Il contratto part-time alla luce del Jobs Act

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Il contratto part-time alla luce del Jobs Act

Il D.lgs. n. 81/2015, attuativo della Legge n. 183/2014 (c.d. Jobs Act) accorpa, in un unico testo, la disciplina dei contratti di lavoro e riscrive la normativa in tema di mansioni.

Fra le novità contenute nella riforma viene in rilievo la disciplina del contratto part-time, che è stata solo in parte rivisitata. Le nuove disposizioni sono contenute nel Capo II, sez. I del D.lgs. n. 81 cit., agli artt. dal 4 al 12 e sono in vigore dal 25/06/2015.

 

Forma del contratto

Innanzitutto resta confermato che la forma scritta per il contratto part-time è richiesta ad probationem e quindi solo ai fini della prova.

L’art. 10, comma 1, del D.lgs. n. 81 cit. stabilisce che “in difetto di prova in ordine alla stipulazione a tempo parziale del contratto di lavoro, su domanda del lavoratore è dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno, fermo restando, per il periodo antecedente alla data della pronuncia giudiziale, il diritto alla retribuzione ed al versamento dei contributi previdenziali dovuti per le prestazioni effettivamente rese”.

 

Contenuto del contratto

Il contratto deve specificamente indicare la durata della prestazione lavorativa, ovvero le ore di lavoro nell’arco della giornata e la collocazione temporale dell’orario medesimo con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.

L’art. 10 comma 2 del D.lgs. n. 81 prevede che in difetto di determinazione della durata della prestazione lavorativa “[…] su domanda del lavoratore è dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla pronuncia”.

Se, invece, l’omissione riguarda la sola collocazione temporale dell’orario, la determinazione dell’orario viene demandata all’apprezzamento del giudice.

Va comunque sottolineato che la variazione dell’orario non può avvenire a seguito di determinazione unilaterale del datore di lavoro, ma necessita in ogni caso dell’esplicito consenso scritto del lavoratore (cfr. Trib. Milano Sez. lavoro, 12/07/2011), il cui rifiuto della trasformazione del rapporto non costituisce giustificato motivo di licenziamento.

Per la giurisprudenza di merito la violazione di tale regola comporta il carattere discriminatorio dell’atto di recesso e conseguentemente l’applicazione della sanzione prevista dall’art. 18 della L. n. 300/70 così come novellato dall’art. 1, comma 42, della legge n. 92/12 (cfr. Trib. Bologna Ordinanza, 19/11/2012) e recentemente dal D.lgs. n. 23/15.

L’art. 5, comma 3 del D.lgs. n. 81 cit. dispone che dove il lavoro è organizzato in più turni, il contratto individuale può rinviare a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite.

 

Lavoro supplementare

Il datore di lavoro, nel rispetto della contrattazione collettiva ed entro i limiti dell’orario normale di lavoro, può chiedere al lavoratore part-time di effettuare prestazioni supplementari, intendendosi per tali quelle svolte oltre l’orario concordato fra le parti, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, anche in relazione alle giornate, alle settimane o ai mesi.

Nel caso in cui il lavoro supplementare non sia disciplinato dal CCNL di riferimento, il lavoratore potrà rifiutare lo svolgimento del lavoro supplementare, sempre che alla base del diniego vengano addotte comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale.

Diversamente, ove il lavoratore presti il proprio assenso, l’art. 6, comma 2 del D.lgs. n. 81 cit., con novità rispetto al passato, dispone che le prestazioni di lavoro supplementare non debbano superare la soglia del 25% rispetto alle ore di lavoro settimanali concordate. In questo caso il lavoro supplementare deve essere retribuito con una maggiorazione del 15% della retribuzione oraria globale di fatto, comprensiva dell’incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti.

 

Lavoro straordinario

Per quanto riguarda lo svolgimento del lavoro straordinario, l’art. 6 comma 3 si limita a richiamare la previsione di cui all’art. 1, comma 2 lett. c) del D.lgs. n. 66/03, con la conseguenza che tale prestazione è configurabile oltre le ore normali di lavoro, così comestabilite dal CCNL di riferimento.

 

Clausole elastiche

Alcune novità si registrano anche relativamente alle clausole elastiche. L’art. 6 comma 4 del D.lgs. n. 81 cit. prevede che ove tali clausole siano espressamente disciplinate dal contratto collettivo, il datore di lavoro e il lavoratore possono pattuire, per iscritto, tali clausole e per l’effetto variare, anche su un piano quantitativo, la collocazione temporale della prestazione lavorativa. Viene sancito l’obbligo per il datore di lavoro di comunicare al lavoratore le variazioni con almeno 2 giorni di anticipo “salve diverse intese tra le parti”, e salve altresì “specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme determinate dai contratti collettivi”.

