione retributiva, in omaggio al vincolo sinallagmatico proprio del contratto di lavoro subordinato".

E ancora:

"la tutela contro la disoccupazione involontaria non potrà che essere diretta a compensare l’assenza della retribuzione e a garantire misure di adeguato sostegno al lavoratore".

La rilevanza della sentenza nel sistema della tutela previdenziale  

La sentenza n. 23876/2025 delle Sezioni Unite si inserisce in un filone giurisprudenziale volto a garantire la piena effettività della tutela previdenziale in favore dei lavoratori in stato di bisogno.

In linea con quanto affermato nella richiamata sentenza n. 23476/2025, la Corte ha ribadito che la protezione assicurata dall’indennità di disoccupazione non può essere vanificata retroattivamente da un mero accertamento giudiziale della continuità del rapporto di lavoro, in assenza di prestazione effettiva e retribuzione.

In entrambi i casi, il criterio determinante è la situazione di fatto: in assenza di prestazione lavorativa effettiva e retribuzione, persiste lo stato di disoccupazione involontaria, che legittima la percezione dell’indennità e ne esclude la ripetizione da parte dell’INPS.

Esito del giudizio

Le Sezioni Unite di Cassazione hanno quindi rigettato il ricorso dell’INPS, confermando la decisione della Corte d’Appello.

L’indennità di disoccupazione, in definitiva, è dovuta fino al ripristino effettivo del rapporto lavorativo e non è ripetibile se il lavoratore, in quel periodo, era privo di occupazione e retribuzione.

La sentenza, in sintesi

Sintesi del caso Un lavoratore assunto con contratti a termine percepisce l’indennità di disoccupazione dopo la cessazione dell’ultimo contratto. Successivamente, una sentenza accerta la nullità del termine e dispone la conversione ex tunc del rapporto. L’INPS chiede la restituzione dell’indennità erogata.
Questione dibattuta Se l’indennità di disoccupazione possa considerarsi indebitamente percepita in presenza di una sentenza che riconosce ex tunc la continuità del rapporto di lavoro.
Soluzione della Corte di Cassazione Le Sezioni Unite (sent. n. 23876/2025) hanno rigettato il ricorso dell’INPS, affermando che l’indennità è irripetibile se il lavoratore, nel periodo interessato, non ha svolto attività né percepito retribuzione. La disoccupazione va valutata in concreto, non solo in base alla ricostruzione giuridica del rapporto.
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