Reati di riciclaggio. Amministratore di diritto non responsabile in automatico

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Reati di riciclaggio. Amministratore di diritto non responsabile in automatico

L'assunzione della carica di amministratore di diritto della società utilizzata per la consumazione di condotte di riciclaggio non basta, da sola, per affermare la responsabilità penale a titolo di concorso nel reato.

Così la Corte di cassazione con sentenza n. 47529 del 16 dicembre 2022, nel ribadire alcuni principi espressi in recenti arresti di legittimità.

Riciclaggio: non estensibili i principi formulati per i reati tributari

A fronte di condotte di riciclaggio e autoriciclaggio compiute dei gestori di fatto della società - si legge nel testo della decisione - non possono essere automaticamente estese alla posizione dell'amministratore di diritto le considerazioni formulate dalla giurisprudenza di Cassazione in riferimento ad ipotesi di reati tributari, per i quali incombe sul prestanome l'onere della regolare tenuta delle scritture e del pagamento delle imposte.

In presenza di fattispecie di riciclaggio, infatti, la responsabilità a titolo di concorso dell'amministratore di diritto non può derivare esclusivamente dalla assunzione della carica.

Le condotte di sostituzione dei proventi illeciti punite a titolo di riciclaggio e autoriciclaggio costituiscono un quid pluris rispetto alle semplici attività di evasione fiscale e richiedono la prova sotto il profilo soggettivo di un concorso, quantomeno morale, da parte dell'amministratore di diritto.

Occorre, ossia, che il prestanome abbia coscienza e volontà che la società verrà utilizzata anche per il compimento di tali attività, non essendo sufficiente una generica consapevolezza della destinazione della struttura ad attività di elusione fiscale. 

Consapevolezza non dimostrata? Via la misura cautelare

Nella vicenda esaminata, la Suprema corte ha rigettato il ricorso con cui il PM si era opposto all'accoglimento, ad opera del Tribunale, dell'istanza di riesame della misura cautelare degli arresti domiciliari, disposta a carico di un soggetto.

Quest'ultimo risultava indagato per avere partecipato ad un sodalizio criminale dedito alla commissione di più delitti di riciclaggio, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori e appropriazione indebita, facendosi attribuire consapevolmente la fittizia carica di amministratore e socio unico, nonché liquidatore di alcune società a responsabilità limitata.

Come correttamente rilevato di giudici di merito, nella specie non era stata dimostrata la consapevolezza, da parte dell'indagato, nella sua veste di amministratore di diritto, della peculiare finalità illecita delle società da lui rappresentate di tal ché si imponeva il rigetto del ricorso della Procura.

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