Smart working emergenziale e diritto alla disconnessione

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Smart working emergenziale e diritto alla disconnessione

In un momento di crisi emergenziale come quello attuale si guarda molto allo smart working come possibile alternativa al lavoro svolto in sede.

La pandemia, dovuta alla diffusione del COVID-19, ha portato il nostro Governo ad adottare misure di contenimento che hanno previsto anche la riduzione degli spostamenti non necessari dei lavoratori nonché il massimo utilizzo di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte dal proprio domicilio o in modalità a distanza.

Lavoro agile

A tal fine si rammenta che il lavoro agile (c.d. smart working) in effetti è solo una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, caratterizzato dall'assenza di vincoli orari e spaziali ed un'organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che, soprattutto in questo momento, potrebbe aiutare il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività.

Il lavoro agile è regolamentato nel nostro ordinamento dagli artt. da 18 a 24 della Legge n. 81/2017 e la norma, oltre a prevedere espressamente l’assenza di vincoli di orario e luoghi di lavoro, stabilisce che nel caso di specie, la prestazione lavorativa venga eseguita in parte all'interno di locali aziendali ed in parte all'esterno, senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

La disciplina prevede anche che fra le parti (datore di lavoro e lavoratore) ci sia a monte un accordo scritto relativo alla modalità di lavoro che disciplini, tra l’atro, l'esecuzione della prestazione lavorativa svolta all'esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore.

L'accordo in questione deve individuare, altresì, i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche ed organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.

Lavoro agile emergenziale

L’emergenza attuale ha portato, tuttavia, ad un utilizzo c.d. emergenziale dello smart working da parte delle aziende che sono state invitate, fin dall’inizio della pandemia, dal Governo ad utilizzare il lavoro agile per tutte quelle attività che possono essere svolte con tali modalità (vedi decreto Cura Italia, decreto Rilancio, decreto Agosto, D.L. n. 125 del 7 ottobre 2020, per non dimenticare i DPCM, le ordinanze ecc.).

A tal fine sono stati semplificati gli adempimenti datoriali a discapito dei lavoratori che, a parere di chi scrive, si sono trovati dall’oggi al domani a fare uno extreme working, senza diritti: una rivoluzione avvenuta senza preparazione professionale e psicologica.

Di fatti le imprese, diversamente da quanto prevedono le procedure ordinarie, non sono attualmente tenute a stipulare alcun preventivo accordo con il lavoratore dipendente ma devono semplicemente comunicare l'attivazione dello smart working al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali inviando telematicamente i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile secondo il template reso disponibile dal Ministero stesso.

Sempre telematicamente le imprese possono assolvere agli obblighi di informativa di cui all'articolo 22 della Legge n. 81/2017.

Diritto alla disconnessione

Per diritto alla disconnessione si intende il diritto per il lavoratore di non essere costantemente reperibile, ossia la libertà di non rispondere alle comunicazioni di lavoro durante il periodo di riposo, senza che questo comprometta la sua situazione lavorativa.

Tale diritto dovrebbe essere individuato dalle parti nel citato accordo previsto dal Legislatore ma, come già evidenziato, non viene al momento stabilito in quanto la normativa sullo smart working emergenziale permette di bypassare la necessità di accordi.

Ad ogni modo, al di là dell’emergenza, si ritiene che l’eccessiva genericità delle disposizioni legali in Italia crei problemi di effettività: la disconnessione rimane troppo spesso inattuata e sempre più spesso viene favorita l’azienda, piuttosto che il lavoratore che finisce con l’essere sottoposto ad un rischio di iper-connessione.

Per questo motivo, nonostante la legge non faccia un esplicito rinvio alla contrattazione collettiva, per chi scrive sarebbe auspicabile, invece, un intervento della stessa, e soprattutto di quella aziendale, più vicina di fatto ai lavoratori.

Non per niente diverse sono state le esperienze aziendali che hanno previsto all’interno della propria contrattazione di II livello, già prima dell’entrata in vigore della Legge n. 81/2017, un riferimento alla disconnessione anche se, in realtà, la maggior parte di queste si limitano a circoscrivere la durata della prestazione lavorativa all’interno del normale orario di lavoro senza fare alcun esplicito riferimento al diritto alla disconnessione del lavoratore.

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