Licenziato per giusta causa il dipendente che "sbircia" sui conti dei clienti
Pubblicato il 06 marzo 2025
In questo articolo:
Condividi l'articolo:
Il lavoratore che accede abusivamente ai dati e ai conti correnti dei clienti rischia il licenziamento disciplinare.
L'accesso illecito a informazioni riservate o personali dei clienti, infatti, può configurare una violazione delle normative sulla privacy e dei principi di fiducia che sono essenziali nel rapporto di lavoro.
La rilevanza disciplinare di un fatto, inoltre, non si basa esclusivamente sui danni concreti, ma deve essere valutata anche in relazione alla condotta del lavoratore, considerando la fiducia e l'affidabilità di quest'ultimo.
Sì al licenziamento per accesso abusivo ai dati dei clienti
Con ordinanza n. 4945 del 25 febbraio 2025, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, si è occupata del ricorso presentato da una banca contro una sentenza della Corte d'Appello, che aveva confermato la reintegrazione di un dipendente licenziato per giusta causa.
Il caso esaminato
La questione centrale ruotava attorno a un licenziamento disciplinare derivante dall'accesso illecito, da parte del dipendente, a numerose schede clienti, violando così la privacy degli stessi.
Inizialmente, il Tribunale aveva accolto l'impugnazione del dipendente, considerando tardiva la contestazione disciplinare e ordinando la sua reintegrazione nel posto di lavoro, oltre a un risarcimento per i danni subiti.
La Corte d'Appello, modificando la statuizione, aveva comunque rigettato il reclamo della banca.
Secondo la Corte d'Appello, anche se la contestazione disciplinare non violava il diritto di difesa del dipendente e non era tardiva, le testimonianze raccolte non erano univoche e quindi l’onere probatorio gravante sul datore di lavoro non risultava assolto.
I giudici di merito, inoltre, avevano ritenuto che l'assenza di danni conseguenti all'accesso illecito ai dati bancari dei clienti escludesse la giusta causa di licenziamento.
La banca, datrice di lavoro, aveva impugnato tali conclusioni davanti alla Corte di cassazione, dove aveva lamentato, tra i motivi, la violazione delle norme relative alla giusta causa di licenziamento, con particolare riferimento alla valutazione della gravità dei fatti.
Secondo la sua difesa, in altri termini, l'accesso illecito alle schede clienti era di per sé sufficiente a giustificare il licenziamento senza necessità di un'ulteriore valutazione delle condotte comportamentali.
La decisione della Cassazione
Le doglianze dell'istituto di credito sono state accolte dalla Suprema corte, dopo aver precisato che la rilevanza disciplinare di un fatto non dipende solo dai danni concreti, ma anche dalla valutazione della condotta sotto il profilo della fiducia e dell'affidabilità, elementi essenziali nel rapporto di lavoro.
L'assenza di danni concreti non esclude la gravità della condotta
La mancanza di danni concreti, in altri termini, non esclude automaticamente la rilevanza ai fini disciplinari della condotta, che deve essere valutata complessivamente, tenendo conto anche di altri fattori, come la sua gravità e l'eventuale pericolo di futuri comportamenti scorretti.
Il licenziamento disciplinare, infatti, può essere giustificato dalla violazione della fiducia, un elemento essenziale nel rapporto di lavoro, e non solo dalla quantificazione del danno patrimoniale.
Per la Corte di Cassazione, nella specie, il comportamento del dipendente era comunque grave, nonostante l'assenza di danni materiali evidenti, poiché tale condotta poteva compromettere la fiducia necessaria in un rapporto di lavoro.
La Corte d'Appello, ciò posto, non aveva correttamente applicato i principi giuridici consolidati sulla valutazione della gravità del comportamento del dipendente.
La Corte di Cassazione, in definitiva, ha cassato la sentenza della Corte d'Appello, rinviando il caso per una nuova valutazione.
Nella sede di rinvio, dovranno essere applicati i corretti principi giuridici relativi alla giusta causa di licenziamento e alla valutazione della gravità del fatto.
Illegittimo l'accesso ai conti dei clienti senza giustificato motivo
Che l'accesso ai dati e ai conti correnti dei clienti senza giustificato motivo costituisce una grave violazione degli obblighi di lealtà e riservatezza, tale da giustificare il licenziamento, è stato confermato anche in altra recente ordinanza della Cassazione, la n. 2806 del 5 febbraio 2025.
Anche in questo caso, la vicenda all'attenzione della Suprema corte aveva ad oggetto il licenziamento disciplinare che una banca aveva intimato ad un dipendente sulla base di diverse contestazioni, tra le quali la violazione della normativa della privacy per presunti accessi abusivi ai conti correnti di varie persone tramite il programma informatico aziendale, senza legittime ragioni di servizio.
Ebbene, la Corte ha specificato che l'accesso abusivo, anche se breve e non seguito da danni evidenti, non può essere considerato come un comportamento di lieve entità. Questo tipo di violazione, in particolare in un istituto bancario, danneggia la fiducia tra datore di lavoro e lavoratore, compromettendo l'affidabilità del dipendente.
Il datore di lavoro, in tale contesto, non era nemmeno tenuto ad affiggere un codice disciplinare specifico per tale comportamento illecito, poiché la condotta violava norme di legge e principi etici immediatamente percepibili come illeciti dal lavoratore.
L'accesso ai dati senza giustificato motivo, quindi, è stato considerato una violazione grave, che giustifica il licenziamento senza la necessità di considerare altri fattori di attenuazione, come la tenuità dell'illecito.
Tabella di sintesi delle decisioni
Decisione | Sintesi del Caso | Questione Dibattuta | Soluzione della Corte di Cassazione |
---|---|---|---|
Ordinanza 4945/2025 | Un dipendente bancario è stato licenziato per accesso abusivo a dati dei clienti senza giustificato motivo, violando la privacy. | Se l'accesso abusivo ai dati dei clienti giustifica un licenziamento disciplinare, anche in assenza di danni concreti. | La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della banca, affermando che la gravità della condotta (accesso abusivo ai dati) giustifica il licenziamento, anche senza danni concreti. Ha sottolineato che l'elemento cruciale è la violazione della fiducia nel rapporto di lavoro, che può essere compromessa anche senza danni patrimoniali immediati. Ha cassato la sentenza della Corte d'Appello e rinviato il caso per una nuova valutazione sulla base dei principi giuridici corretti. |
Ordinanza 2806/2025 | Un dipendente bancario è stato licenziato per aver effettuato accessi abusivi ai conti dei clienti senza una legittima ragione di servizio. | Se l'accesso abusivo ai conti bancari senza giustificato motivo è una violazione grave che giustifica il licenziamento disciplinare, anche senza danni evidenti. | La Corte di Cassazione ha confermato che l'accesso abusivo ai dati bancari, anche se breve e senza danni materiali evidenti, costituisce una grave violazione della fiducia e degli obblighi di riservatezza. Ha ribadito che tale comportamento giustifica il licenziamento disciplinare senza necessità di danno patrimoniale. Ha anche escluso che fosse necessaria la presenza di un codice disciplinare specifico, dato che la condotta era chiaramente illecita. Ha cassato la sentenza della Corte d'Appello e rinviato il caso per un nuovo esame. |
Ricevi GRATIS la nostra newsletter
Ogni giorno sarai aggiornato con le notizie più importanti, documenti originali, anteprime e anticipazioni, informazioni sui contratti e scadenze.
Richiedila subitoCondividi l'articolo: