In cabina elettorale con il telefonino? E’ reato

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In cabina elettorale con il telefonino? E’ reato

I giudici di Cassazione hanno confermato la condanna penale impartita ad un uomo per avere introdotto, nella cabina elettorale, il proprio telefono cellulare, scattando una fotografia alla scheda elettorale appena compilata.

In secondo grado, la pena detentiva irrogatagli era stata convertita nella pena pecuniaria di euro 15mila di ammenda.

Diversamente da quanto sostenuto dalla difesa dell’uomo, la Corte territoriale aveva puntualizzato che la norma punitiva di cui all'articolo 1 del convertito Decreto Legge n. 49/2008 non prevedeva affatto, come elemento costitutivo del reato contestato, il necessario previo invito del presidente del seggio a non introdurre nella cabina elettorale strumenti atti a fotografare il voto espresso.

Inoltre – avevano concluso i giudici di appello – non era applicabile il disposto dell'articolo 131 bis del Codice penale (Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto), in considerazione della gravità del fatto consumato, posto che, alla vietata introduzione nella cabina elettorale del mezzo di riproduzione, già di per sé condotta costituente reato, si era aggiunta anche la effettiva fotografia della scheda elettorale appena compilata.

Da qui il ricorso dell’imputato in sede di legittimità, dove, però, tutti i suoi motivi di doglianza sono stati ritenuti infondati.

Precisazioni sulla condotta sanzionata

In particolare, la Suprema corte – sentenza n. 9400 del 1° marzo 2018 – ha sottolineato l’univocità dell’interpretazione letterale della norma di riferimento, nel senso che la condotta costituente reato è esclusivamente quella descritta nel primo comma dell'articolo 1 sopra citato, ed ossia “l'introduzione nella cabina elettorale di strumenti atti a fotografare l'espressione del voto”.

Gli ulteriori commi della disposizione – ha precisato – “dettano solo le condotte di cui il presidente del seggio è onerato, la cui inosservanza peraltro è priva di conseguenze penali per il medesimo”. Tali ulteriori condotte, infatti, non costituiscono alcuna condizione di procedibilità o di punibilità della fattispecie descritta.

Ne conseguiva la correttezza della decisione impugnata.

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