Persone fisiche residenti e dividendi di fonte estera. Quale tassazione?

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Persone fisiche residenti e dividendi di fonte estera. Quale tassazione?

L’Associazione italiana dottori commercialisti ed esperti contabili (AIDC), in data 15 gennaio 2025, ha pubblicato la norma di comportamento n. 227, che affronta il tema del credito d’imposta per le imposte pagate all’estero relativamente ai redditi di capitale, con particolare riferimento ai dividendi di fonte estera percepiti da persone fisiche residenti in Italia al di fuori del regime d’impresa.

Massima

La massima della norma di comportamento n. 227 esprime il principio guida secondo il quale il credito d’imposta spetta anche in casi di imposizione obbligatoria, salvo specifiche limitazioni stabilite nelle convenzioni internazionali.

Di seguito il testo completo della massima:

“Il TUIR dispone che sui redditi di capitale corrisposti da non residenti a residenti competa il credito per le imposte assolte all’estero in via definitiva quando il contribuente opti per non avvalersi dell’imposizione sostitutiva, facoltà esclusa quando si tratti di dividendi di fonte estera. Nondimeno, anche in tal caso, tale credito è riconosciuto quando i dividendi provengano da un Paese con il quale sia in vigore un trattato in cui non sia prevista espressamente la non spettanza del medesimo credito quando l’applicazione della ritenuta o dell’imposizione sostitutiva sia obbligatoria in base alle norme italiane.”

Credito d’imposta sui dividendi esteri, punti salienti

La massima AIDC sottolinea che i contribuenti italiani hanno diritto al credito d’imposta per i dividendi tassati all’estero, salvo specifiche esclusioni espressamente previste dai trattati internazionali. Tale principio contribuisce a garantire il rispetto del divieto di doppia imposizione, favorendo l’applicazione coerente delle norme di fiscalità internazionale.

Di seguito, vengono analizzati i punti salienti della massima e le motivazioni che supportano il riconoscimento del credito d’imposta per le imposte assolte all’estero sui dividendi percepiti da persone fisiche residenti, al di fuori del regime d’impresa. La questione, di grande rilevanza in ambito tributario, assume particolare attualità alla luce delle recenti pronunce della Cassazione, che hanno fornito chiarimenti significativi sull’utilizzo dei crediti d’imposta in relazione ai dividendi di fonte estera.

Modalità di tassazione dei dividendi esteri per i residenti italiani

I dividendi di fonte estera percepiti da persone fisiche residenti, al di fuori del regime d’impresa, sono soggetti a tassazione attraverso due modalità alternative, a seconda della modalità di percezione.

Nello specifico:

  1. se i dividendi sono incassati tramite un intermediario residente, quest’ultimo applica obbligatoriamente una ritenuta a titolo d’imposta, determinata al netto delle ritenute eventualmente applicate dallo Stato estero (c.d. "netto frontiera"), in conformità ai commi 4 e 4-bis dell’articolo 27 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600;
  2. diversamente, se i dividendi sono percepiti direttamente all’estero dal contribuente, questi devono dichiararli con applicazione di un’imposizione sostitutiva, equivalente all’aliquota della ritenuta a titolo d’imposta che sarebbe stata applicata se il reddito fosse stato corrisposto da intermediari italiani.

In questo contesto, l’articolo 18 del TUIR non specifica chiaramente la base imponibile a cui applicare l’imposizione sostitutiva. Tuttavia, l’Amministrazione finanziaria ha costantemente interpretato che l’imposta sostitutiva debba essere calcolata sull’utile lordo distribuito dal soggetto estero, senza considerare le ritenute eventualmente già operate all’estero in via definitiva.

Orientamento della giurisprudenza di legittimità

La norma di comportamento AIDC n. 227/2024 ha fatto proprio l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, ormai consolidato, che trova un importante riferimento nella sentenza n. 25698/2022 e nella più recente sentenza n. 10204/2024, che hanno offerto una lettura innovativa e sistematica degli articoli 18 e 165 del TUIR.

La Corte di Cassazione, nelle sue argomentazioni ha ribadito che in presenza di determinate condizioni, è legittimato l’utilizzo in compensazione del credito per le imposte pagate all’estero sui dividendi erogati da società ed enti residenti in altre giurisdizioni.

