Salva infrazioni. Contratto a tempo determinato: nessun massimale per i risarcimenti
Pubblicato il 17 settembre 2024
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È in vigore dal 17 settembre 2024 il cd. decreto Salva infrazioni.
Approvato dal Consiglio dei Ministri del 4 settembre 2024 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 217 del 16 settembre 2024, il decreto-legge 16 settembre 2024, n. 131 reca disposizioni urgenti per agevolare la chiusura delle procedure d'infrazione e dei casi di pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano.
In particolare:
- l’articolo 9 modifica il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di lavoratori stagionali di Paesi terzi (Procedura d'infrazione n. 2023/2022)
- l’articolo 10 novella la legge 29 luglio 2015, n. 115, in materia di cumulo di periodi assicurativi maturati presso organizzazioni internazionali (Caso EU Pilot 2021/10047/Empl)
- gli articoli 11 e 12 per l'abuso di utilizzo di contratti di lavoro a tempo determinato nel settore privato e pubblico (Procedura d'infrazione n. 2014/4231).
Gli articoli citati sono in vigore dal 17 settembre 2024, fatta eccezione per l’articolo 10 applicabile a far data dal 1° gennaio 2025.
In questa sede focalizzeremo l’attenzione sulle novità relative ai contratti di lavoro a tempo determinato (articoli 11 e 12 del decreto-legge 16 settembre 2024, n. 131).
Prima di avviare l’analisi delle disposizioni, va ricordato che il decreto legge dovrà essere convertito in legge e che le disposizioni potranno pertanto essere oggetto di revisione nel corso dell’iter parlamentare di conversione.
Contratto a tempo determinato: cosa cambia con il decreto Salva infrazioni
Come abbiamo avuto modo di anticipare, le novelle alla disciplina del contratto a tempo determinato sono contenute negli articoli 11 e 12 del decreto-legge 16 settembre 2024, n. 131.
I citati articoli riguardano la procedura di infrazione n 2014/4231, con la quale la Commissione UE ha invitato l'Italia a prevenire l'abuso di contratti a tempo determinato e ad evitare condizioni di lavoro discriminatorie nel settore pubblico contravvenendo alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato.
In particolare, ad essere contestata è la violazione della disciplina sui rapporti di lavoro a tempo determinato relativamente al personale scolastico, dei Vigili del Fuoco e delle Istituzioni di Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica.
Contratto a tempo determinato: indennità nel settore privato
L’articolo 11 del decreto Salva infrazioni interviene sui commi 2 e 3 dell'articolo 28 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 che dispongono in materia di indennità risarcitoria onnicomprensiva nelle ipotesi di conversione a tempo indeterminato del contratto a termine (o, come letteralmente stabilito dal legislatore, “Nei casi di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato”).
Nel dettaglio, il comma 2 dell'articolo 28 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 prevede che “nei casi di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge n. 604 del 1966. La predetta indennità ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro”.
Il decreto Salva infrazioni aggiunge, dopo il primo periodo, la seguente disposizione “Resta ferma la possibilità per il giudice di stabilire l'indennità in misura superiore se il lavoratore dimostra di aver subito un maggior danno”.
Pertanto, nei casi di conversione a tempo indeterminato del contratto a termine:
- il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti (articolo 8 della legge n. 604 del 1966);.
- dal 17 settembre 2024, il giudice, nella quantificazione dell’indennità spettante al lavoratore, potrà superare il massimale di legge (12 mensilità) se il lavoratore dimostra di aver subito un maggior danno;
- l’indennità è onnicomprensiva e ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro
Fino al 16 settembre 2024, la norma trovava applicazione anche per il pubblico impiego, prevedendo tuttavia che il limite massimo dell’indennità fosse ridotto alla metà nel caso in cui i contratti collettivi prevedessero l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati a termine, nell’ambito di specifiche graduatorie. Tale disposizione è stata abrogata dal decreto Salva infrazioni.
Cosa comporta di fatto l’integrazione operata dal decreto Salva Infrazioni?
Va detto innanzitutto che la norma originaria (art. 32 della legge n. 183/2010) poi trasposta nell’articolo 28 del D.Lgs. n. 81/2015 aveva superato indenne il vaglio della Corte costituzionale che, in due occasioni (Corte cost. 9 novembre 2011, n. 303 e Corte cost. 25 luglio 2014, n. 226), ne aveva dichiarato la legittimità costituzionale.
Ad avviso della Consulta, la norma, nello stabilire un criterio uniforme, scoraggia il contenzioso e assicura certezza nella quantificazione del risarcimento del danno spettante al lavoratore in caso di illegittima apposizione del termine al contratto.
Se fino al 16 settembre 2024, il giudice avrebbe potuto graduare l’indennità solo tra il minimo ed il massimo previsti per legge e con riferimento al caso concreto, dal 17 settembre 2024 lo stesso giudice potrà spingersi oltre il massimale edittale qualora il lavoratore dimostrasse di aver subito un maggior danno.
Provata l’esistenza di un danno maggiore, spetterà al giudice stabilire equitativamente l’importo dell’indennità onnicomprensiva da riconoscere al lavoratore.
Indennità non imponibile
Da ultimo si ricorda che l'indennità è risarcitoria ("ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro") ed pertanto è esclusa dalla base imponibile a fini contributivi (INPS, circolare 22 febbraio 2011 n. 40).
Contratto a tempo determinato: indennità nel settore pubblico
L’articolo 12 del decreto Salva infrazioni modifica l'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, che contiene norme per il personale a tempo determinato o assunto con forme di lavoro flessibile nel settore pubblico.
In particolare, ad essere modificati sono il terzo, il quarto e il quinto periodo del comma 5, sostituiti, a decorrere dal 17 settembre 2024, dalla seguente disposizione “Nella specifica ipotesi di danno conseguente all'abuso nell'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, fatta salva la facoltà per il lavoratore di provare il maggior danno, il giudice stabilisce un'indennità nella misura compresa tra un minimo di quattro e un massimo di ventiquattro mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo alla gravità della violazione anche in rapporto al numero dei contratti in successione intervenuti tra le parti e alla durata complessiva del rapporto".
Pertanto, dal 17 settembre 2024
- al lavoratore che subisce un danno conseguente all'abuso nell'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato si riconosce il diritto a un’indennità;
- spetta al giudice quantificare l’importo dell’indennità nella misura compresa tra un minimo di 4 e un massimo di 24 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto;
- il giudice, nella determinazione dell’indennità, deve tenere conto della gravità della violazione anche in rapporto al numero dei contratti in successione intervenuti tra le parti e alla durata complessiva del rapporto;
- resta ferma la possibilità da parte del lavoratore di provare il maggior danno.
Il nuovo regime sanzionatorio applicabile “nella specifica ipotesi di danno conseguente all'abuso nell'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato" va ad aggiungersi al già vigente regime sanzionatorio previsto dal medesimo articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 per tutte le violazioni di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni con contratti flessibili, per le quali è riconosciuto un generico risarcimento del danno.
Espunta dal testo l'ipotesi di responsabilità dirigenziale, delineata dal terzo, il quarto e il quinto periodo del comma 5, oggetto di novella.
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