La conciliazione monocratica ed i vantaggi per il datore di lavoro

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La conciliazione monocratica è un istituto previsto dall’art. 11, D.Lgs. n. 124/2004, divenuto:

- il canale prioritario della definizione delle richieste d’intervento aventi contenuto patrimoniale;

- condizione di procedibilità per l’avvio di ispezioni volte ad accertare quanto dichiarato/richiesto nella c.d. “denuncia” (in realtà trattasi, per l’appunto, di mera richiesta di intervento, da ora R.I.) presentata alla Direzione Territoriale del Lavoro da lavoratori o soggetti terzi.

Conseguentemente, una richiesta di intervento fatta al competente Ufficio, non dà più luogo obbligatoriamente, come in passato, ad un’ispezione nei confronti dell’azienda segnalata, volta sicuramente, in primo luogo, a verificare la presenza degli illeciti ipotizzati dal segnalante, ma che – in generale - ben può estendersi a verificare tutti le possibili violazioni di norme in materia di diritto del lavoro, previdenza ed assistenza sociale, poste in essere, nei cinque anni precedenti l’ispezione, dal datore di lavoro.

D’altra parte, il Ministro del Lavoro, nella Direttiva sui servizi ispettivi ed attività di vigilanza del 18 settembre 2008, ha sottolineato che l’ispezione su R.I. segue generalmente un momento di “rottura” dei rapporti interpersonali tra denunciante e denunciato, tanto da mettere in preallarme il datore di lavoro rispetto a una visita ispettiva la quale, pertanto, non potrà mai avere la stessa efficacia dell’ispezione di iniziativa programmata.

Requisiti oggettivi

Il tentativo di conciliazione monocratica diventa, quindi, obbligatorio nel caso di R.I. che:

- presenti elementi per una soluzione conciliativa della controversia il che, per dottrina, significa che la rivendicazione del lavoratore deve essere inerente diritti disponibili;

- sia attinente a questioni relative a diritti patrimoniali del lavoratore, di origine legale e/o contrattuale;

- non abbia ad oggetto esclusivamente profili di natura contributiva, previdenziale ed assicurativa;

- non rivesta diretta ed esclusiva rilevanza penale;

- non riguardi fenomeni di elusione particolarmente diffusi sul territorio di riferimento.

Nei suddetti casi - come lo stesso Ministero del Lavoro ha sottolineato con circolare n. 36 del 26.11.2009 - il tentativo di conciliazione monocratica preventiva costituisce la via assolutamente privilegiata di definizione della vicenda segnalata, alla quale può seguire un intervento ispettivo solo laddove il tentativo di conciliazione non vada a buon fine.

La convocazione delle parti

In presenza dei suddetti requisiti, le DTL sono obbligate a convocare le parti per il tentativo in questione, finanche dinanzi ad un espresso dissenso del lavoratore denunciante e, all’incontro, le parti possono farsi assistere, previo conferimento di incarico, da:

- associazioni;

- organizzazioni sindacali;

- professionisti.

Le parti possono anche scegliere di farsi rappresentare da terzi, previa delega che può essere semplicemente sottoscritta dalla parte e presentata unitamente alla copia di un documento di identità; in alternativa è ammessa anche l’autentica rilasciata dall’addetto al Comune o dall’Avvocato che rappresenti ed assista il proprio cliente.

La collaborazione datoriale

Con la citata circolare n. 36/2009 il Ministero del Lavoro ha chiarito anche che, in caso di mancato accordo:

- se la causa è addebitabile ad un comportamento tenuto dal lavoratore, non deve necessariamente seguire l’accertamento ispettivo, soprattutto qualora nella R.I. manchino elementi utili ad un possibile riscontro dei fatti denunciati;

- se la causa è addebitabile all’indisponibilità a conciliare del datore di lavoro, seguirà certamente la verifica ispettiva.