Queste pronunce sottolineano la necessità di armonizzare la normativa interna con i trattati contro le doppie imposizioni, ribadendo che il credito d’imposta per le imposte estere non può essere negato nei casi in cui l’assoggettamento dei dividendi a imposizione sostitutiva o ritenuta a titolo d’imposta sia obbligatorio per legge e non dipenda dalla volontà del contribuente. Le sentenze hanno chiarito che, in presenza di trattati che non escludano esplicitamente il diritto al credito d’imposta, prevale il principio convenzionale di evitare la doppia imposizione. Questo orientamento valorizza il ruolo delle convenzioni internazionali, attribuendo loro prevalenza sulle norme interne incompatibili, e promuove una lettura coerente delle disposizioni del TUIR, volta a garantire l’equità fiscale e a tutelare i contribuenti residenti da fenomeni di doppia imposizione sui dividendi di fonte estera.

Diritto al credito d’imposta per dividendi esteri

In conclusione, se i dividendi percepiti da un contribuente residente in Italia sono stati già tassati all’estero, il diritto al credito d’imposta per le imposte assolte nella giurisdizione estera è riconosciuto, a condizione che il trattato contro le doppie imposizioni in vigore con il Paese d’origine non preveda esplicitamente l’esclusione di tale beneficio. Questo principio si applica anche nei casi in cui il reddito sia soggetto a imposizione sostitutiva obbligatoria in Italia, senza possibilità per il contribuente di optare per il regime di tassazione ordinaria. La prevalenza delle disposizioni pattizie internazionali sulle norme interne, ribadita dalla giurisprudenza di legittimità, assicura che il credito d’imposta rimanga uno strumento centrale per evitare la doppia imposizione, tutelando così il trattamento equo dei contribuenti in un contesto di fiscalità internazionale.

Implicazioni del principio di tassazione dei dividendi esteri per persone fisiche

Le implicazioni pratiche e fiscali del principio di tassazione dei dividendi percepiti da persone fisiche al di fuori del regime d’impresa sono le seguenti:

  1. Valutazione della spettanza del credito d’imposta:
    • I contribuenti devono analizzare attentamente la possibilità di beneficiare del credito d’imposta in base ai trattati internazionali contro le doppie imposizioni applicabili. Questo implica la necessità di verificare se il Paese di origine dei dividendi prevede meccanismi compatibili con il diritto al credito d’imposta per le imposte pagate all’estero.
  2. Verifica dell’imposizione obbligatoria in Italia:
    • È essenziale determinare se l’imposizione in Italia è obbligatoria e non deriva da una scelta discrezionale del contribuente. Laddove l’imposizione sostitutiva sia imposta dalla normativa domestica senza possibilità di optare per il regime ordinario, il credito d’imposta potrebbe essere comunque spettante.
  3. Esame approfondito dei trattati internazionali:
    • I trattati bilaterali devono essere analizzati attentamente per identificare eventuali clausole che limitano o escludono espressamente il riconoscimento del credito d’imposta. Le specifiche formulazioni contenute nei trattati possono influire in modo determinante sul trattamento fiscale.
  4. Armonizzazione tra normativa interna e convenzioni internazionali:
    • L’approccio adottato garantisce coerenza tra la normativa fiscale italiana e le disposizioni pattizie sovraordinate. Questo favorisce un sistema di tassazione equo che evita fenomeni di doppia imposizione sui dividendi percepiti dai residenti italiani.
  5. Tutela dei contribuenti e certezza fiscale:
    • L’applicazione di questo principio rafforza la tutela dei contribuenti, riducendo il rischio di una tassazione eccessiva o discriminatoria sui redditi di fonte estera. Inoltre, promuove maggiore certezza fiscale, incentivando il rispetto delle normative e la corretta pianificazione tributaria.

In sintesi, il principio consente di garantire un trattamento fiscale bilanciato per i redditi esteri, promuovendo una maggiore equità nel rispetto delle convenzioni internazionali e prevenendo situazioni di doppia imposizione che potrebbero penalizzare i contribuenti italiani.

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