La revisione delle sanzioni tributarie

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La revisione delle sanzioni tributarie

Introdotta la “ultra-tardività” della dichiarazione

Il 7 ottobre scorso, è stato pubblicato nella G.U. n.233 il Decreto 158 del 24.09.2015, attuativo della legge delega 23 del 11 marzo 2014. Il contenuto del decreto rispecchia gli indirizzi forniti dalla delega al Governo relativamente alla revisione del sistema sanzionatorio penale/tributario secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti del contribuente. Il provvedimento accoglie quelli che sono gli indirizzi della Corte di Giustizia europea in materia di registrazione Iva, prevedendo una sanzione fissa se la violazione fiscale non abbia comportato danno alle casse dell’erario con specifico riferimento alla violazione degli obblighi di documentazione e registrazione delle operazioni. Tra le novità, emerge la possibilità di presentare con una riduzione delle sanzioni, la dichiarazione omessa, quando questa sia presentata non oltre la scadenza della dichiarazione successiva, e se non sono stati avviati accessi e verifiche. Si va dunque dalle violazioni dichiarative a quelle sui versamenti, da quelle dei sostituti d’imposta a quelle tipiche dell’Iva, andando anche a modificare importanti istituti tipici delle diverse imposte d’atto. Secondo quanto previsto dal decreto, le nuove disposizioni saranno applicabili a partire dal 01.01.2017, nel presente documento se ne analizzano alcune tra le principali. 

Le violazioni relative alle imposte sui redditi

Le legge delega 23/2014, ha indirizzato il Governo nell’attuazione di una maggiore proporzione delle sanzioni all'effettivo valore dell'illecito commesso, prevedendo una risposta severa dove il comportamento del contribuente è maggiormente insidioso rispetto all'azione accertativa del fisco e nel contempo individuando “punizioni” meno gravi per quelle condotte che comunque integrano una violazione, ma sono caratterizzate appunto da una scarsa gravità.

Una importante novità riguarda l’omessa presentazione della dichiarazione, per la quale viene introdotta una innovativa ipotesi di tardività nella presentazione della stessa (definita “ultra-tardività”, per distinguerla dal termine dei novanta giorni, già previsti (1). Viene valorizzato l'adempimento spontaneo del contribuente che presenta la dichiarazione oltre i novanta giorni, ma comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo e prima dell'inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui il contribuente abbia avuto formale conoscenza. La sanzione applicata in questo caso, in luogo di quella ordinaria (dal 120 al 240% dell'ammontare delle imposte dovute, con un minimo di 250 euro) va dal 60 al 120% dell'ammontare delle imposte dovute, con un minimo di 200 euro. Se queste non sono dovute (le imposte), si applica la sanzione da 150 a 500 euro.

Nota bene - La dichiarazione continua tuttavia a considerarsi omessa in relazione a tutti gli aspetti diversi da quelli puramente sanzionatori.

Se in dichiarazione è indicato un reddito o un valore della produzione imponibile inferiore a quello accertato o un'imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante, (dichiarazione infedele) si applica la sanzione amministrativa dal 90 al 180% della maggior imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato. La stessa sanzione viene applicata se sono esposte ad esempio delle detrazioni indebite, ovvero indebite deduzioni dell’imponibile anche se esse sono state attribuite in sede di ritenuta alla fonte. La sanzione per la dichiarazione infedele è aumentata della metà, se la violazione viene realizzata tramite condotte fraudolente del contribuente.

E’ stata introdotta una "circostanza attenuante" (riduzione di un terzo della sanzione base), non applicabile spontaneamente da parte del contribuente, in quanto rilevante solo in sede d'accertamento, nell'ipotesi in cui la maggiore imposta o il minore credito accertato dagli uffici siano complessivamente inferiori al 3% rispetto all'imposta e al credito dichiarato, (soglia data dal rapporto tra l'ammontare complessivo del quantum dichiarato e quello del quantum accertato). La riduzione non si applica in caso di condotte fraudolente o di superamento della soglia di 30.000 euro.