Diventa quindi necessaria, per evitare l’ispezione successiva, non solo la presenza del datore di lavoro all’incontro fissato ma anche la sua collaborazione alla ricerca di una soluzione conciliativa della controversia.

I vantaggi per il datore di lavoro

Il datore di lavoro ha notevoli vantaggi nel concludere positivamente la conciliazione monocratica.

Innanzitutto c’è l’estinzione del procedimento ispettivo, sempreché all’accordo segua il versamento:

- al lavoratore delle somme concordate in sede di conciliazione monocratica;

- dei contributi previdenziali ed assistenziali sulle suddette somme.

Interessante è poi, in questo contesto, la possibilità riconosciuta alle parti di accordarsi su parametri retributivi inferiori ai minimali contrattuali – in quanto i crediti retributivi sono riconosciuti quali diritti disponibili - anche se il versamento degli oneri contributivi ed assicurativi - che costituiscono un diritto indisponibile – andrà obbligatoriamente effettuato con riferimento ai minimali di legge.

Altro vantaggio a favore del datore di lavoro è il fatto che allo stesso non vanno comminate sanzioni amministrative se non il pagamento delle sanzioni civili legate al mancato versamento dei contributi e dei premi.

In effetti, il riconoscimento di un debito previdenziale a seguito di conciliazione monocratica costituisce un’ipotesi di denuncia spontanea, assimilabile ad un’omissione contributiva, e non già ad un’evasione.

Per cui, a titolo esemplificativo, non sarà comminabile neanche la c.d. maxisanzione per il lavoro nero, qualora le parti riconoscano che fra di loro sia intercorso un periodo di lavoro subordinato, a patto che il datore di lavoro versi al lavoratore i crediti retributivi maturati (che, per esempio, potranno anche solo consistere in parte della retribuzione o nel TFR) e versi i contributi dovuti all’INPS ed all’INAIL.

Infine è anche possibile la conciliazione monocratica si concluda positivamente senza il necessario riconoscimento di tutto quanto richiesto in prima battuta dal lavoratore.

Infatti, sempre a titolo esemplificativo, nella R.I. il lavoratore potrebbe aver chiesto il riconoscimento di un periodo di lavoro subordinato svolto “in nero” con una retribuzione inferiore al CCNL e senza alcuna copertura previdenziale ed assicurativa, ma nulla esclude che alla fine le parti si accordino per una diversa qualificazione del rapporto di lavoro o per il riconoscimento di un minor periodo di lavoro rispetto a quello denunciato, o un orario inferiore a quello dichiarato inizialmente, fermo restando la già citata possibilità di accordarsi per una retribuzione inferiore a quella prevista dalla contrattazione collettiva.

Ad ogni modo, il Funzionario ministeriale, nel corso della procedura conciliativa, è tenuto ad illustrare alle parti, anche separatamente, le possibili conseguenze dell'avvio del procedimento ispettivo, sia in termini di effetti, sia in termini di tempistica in ordine alla definizione degli accertamenti.

In particolare, al datore di lavoro dovranno essere illustrate le conseguenze derivanti dal mancato raggiungimento dell'accordo (quindi l'attivazione del procedimento ispettivo) ed i benefici che deriverebbero dal raggiungimento dello stesso, sia sul piano sanzionatorio che su quello contributivo.

Ad ogni modo è utile sapere che:

- le dichiarazioni verbalizzate in sede di tentativo di conciliazione monocratica non possono essere utilizzate a scopi diversi da quelli conciliativi e, quindi, neanche ai fini ispettivi in caso di conciliazione conclusasi con esito negativo;

- il verbale di conciliazione monocratica può essere dichiarato esecutivo con decreto dal giudice competente, su istanza della parte interessata.

 Norme e prassi 

D.Lgs. n. 124/2004, art. 11

Ministro del Lavoro, Direttiva sui servizi ispettivi ed attività di vigilanza del 18 settembre 2008

Ministero del Lavoro, circolare n. 36 del 26.11.2009
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