L’art. 6 in commento stabilisce che ove le clausole elastiche non siano regolamentate dal CCNL, potranno essere inserite nel contratto individuale, ma solo dinanzi alle commissioni di certificazione, con facoltà del lavoratore di farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.

In ogni caso, le clausole elastiche devono stabilire, a pena di nullità, le condizioni e le modalità con le quali il datore di lavoro può modificare la collocazione temporale della prestazione e variarne in aumento la durata, nonché la misura massima dell’aumento che comunque non può eccedere il limite del 25% della normale prestazione annua a tempo parziale.

Per effetto delle modifiche all’orario apportate a mezzo di clausole elastiche al lavoratore viene riconosciuto il diritto ad una maggiorazione del 15% della retribuzione oraria globale di fatto, anche in tal caso comprensiva dell’incidenza della retribuzione sugli istituti retributivi indiretti e differiti.

Del pari, il Legislatore delegato specifica all’ultimo comma dell’art. 6 che “il rifiuto del lavoratore di concordare variazioni dell’orario di lavoro non costituisce giustificato motivo di licenziamento”.

Sul piano sanzionatorio, l’art. 10, comma 3 del D.lgs. n. 81 cit. dispone che “lo svolgimento di prestazioni in esecuzione di clausole elastiche senza il rispetto delle condizioni, delle modalità e dei limiti previsti dalla legge o dai contratti collettivi comporta il diritto del lavoratore, in aggiunta alla retribuzione dovuta, a un’ulteriore somma a titolo di risarcimento del danno”.

Ai lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali, viene riconosciuto il diritto di ripensamento sul consenso prestato alla pattuizione delle clausole volte a variare l’orario di lavoro.

 

Trasformazione del rapporto di lavoro

L’art. 8 del D.lgs. n. 81 cit. stabilisce che su accordo delle parti, risultante da atto scritto, è ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale e viceversa e che il rifiuto del lavoratore di trasformare il rapporto di lavoro da part-time a tempo pieno o viceversa non costituisce giustificato motivo di licenziamento.

L’art. 8, comma 7 del D.lgs. n. 81 cit. riconosce ex novo al lavoratore il diritto di chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purché con una riduzione d’orario non superiore al 50 per cento. Si tratta di un diritto potestativo, perché a fronte della richiesta il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla ricezione dell’istanza.

Sempre l’art. 8, all’ultimo comma, dispone che “in caso di assunzione di personale a tempo parziale il datore di lavoro è tenuto a darne tempestiva informazione al personale già dipendente con rapporto a tempo pieno occupato in unità produttive site nello stesso ambito comunale […] ed a prendere in considerazione le domande di trasformazione a tempo parziale dei rapporti dei dipendenti a tempo pieno”. La previsione, per il caso di inadempimento dell’obbligo, non è assistita da sanzione amministrativa. Si ritiene, tuttavia, che in caso di omessa informazione il personale ispettivo possa impartire al datore di lavoro atto di disposizione ex art. 14 del D.lgs. n. 124/04.

Quanto al diritto di precedenza, viene stabilito che il lavoratore il cui rapporto sia trasformato da tempo pieno in tempo parziale ha diritto di precedenza nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per l’espletamento delle stesse mansioni o di mansioni di pari livello e categoria legale rispetto a quelle oggetto del rapporto di lavoro a tempo parziale. In caso di violazione della precedenza il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno in misura pari alla differenza tra l’importo della retribuzione percepita e quella che gli sarebbe stata corrisposta a seguito del passaggio al tempo pieno nei sei mesi successivi al passaggio (cfr. App. Milano, 04/04/2003, Trib. Modena, 25/06/2001 che qualifica come retributiva e non risarcitoria la somma di denaro).

Specifiche tutele vengono introdotte dall’art. 8 del D.lgs. n. 81 cit. per i lavoratori pubblici e privati nel caso in cui questi ultimi o i rispettivi familiari siano affetti da gravi patologie ovvero nel caso in cui i lavoratori debbono assistere una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa con connotazione di gravità.

 

Criteri di computo dei lavoratori a tempo parziale

L’art. 9 del D.lgs. n. 81 stabilisce che ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro, i lavoratori a tempo parziale sono computati in proporzione all’orario svolto, rapportato al tempo pieno. A tal fine, l’arrotondamento opera per le frazioni di orario che eccedono la somma degli orari a tempo parziale corrispondente a unità intere di orario a tempo pieno.

 

Disciplina previdenziale e pubblico impiego

Norme di dettaglio sul piano previdenziale e assicurativo sono contenute nell’art. 11 del D.lgs. n. 81 cit., mentre l’art. 12 estende l’operatività della disciplina del part-time al settore del pubblico impiego con esclusione delle previsioni di cui agli articoli 6 commi 2 (lavoro supplementare non regolamentato dal CCNL), 6 (clausole elastiche non regolamentate dal CCNL), e 10 (regime sanzionatorio).

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