Nell’ottica di una maggiore proporzionalità e di rimozione delle sanzioni improprie, sono state eliminate le aggravanti previste per le violazioni relative al contenuto e alla presentazione dei modelli per gli studi di settore. Ricordiamo che la sanzione per l’infedeltà della dichiarazione, è aumentata del 10% se vengono omessi o indicati in maniera inesatta i dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, o se vengono indicate cause di esclusione o di inapplicabilità, purché lo scostamento tra dichiarato ed accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore sia superiore al 10 per cento. La sanzione per infedele dichiarazione è aumentata del 50% se non viene presentato il modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, sempre che tale adempimento sia dovuto, e il contribuente non abbia provveduto alla sua presentazione, anche a seguito di specifico invito da parte dell’Agenzia delle Entrate. Anche in tale caso, l’aggravante è applicato solo in presenza di scostamento tra dichiarato e accertato superiore al 10%.  Nell’ottica sopra menzionata, il decreto ha eliminato tali aggravanti che di fatto, puniscono l’infedeltà in modo più grave laddove la stessa sia veicolata mediante lo strumento dello studio di settore, per attribuire rilievo a tutte le condotte che eventualmente si caratterizzano per comportamenti simulatori o fraudolenti.

Novità per i Sostituti d'imposta

Il decreto 158/2015 apporta interventi puntuali relativi alle violazioni attinenti alla dichiarazione dei sostituti d'imposta. Nelle ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione, vi è la riduzione delle sanzioni che vanno dal 60 al 120% delle ritenute non versate nel caso in cui la stessa venga presentata non oltre al termine per la presentazione della successiva dichiarazione. Per la dichiarazione omessa, la sanzione rimane fissa al 120-240%. La sanzione per la dichiarazione infedele passa dal 100-200% al 90-180%, aumentata della metà nel caso in cui siano stati adottati artifici e raggiri, oppure documentazione falsa. Al di fuori delle condotte fraudolente del sostituto, quando l'ammontare delle ritenute non versate è inferiore al 3% delle ritenute riferibili all'ammontare dei compensi, interessi ed altre somme dichiarati e, comunque, è inferiore a 30mila euro, la sanzione base è ridotta di un terzo.  Se le ritenute relative ai compensi, interessi ed altre somme anche se non dichiarate, sono state versate interamente, si applica la sanzione amministrativa che va da 250 a 2.000 euro, ridotta a 150-500 euro se la dichiarazione è stata presentata entro il termine per la presentazione della successiva dichiarazione (in questo caso, viene ridotta alla metà anche la sanzione, di 50 euro per ogni percipiente non indicato in dichiarazione).

Le riduzioni per l'omesso versamento

Un intervento di rilievo pratico è stato introdotto per le “lievi” tardività nei versamenti. Nella precedente formulazione della norma (art. 13 del D.lgs 471/1997), per i versamenti effettuati entro i 15 giorni, era prevista la riduzione della sanzione base (pari al 30% di ogni importo non versato) a un importo pari a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo. Tale riduzione non precludeva la possibilità per il contribuente che avesse versato entro il termine dei 15 giorni, di avvalersi anche dell'istituto del ravvedimento operoso (articolo 13 del Dlgs 472/1997). Le modifiche ampliano il concetto di lieve tardività, estendendosi fino ai 90 giorni dalla scadenza dell'adempimento, termine entro il quale la sanzione per omesso versamento è ridotta alla metà. Da notare che non viene eliminata la più lieve sanzione per la tardività contenuta nei primi 15 giorni (che ora diventa "lievissima"), posto che il primo comma dell'articolo 13 riformulato ne fa espressamente salva l'applicazione. Ora la sanzione a cui fare riferimento per la riduzione dei quindicesimi non è quella piena del 30%, bensì quella ridotta alla metà.

