Interessi nella cartella non dettagliati? Non dovuti

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Interessi nella cartella non dettagliati? Non dovuti

La Corte di cassazione ha accolto le doglianze di tre contribuenti avverso la decisione di merito che aveva confermato una cartella esattoriale con cui era stato richiesto loro il pagamento di circa 28mila euro di interessi liquidati a seguito di una sentenza emessa dalla Ctp di Varese e relativi all’imposta di successione.

I tre avevano impugnato la cartella lamentando che la cartella fosse da considerarsi priva di motivazione in quanto mancava qualsiasi riferimento al tasso e alla decorrenza degli interessi stessi.

Mentre la Ctp aveva accolto il loro ricorso, la Commissione di secondo grado, in sede di appello, aveva ribaltato la decisione aderendo alle deduzioni dell’Agenzia delle entrate.

Per quest’ultima, in particolare, anche se la cartella faceva riferimento alla sola sentenza, i contribuenti erano stati messi in condizione di contestare la pretesa tributaria sia perché l’amministrazione finanziaria aveva inviato un fax, prima dell’emissione della cartella, con l’informazione dello sgravio parziale della cartella inerente l’imposta di successione e dell’iscrizione a ruolo della residua somma dovuta per interessi, sia perché l’Ufficio, costituendosi in giudizio, aveva chiarito quali fossero i termini del calcolo.

Cassazione: atto con motivazione congrua, sufficiente ed intellegibile

Statuizione, quest’ultima, ribaltata dalla Sezione tributaria della Corte di cassazione.

Questa, nella sentenza n. 9799 del 19 aprile 2017, ha dapprima ricordato come la cartella esattoriale, quando non sia stata proceduta da un avviso di accertamento, debba essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile.

Nel caso di specie, mancando l’indicazione del tasso di interessi applicato e della decorrenza dei medesimi, i contribuenti non erano stati messi in condizione di verificare la correttezza del calcolo, per come operato dall’amministrazione finanziaria sulla base della somma dovuta a titolo di imposta di successione.

Di nessun rilievo, in detto contesto, la circostanza che il Fisco, solo in sede di controdeduzioni avesse esplicato i criteri applicati e neppure che l’Agenzia avesse inviato un fax, posto che nemmeno con tale atto la stessa aveva illustrato gli elementi su cui il calcolo era basato.

In definitiva la Suprema corte ha accolto il ricorso dei contribuenti sulla non debenza degli interessi, cassando, così, l’impugnata sentenza di secondo grado.

Spese del giudizio

Le spese dei giudizi di merito sono state compensate tra le parti “in considerazione delle alterne vicende processuali”, mentre quelle in sede di legittimità sono state poste a carico dell’Agenzia delle entrate, seguendo il principio di soccombenza.

 

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