Obblighi di funzione violati: licenziamento disciplinare legittimo

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Obblighi di funzione violati: licenziamento disciplinare legittimo

Sanzionabile con il licenziamento disciplinare la condotta del responsabile di filiale che, durante l'orario di lavoro e nei locali della banca, si "spende" al fine "di consentire il buon fine delle operazioni di concessione di credito erogati non dall'istituto di credito bensì da un cliente ad altri clienti.

Violazione obblighi propri della funzione ricoperta: licenziamento

Con sentenza n. 109 del 3 gennaio 2024, la Sezione lavoro della Corte di cassazione ha confermato la decisione con cui la Corte d'appello aveva giudicato legittimo il licenziamento per giusta causa della direttrice di una filiale di banca.

Alla dipendente, in particolare, erano state addebitate plurime e reiterate condotte poste in essere in violazione degli obblighi propri della funzione ricoperta, con evidenti apporti all'attività e agli affari privati di altro soggetto che poneva in esser finanziamenti onerosi ad altri clienti della banca, intrattenendo con essi plurimi rapporti.

La Corte territoriale aveva ritenuto provati i predetti addebiti, con piena concorrenza della giusta causa di recesso.

In particolare, era stato evidenziato il ruolo centrale tenuto dalla donna nelle trattative anzidette, chiaramente scolpito nel contenuto delle intercettazioni che erano state disposte nell'ambito di una parallela indagine penale a suo carico.

Dalle intercettazioni, era emerso che la responsabile di filiale, anche nel corso dell'attività di lavoro e negli stessi locali della banca, datrice di lavoro, si era spesa al fine di consentire il buon esito delle predette operazioni di concessione di credito (e ciò, segnatamente, tenendo rapporti con entrambe le parti, indicando il da farsi, gestendo le emergenze e le reciproche conflittualità ed essendo individuata da entrambi come soggetto di riferimento della trattativa dalla quale ricevano consigli e indicazioni).

Nel merito, gli Ermellini hanno ritenuto che l'argomentazione contenuta nella decisione di secondo grado fosse percepibile, oltre che plausibile, non essendo per conto fondata la censura con cui la lavoratrice ricorrente aveva invocato la nullità della sentenza per pretese, radicali, carenze motivazionali.

La condotta posta in essere, nella specie, era idonea a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario, a prescindere dalla rilevanza penale o meno dei medesimi comportamenti, di talché risultava irrilevante che la direttrice, per gli stessi fatti, fosse stata penalmente assolta.

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