Osserva - Nei primi 15 giorni di ritardo nel versamento, sull'importo non versato, viene applicata la sanzione del 15% ridotta a un importo pari a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo. Su tale sanzione così determinata rimane salva la possibilità del ravvedimento operoso.

Oltre i primi 15 giorni e fino al novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine, la sanzione è pari alla metà di quella ordinaria, ossia è pari al 15%, ravvedibile ai sensi della nuova lettera a-bis) dell’art. 136, che prevede, in caso di regolarizzazione spontanea entro 90 giorni dalla data dell'omissione o dell'errore, una riduzione sanzionatoria in misura pari a un nono del minimo.

Le violazioni relative all'Iva

Per la dichiarazione Iva (con la modifica dell'articolo 5 del D.lgs 471/1997) è stato anche dato rilievo alla “ultra-tardività” della dichiarazione, prevedendo una sanzione pari alla metà di quella "ordinaria" nell'ipotesi in cui la dichiarazione venga presentata oltre 90 giorni dalla scadenza dei termini, ma entro il termine della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo e comunque, prima dell'inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui il soggetto passivo abbia avuto formale conoscenza. Sono riproposte le graduazioni sanzionatorie già viste per l'infedele dichiarazione ai fini delle imposte dirette e per le violazioni del sostituto d'imposta.  Per l'omessa dichiarazione, vi è la riduzione alla metà del minimo delle sanzioni nel caso in cui il contribuente presenti la dichiarazione prima del termine di scadenza della dichiarazione successiva. Per le violazioni che non comportano danno all’erario, viene prevista una sanzione da 250 a 2.000 euro, ridotta da 150 a 1.000 euro nella predetta ipotesi di presentazione tardiva. In presenza di una eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante, la nuova sanzione va dal 90 a 180%. Se la violazione è stata realizzata con l'utilizzo di fatture o altra documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente, questa è aumentata della metà. La sanzione è ridotta di un terzo quando la maggiore imposta, ovvero la minore eccedenza detraibile o rimborsabile accertata è complessivamente inferiore al 3%  dell'imposta, dell'eccedenza detraibile o rimborsabile dichiarata e, comunque, complessivamente inferiore a 30.000 euro. Tale attenuante non si applica per espressa previsione, in caso di condotte fraudolente.

Anche per la dichiarazione Iva così come per la dichiarazione ai fini delle imposte dirette, sono state eliminate le aggravanti previste per le violazioni relative al contenuto e alla presentazione dei modelli per gli studi di settore. Un intervento del tutto peculiare della dichiarazione riformula la disciplina sanzionatoria della richiesta di rimborso dell'imposta in difformità rispetto al contenuto della dichiarazione, in linea con le diverse modalità con cui viene attualmente effettuata la richiesta di rimborso dell'eccedenza detraibile. Oggi che il meccanismo di richiesta dei rimborsi Iva è cambiato, e nel presupposto che la richiesta è effettuata in sede dichiarativa, la possibilità di effettuare un immediato riscontro tra la richiesta di rimborso e quanto esposto nella dichiarazione rende superflua ed eccessiva la previsione di una sanzione fortemente deterrente rispetto a comportamenti evasivi e fraudolenti. Il decreto 158/2015 colpisce quindi solo le ipotesi di rimborso (e non più di mera richiesta di rimborso) dell'eccedenza detraibile risultante dalla dichiarazione in assenza dei presupposti individuati dall'articolo 30 del DPR 633/1972 effettivamente erogati dagli uffici con una sanzione proporzionale, pari al 30% dell'ammontare del credito rimborsato.

