Immediatamente esecutive le sentenze che annullano misure doganali

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Immediatamente esecutive le sentenze che annullano misure doganali

Con sentenza dell'11 aprile 2024 relativa alla causa C‑770/22, la Corte di giustizia dell'Unione europea si è espressa su una domanda di pronuncia pregiudiziale che verteva sull’interpretazione degli articoli da 43 a 45 del regolamento UE n. 952/2013 istitutivo di un Codice doganale dell’Unione.

Misure doganali: sentenze di annullamento immediatamente esecutive

La domanda era stata sollevata dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Genova nell’ambito di una controversia che vedeva coinvolte una società italiana, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e l’Agenzia delle Entrate - Riscossione, in merito all’esecuzione di un credito relativo a risorse tradizionali dell’Unione europea, annullato da una decisione di un giudice nazionale, contro la quale era pendente il giudizio di appello.

In discussione, la conformità alle norme Ue della normativa nazionale italiana di cui al Decreto legislativo n. 546/1992, ai sensi della quale, in sostanza, se un ricorrente contesta un atto adottato dall’autorità tributaria e da tale atto può derivargli un danno grave e irreparabile, tale ricorrente può chiedere la sospensione provvisoria dell’esecuzione di detto atto fino all’esame nel merito del ricorso.

Relativamente all'esecuzione provvisoria, inoltre, si prevede che le sentenze emesse dai giudici tributari sono esecutive.

Il caso esaminato

Nella vicenda esaminata, in particolare, l’Agenzia delle Dogane, Ufficio di Genova, aveva notificato alla società alcuni avvisi di accertamento suppletivi e di rettifica che avevano ad oggetto dei dazi antidumping dovuti per l’importazione di tubi d’acciaio provenienti da paesi terzi, in quanto tali tubi risultavano importati dall’India, mentre provenivano in realtà dalla Cina.

Agli avvisi di accertamento era seguita la notifica di decisioni che irrogavano sanzioni amministrative.

Dopo essere stati impugnati, i provvedimenti in esame, sia impositivi che sanzionatori, erano stati integralmente annullati dal giudice di merito di primo grado.

L’Agenzia delle Dogane aveva appellato tale ultima decisione dinanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado che, allo stato, non aveva ancora adottato formalmente una decisione di sospensione dell’esecuzione delle sentenze.

L'Amministrazione finanziaria, tuttavia, aveva notificato una comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria con l'avvertenza che, in caso di mancato pagamento delle somme di cui agli avvisi di accertamento, si sarebbe proceduto all’iscrizione di un’ipoteca sui suoi beni immobili per un valore pari al doppio dell’importo del debito.

La posizione della società

La società aveva contestato tale comunicazione davanti al giudice del rinvio, sostenendo che, secondo la legislazione italiana in tema di riscossione di dazi e diritti doganali, qualora un giudice di primo grado abbia accolto, in tutto o in parte, il ricorso avverso un avviso di accertamento, le somme pretese in forza di tale avviso cesserebbero di essere esigibili.

La posizione dell'Agenzia delle Dogane

Costituitasi, l’Agenzia delle Dogane aveva addotto, a supporto della posizione sostenuta dall’amministrazione finanziaria, l’ordinanza di Cassazione n. 22012/2020.

Decisione, quest'ultima, con cui è stato rilevato che, ai sensi dell’articolo 45 del Codice doganale dell’Unione, la presentazione di un ricorso amministrativo o giurisdizionale non sospende l’esecutività di una decisione relativa all’applicazione della legislazione doganale. Inoltre, conformemente all’articolo 98 di tale Codice, la garanzia costituita per un’obbligazione doganale non può essere svincolata se, in particolare, tale obbligazione non si è estinta.

Il quesito sollevato dal giudice nazionale

In tale contesto, il giudice del rinvio chiedeva alla Corte Ue di comprendere se, dall’articolo 45 di tale Codice, nonché dagli articoli 43 e 44 del medesimo, si potesse dedurre che gli Stati membri non devono riconoscere immediata esecutività alle sentenze di primo grado che hanno annullato avvisi di accertamento relativi a risorse proprie tradizionali dell’Unione.

Andava chiarito, in altri termini, se gli articoli del Codice doganale dell'Unione potessero essere interpretati nel senso di precludere la compatibilità con il diritto Ue di una normativa nazionale, come quella italiana, che prevede l’immediata esecutività delle sentenze di primo grado degli organi giudiziari nazionali che abbiano l’effetto di annullare gli atti impositivi relativi a risorse proprie dell’Unione europea.

La decisione della Corte di giustizia Ue

Nella propria disamina, i giudici europei hanno precisato, in primo luogo, che la questione dell’immediata esecutività o meno delle sentenze di primo grado, nonché il regime giuridico dell’appello, non rientrano nell’ambito di applicazione degli articoli 44 e 45 del Codice doganale Ue.

Tali disposizioni, quindi, non possono ostare a una normativa nazionale che prevede l’immediata esecutività delle sentenze di primo grado non ancora definitive, né esigere che la normativa nazionale preveda l’immediata esecutività di tali sentenze.

Del resto, va escluso che tale interpretazione possa essere messa in discussione dall’obbligo che grava sugli Stati membri di mettere a disposizione della Commissione gli importi corrispondenti ai diritti dell’Unione sulle risorse proprie tradizionali, menzionato dal governo italiano nelle sue memorie.

E' infatti vero, da una parte, che ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 1, del Codice, la presentazione di un ricorso non ha effetto sospensivo.

Dall'altra, è anche vero che - contrariamente a quanto ritenuto dalla Cassazione nella richiamata decisione - non si può dedurne che gli Stati membri siano obbligati a permettere alle autorità doganali che abbiano tardato a procedere alla riscossione delle somme di cui all’avviso di accertamento in rettifica da loro emesso, di poter continuare a farlo dopo che sia stata emessa una sentenza di primo grado che annulla tale avviso di accertamento, finché tale sentenza non sia divenuta definitiva.

Difatti, non solo gli errori in cui siano incorse le autorità doganali di uno Stato membro non dispensano quest’ultimo dal suo obbligo di mettere a disposizione dell’Unione i diritti che esso avrebbe dovuto accertare, corredati, se del caso, da interessi di mora.

Va anche considerato che la formulazione dell’articolo 43 del Codice doganale dell’Unione è assolutamente chiara e univoca nell’escludere l’applicabilità degli articoli 44 e 45 di tale Codice ai ricorsi presentati avverso una decisione adottata da un’autorità giudiziaria.

Risulta in definitiva inammissibile, per la Corte di giustizia Ue, una diversa interpretazione delle richiamate disposizioni.

Alla questione sollevata, quindi, i giudici europei hanno risposto che gli articoli da 43 a 45 del Codice doganale dell’Unione europea non ostano a una normativa nazionale che prevede l’immediata esecutività delle sentenze di primo grado non ancora divenute definitive che riguardino risorse proprie tradizionali dell’Unione.

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