Prescrizione della rendita vitalizia INPS: i chiarimenti delle Sezioni Unite

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Per il datore di lavoro, il termine di prescrizione per chiedere all'INPS la costituzione della rendita vitalizia reversibile - prevista dall’art. 13, comma 1, della Legge n. 1338 del 1962 e successive modifiche - inizia a decorrere dal momento in cui si prescrivono i contributi omessi.

Per il lavoratore, che agisce ai sensi dell’art. 13, comma 5, della stessa legge, la prescrizione comincia solo quando è prescritto il diritto del datore di lavoro di richiedere la rendita.

Lo hanno puntualizzato le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione con sentenza n. 22802 del 7 agosto 2025, nel risolvere una questione ad esse rimessa, relativa all'esercizio della facoltà di chiedere all'Inps la costituzione della rendita vitalizia reversibile, disciplinata dall'art. 13 comma 1 della richiamata Legge n. 1338/1962.

Sul punto, era stata rilevata l'esistenza di un contrasto nella giurisprudenza di legittimità.

Rendita vitalizia e prescrizione: le indicazioni delle Sezioni Unite

Il contesto normativo: art. 13 legge n. 1338/1962  

L’art. 13 della legge n. 1338/1962 disciplina la possibilità per il lavoratore di ottenere la costituzione di una rendita vitalizia reversibile qualora, per omissione del datore di lavoro, non siano stati versati i contributi previdenziali relativi a determinati periodi di attività lavorativa. La norma si fonda sull’esigenza di garantire al lavoratore la tutela pensionistica, anche in assenza di adempimenti da parte dell’obbligato principale.

La vicenda oggetto del giudizio  

Nel caso esaminato dalle Sezioni Unite, il lavoratore aveva prestato servizio tra gli anni ’50 e ’60, ma per tali periodi non risultavano versati i contributi da parte del datore. A distanza di decenni, il lavoratore aveva agito giudizialmente nei confronti dell’INPS per ottenere la costituzione della rendita vitalizia. Le Corti di merito avevano accolto la domanda, ritenendo che il diritto fosse imprescrittibile. Tuttavia, l’INPS aveva impugnato la decisione, sollevando la questione della prescrizione del diritto del lavoratore, questione che ha portato all'intervento nomofilattico delle Sezioni Unite.

Il primo problema giuridico: è prescrivibile il diritto alla rendita vitalizia?  

Le due tesi contrapposte nella giurisprudenza di legittimità  

In primo luogo, le Sezioni Unite della Cassazione si sono espresse sulla questione della prescrittibilità del diritto del lavoratore alla costituzione della rendita vitalizia prevista dall’art. 13 della legge n. 1338/1962, nei casi di omissione contributiva da parte del datore di lavoro.

Su questo punto la giurisprudenza di legittimità si era divisa in due orientamenti contrapposti. Il primo, di matrice più risalente, riteneva che tale diritto fosse imprescrittibile, in quanto espressione del diritto costituzionale alla tutela previdenziale (art. 38 Cost.). L’omissione del datore, considerata un illecito permanente, impedirebbe l’estinzione del diritto fino a quando il lavoratore non abbia ottenuto una forma di tutela pensionistica.

Il secondo orientamento, divenuto prevalente, sostiene invece che si tratti di un diritto autonomo e surrogatorio, esercitabile dal lavoratore in sostituzione del datore inadempiente. In quanto diritto patrimoniale, è soggetto al termine ordinario di prescrizione decennale ex art. 2946 c.c.Tale interpretazione è stata avallata anche dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 21302/2017.

Prescrizione ordinaria in dieci anni

La sentenza in esame conferma questo secondo orientamento, anche alla luce dell’art. 30 della Legge n. 203/2024, che ha introdotto il comma 7 all’art. 13 della Legge n. 1338/1962. Tale disposizione consente al lavoratore di richiedere la rendita con onere totalmente a proprio carico solo dopo la prescrizione delle azioni previste ai commi 1 e 5.

Ne deriva, secondo le Sezioni Unite, che l’azione è sempre soggetta a prescrizione, sia che sia esercitata dal datore, sia che venga promossa dal lavoratore.

Una volta confermata la prescrittibilità, il problema successivo è stabilire da quando inizia a decorrere il termine e come deve essere calcolato.

Da quale momento inizia a decorrere il termine di prescrizione?

Sul punto, le Sezioni Unite hanno ritenuto che l’orientamento consolidato nel tempo, secondo cui la prescrizione del diritto alla rendita – tanto per il datore di lavoro quanto per il lavoratore – inizia a decorrere dal momento in cui si prescrivono i contributi non più versabili, può essere confermato solo parzialmente.

A tale principio la Corte ha apportato dei correttivi, giungendo a una soluzione che differenzia l'esordio della decorrenza della prescrizione in relazione alle diverse azioni esercitabili, in tal modo assicurando una tutela più piena in adesione al proposito del legislatore. Quest’ultimo ha infatti voluto costruire un sistema che tuteli, per quanto possibile, l’assicurato da danni di natura previdenziale.

Per gli Ermellini: "Alla diversa natura e funzione delle azioni esercitabili, poste a presidio e a tutela del diritto ad assicurare l'integrità contributiva e a evitare danni conseguenti all'omissione, è coerente collegare anche termini differenti di inizio del decorso della prescrizione".

Prescrizione rendita INPS: decorrenza differenziata per datore e lavoratore

In altri termini, per la Corte, occorre differenziare la decorrenza dell'esordio del termine di prescrizione nel caso in cui agisca il datore di lavoro da quello in cui invece sia il lavoratore a chiedere la costituzione della rendita che non possa ottenere dal datore di lavoro, decidendo perciò di sostituirsi allo stesso, salvo chiedergli il risarcimento del danno.

La decisione delle Sezioni Unite

Con la sentenza n. 22802/2025, le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione hanno così stabilito che:

  • se è il datore di lavoro a presentare la richiesta all’INPS, il termine di prescrizione parte dal momento in cui si prescrivono i contributi omessi;
  • se invece è il lavoratore ad attivarsi, in sostituzione del datore inadempiente, la prescrizione inizia solo quando si è prescritto anche il diritto del datore di richiedere la rendita.

In questo modo, la Corte ha differenziato i termini in base al soggetto che esercita l’azione, garantendo una maggiore tutela al lavoratore in caso di omissioni contributive non dipendenti dalla sua volontà.

Effetti della decisione sul caso concreto  

Nel caso di specie, la Cassazione ha accolto il ricorso dell’INPS, cassando la sentenza della Corte d’Appello che aveva erroneamente ritenuto imprescrittibile il diritto.

Il giudizio è stato rinviato alla Corte territoriale, affinché verifichi se, e quando, il lavoratore fosse consapevole dell’omissione contributiva, ai fini del corretto computo della prescrizione decennale.

Il principio di diritto

Di seguito il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite:

"Ai fini dell'esercizio della facoltà di chiedere all'Inps la costituzione della rendita vitalizia riversibile disciplinata dall'art. 13 comma 1 della legge n. 1338 del 12 agosto 1962 e ss. mm. il termine di prescrizione decorre, per il datore di lavoro, dalla intervenuta prescrizione dei contributi; la rendita chiesta dal lavoratore ai sensi dell'art. 13 comma 5 della legge citata inizia a prescriversi da quando si è prescritto il diritto del datore di lavoro di chiedere la costituzione della rendita ai sensi dell'art. 13 comma 1 della legge n. 1338 del 1962".
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