Registrazione e documenti contabili

Chi viola gli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, ovvero all'individuazione di prodotti determinati è punito con la sanzione amministrativa compresa fra il 90 ed il 180% dell'imposta relativa all'imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell'esercizio. Alla stessa sanzione commisurata all'imposta, è soggetto chi indica nella documentazione o nei registri, una imposta inferiore a quella dovuta. Se la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo, oltre alla riduzione della sanzione, viene previsto che la stessa è dovuta nella misura da 250 a 2.000 euro.  Con riferimento agli obblighi di registrazione e documentazione tale previsione ha carattere fondamentale, molto spesso rilievi puramente formali danno esiti sanzionatori sproporzionati proprio con riferimento alle fattispecie in cui non vi è il danno erariale.

Il regime del reverse charge

Il decreto ha rivisto l'articolo 6 del D.Lgs 471/1997 apportando interventi sostanziali alla disciplina del sistema sanzionatorio dell'inversione contabile contenuta nel comma 9 bis con l'introduzione del comma 9-bis.1, 9-bis.2, e 9-bis.3. Il comma 9-bis contempla l'ipotesi in cui il cessionario o committente, tenuto all'assolvimento del tributo nelle ipotesi di reverse charge, non adempia o adempia non correttamente a tale obbligo. La violazione (prima punita con sanzione amministrativa compresa fra il 100 e il 200% dell'imposta non correttamente assolta, con un minimo di 258 euro) con le nuove disposizioni è colpita con una sanzione compresa fra 500 e 20mila euro. Se l'operazione non risulta dalla contabilità tenuta ai sensi degli articoli 13 e seguenti del Dpr 600/1973, la sanzione è applicata in misura proporzionale compresa tra il 5 e il 10% dell'imponibile con un minimo di 1.000 euro.

Osserva - Per tale ipotesi viene contemplata l'applicazione della stessa sanzione prevista per la violazione dell'obbligo di documentazione o registrazione di operazioni non imponibili, esenti o non soggette a Iva.

Per l’irregolare assolvimento dell’imposta la sanzione prevista in misura fissa va da 250 a 10.000 euro. Possono ricorrere due diverse situazioni di irregolare assolvimento dell'imposta,in particolare:

L'operazione doveva essere assoggettata al meccanismo dell'inversione contabile, ma è stata assolta in via ordinaria (9-bis.1).

  • In questo caso al cessionario o committente è applicata una sanzione in misura fissa (da 250 a 10mila euro) nel presupposto che l'imposta è stata applicata secondo le regole ordinarie e dunque, versata dal cedente/prestatore (che rimane solidalmente responsabile per l'ammontare della sanzione) in luogo dell'applicazione del reverse charge.

L'operazione doveva essere assolta in via ordinaria, ma è stata assolta in reverse charge (9-bis.2)

  • In questo caso se l'Iva relativa a un'operazione non ricompresa tra quelle oggetto di inversione viene assolta in reverse, troveranno applicazione, in capo al cedente o prestatore, le ordinarie regole sanzionatorie per violazione degli obblighi di documentazione e registrazione di operazioni imponibili e, in capo al cessionario o committente, quelle per la mancata regolarizzazione dell'operazione. Anche in questo caso è prevista l'applicazione di una sanzione in misura fissa (da 250 a 10mila euro) in capo al cedente o prestatore (debitore dell'imposta), ferma restando la responsabilità solidale del cessionario o committente.

Al comma 9-bis.3 il legislatore introduce la disciplina per l'ipotesi di errata applicazione del reverse charge a operazioni esenti, non imponibili o non soggette a imposta. In tale evenienza, nella contabilità Iva devono essere eliminati sia il debito che il credito erroneamente registrati, con effetti neutrali. È salvaguardato il diritto al recupero dell'imposta eventualmente non detratta (per indetraibilità soggettiva od oggettiva) attraverso la nota di variazione o la richiesta di rimborso ai sensi dell'articolo 21 del Dlgs 546/1992. La procedura si applica anche per le operazioni inesistenti, con effetti sostanzialmente neutri, salvo in questo caso l'applicazione della sanzione dal 5 al 10% dell'imponibile, con un minimo di 1.000 euro.

