Modello organizzativo efficace può escludere la responsabilità 231

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In caso di infortuni sul lavoro, la responsabilità dell’ente ai sensi del D.Lgs. 231/2001 si fonda sulla colpa di organizzazione.

Un modello organizzativo certificato secondo standard riconosciuti può assumere un ruolo decisivo in termini di presunzione di conformità, che può essere superata solo con una compiuta dimostrazione della sua inadeguatezza.

Responsabilità 231 e infortuni sul lavoro: rilevanza del modello organizzativo certificato

Con sentenza n. 30039 del 1° settembre 2025, la Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, ha annullato con rinvio una pronuncia della Corte d’appello che aveva riconosciuto la responsabilità di una società datrice di lavoro per un infortunio mortale avvenuto in cantiere, ai sensi dell’art. 25‑septies del Decreto legislativo n. 231 del 2001.

La società ricorrente aveva denunciato un difetto assoluto di motivazione in merito alla “colpa di organizzazione”, lamentando in particolare la sottovalutazione del modello organizzativo adottato, certificato secondo standard internazionali.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, evidenziando numerosi profili critici nella decisione impugnata.

Responsabilità ex 231 per colpa di organizzazione

Nella propria disamina, innanzitutto, il Collegio di legittimità ha ricordato che il fondamento della responsabilità dell'ente ex 231 è costituito dalla c.d. "colpa di organizzazione", elemento tipico dell'illecito amministrativo distinto dalla colpa dei soggetti autori del reato.

Richiamando quanto affermato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 38343/2014, gli Ermellini hanno quindi precisato che l'elemento in esame deve intendersi in senso normativo ed è fondata sul rimprovero derivante dall'inottemperanza, da parte dell'ente, all'obbligo di adottare le cautele organizzative e gestionali.

Cautele, queste, necessarie a prevenire la commissione dei reati idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo, dovendo tali accorgimenti essere consacrati in un documento che individua i rischi e delinea le misure atte a contrastarli.

Mancanza o inidoneità dei modelli di organizzazione dell'ente

Per la configurabilità della responsabilità da reato degli enti, non sono di per sé sufficienti la mancanza od inidoneità degli specifici modelli di organizzazione o la loro inefficace attuazione. E' infatti necessaria la dimostrazione della "colpa di organizzazione", che caratterizza la tipicità dell'illecito amministrativo e che è distinta dalla colpa dei soggetti autori del reato (Cass. n. 18413/2022).

I modelli di cui agli artt. 6 e 7 del D.Lgs. 231/2001 - ha continuato la Corte - hanno natura e funzione diversa rispetto ai documenti di valutazione dei rischi di cui alla normativa antinfortunistica.

Il sistema introdotto dal decreto 231 impone alle imprese di adottare un modello organizzativo diverso e ulteriore a quello previsto dalla normativa antinfortunistica.

Per converso, la semplice assenza del modello, la sua inadeguatezza o una attuazione inefficace non bastano, di per sé, a integrare l’illecito dell’ente.

La responsabilità sorge solo quando coesistono la commissione di un reato presupposto da parte di un soggetto inserito nell’ente e nell’interesse di questo (relazione organica e teleologica), la colpa di organizzazione dell’ente e un nesso causale tra il deficit organizzativo e il reato.

Onere della prova e requisiti per la responsabilità dell’ente  

Secondo la giurisprudenza di legittimità, è onere dell’accusa dimostrare l’esistenza del reato commesso da una persona fisica inserita nell’organizzazione dell’ente, nonché che tale condotta sia stata realizzata nell’interesse o a vantaggio della società.

Spetta inoltre all’accusa provare gli elementi sintomatici della colpa di organizzazione, che costituisce il presupposto per attribuire all’ente una responsabilità autonoma e distinta rispetto a quella della persona fisica (Cass. n. 27735/2010).

MOG con presunzione di conformità

In tale contesto sistematico, assume particolare rilevanza la previsione di cui all'art. 30, comma 5, del D.Lgs. 81/2008, che stabilisce una presunzione di conformità per i modelli di organizzazione e gestione aziendale (MOG) definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL o al British Standard OHSAS 18001: 2007.

Tale norma introduce un meccanismo presuntivo di adeguatezza che, anche se non determina un'automatica efficacia esimente, costituisce un elemento di valutazione di particolare pregnanza nell'ambito dell'accertamento della colpa organizzativa.

La decisione della Corte

Ebbene, nel caso esaminato, il motivo di gravame coglieva nel segno nella parte in cui lamentava che la sussistenza della colpa di organizzazione non risultava logicamente argomentata.

Certificazione modello sottovalutata

Era stato sottovalutato, in primo luogo, il valore della certificazione del modello organizzativo adottato dalla società.

Si trattava di un modello di organizzazione basato sullo standard BS OHSAS 18001: 2007, certificato il 24 febbraio 2011 da SGS Italia. La circostanza, pur non determinando automaticamente l'esenzione da responsabilità, doveva essere oggetto di una valutazione particolarmente approfondita alla luce della presunzione di conformità di cui all'art. 30, comma 5, del D.Lgs. 81/2008.

I giudici di merito, per contro, non avevano colto la portata della previsione normativa in questione.

Invero, ha precisato la Cassazione, "l'esistenza di un modello certificato secondo standard internazionali riconosciuti costituisce un elemento che deve essere superato da una compiuta dimostrazione dell'inadeguatezza sostanziale del sistema organizzativo adottato".

Carattere generale delle procedure

Il secondo errore commesso dai giudici di merito era di tipo metodologico: la motivazione conteneva una critica rivolta alle procedure di sicurezza PS 4.3.1. e 4.2.4, definite in termini di genericità o di mero monito.

A ben vedere - ha chiarito la Corte - il modello di organizzazione e gestione, per sua natura e struttura, non può e non deve scendere nel dettaglio operativo specifico, ma deve limitarsi a delineare i principi, le procedure generali e i flussi informativi necessari per prevenire la commissione di reati.

La specificità operativa è demandata ai documenti di valutazione dei rischi, alle istruzioni operative e alle procedure tecniche di dettaglio, che costituiscono strumenti distinti e complementari rispetto al modello organizzativo.

Il modello organizzativo ex D.Lgs. 231/2001 ha una funzione di governance e di controllo dei processi decisionali, non di dettaglio tecnico-operativo.

Le procedure contenute devono necessariamente avere un carattere generale e sistematico: la loro funzione è quella di assicurare che le decisioni operative vengano assunte secondo criteri di legalità e nel rispetto dei flussi informativi e di controllo predefiniti.

Lamentare una formulazione "generica" equivale a rimproverare al modello organizzativo di avere quella caratteristica che ne costituisce l'essenza e la ragion d'essere. Un modello organizzativo che scendesse nel dettaglio tecnico-operativo specifico non solo eccederebbe le proprie funzioni, ma risulterebbe inadeguato proprio sotto il profilo sistematico e organizzativo.

La decisione oggetto di impugnazione, in definitiva, è stata annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello, per nuovo giudizio sul punto.

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