Novità per le associazioni sportive dilettantistiche

L’articolo 25 della legge 133/1999 prevede che i pagamenti di importo pari o superiore a 1.000 euro a favore di società, enti o associazioni sportive dilettantistiche, che si avvalgono del regime fiscale di favore di cui all’articolo 1 della legge 398/1991, e i versamenti dagli stessi effettuati, devono avvenire in modalità tracciabile per consentire lo svolgimento dei previsti controlli. L’inosservanza di tale obbligo comporta nella versione prima della riforma, la decadenza dalle agevolazioni di cui alla citata legge n. 398, oltre all’applicazione della sanzione formale prevista dall’articolo 11 del Dlgs 471/1997, da 250 a 2.000 euro. Tali soggetti, in presenza dei presupposti previsti dalla legge, hanno la possibilità di optare per uno speciale regime fiscale di favore che prevede diverse agevolazioni quali:

  • l’esonero dagli obblighi di tenuta delle scritture contabili e dagli adempimenti previsti dal titolo II del DPR 633/1972;
  • per i proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali, applicazione dell’imposta sul valore aggiunto con le modalità di cui all’articolo 74, sesto comma, del DPR 633/1972;
  • la determinazione in misura forfetaria del reddito imponibile, determinato applicando all’ammontare dei proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali un coefficiente di redditività e aggiungendo le plusvalenze patrimoniali.

L’articolo 19 del decreto 158/2015 abroga la decadenza delle suddette agevolazioni in caso di inosservanza della disciplina sulla tracciabilità dei pagamenti e dei versamenti pertanto, la violazione di tale obbligo rimane ora colpita con la sola sanzione per esso espressamente prevista.

Il nuovo atto di recupero

L’atto di recupero è stato introdotto dall’articolo 1, comma 421, della legge 311/2004, per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte anche in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del D.lgs 241/1997. Il contribuente che riceve tale atto, ha un termine per provvedere al versamento di quanto richiesto. In caso di mancato pagamento in tutto o in parte delle somme dovute entro il termine assegnato, che non può comunque essere inferiore a sessanta giorni, si procede alla riscossione coattiva ai sensi del DPR 602/1973.

Il decreto 158/2015 amplia l’ambito applicativo di tale strumento, oggi utilizzabile anche per il recupero delle sole sanzioni e degli interessi derivanti dall’indebito utilizzo dei crediti d’imposta. La modifica deve essere letta alla luce delle novità introdotte all’articolo 5, comma 5 e all’articolo 13, comma 5, del D.lgs 471/1997, in relazione, rispettivamente, all’ipotesi di richiesta di rimborso Iva in assenza dei presupposti, e all’utilizzo di crediti esistenti in misura superiore a quella spettante.

In base al nuovo articolo 5, chi chiede a rimborso l’eccedenza Iva detraibile risultante dalla dichiarazione in assenza dei presupposti richiesti dall’articolo 30 del DPR 633/1972, è punito con la sanzione amministrativa pari al 30% del credito rimborsato. Rispetto alla previgente disciplina, che puniva la semplice richiesta di rimborso con sanzione dal 100 al 200% della somma non spettante, oggi l’illecito assume rilievo solo se il rimborso viene effettivamente erogato.

Quadro Normativo

Decreto Legislativo n. 158 del 24 settembre 2015

Legge n. 23 del 11 marzo 2014

Decreto Legislativo n. 471 del 18 dicembre 1997

Decreto Legislativo n. 472 del 18 dicembre 1997

Decreto Legislativo n. 241 del 9 luglio 1997

DPR n. 633 del 26 ottobre 1972

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(1)  Ai sensi dell'articolo 2, comma 7, del DPR 322/1998, la dichiarazione presentata oltre 90 giorni dalla scadenza del termine si considera omessa a tutti gli effetti, e costituisce esclusivamente titolo per la riscossione delle imposte ivi rappresentate.

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