Società in nome collettivo: in caso di illecito, tanti soci amministratori tante sanzioni

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L’impresa Alfa, esercente attività di impiantistica, è una società in nome collettivo, regolarmente iscritta presso la Camera di Commercio, costituita dai soci Tizio e Caio, ai quali spettano disgiuntamente e indistintamente i poteri di amministrazione della società medesima. Nel corso di un accertamento ispettivo Sempronio viene trovato intento al lavoro in qualità di dipendente della società, senza preventiva comunicazione UNILAV al Centro per l’Impiego. In ragione di ciò gli ispettori procedono ad irrogare le sanzioni derivanti dall’occupazione in nero di Sempronio, per mancata consegna a costui del contratto, nonché per l’omessa registrazione di tale rapporto di lavoro nel libro unico del lavoro. Gli ispettori contestano tali illeciti a entrambi i soci dell’impresa Alfa s.n.c., in quanto nella visura camerale non trovano alcun patto limitativo di responsabilità iscritto anteriormente all’illecito riscontrato. Tuttavia, in sede di verifica ispettiva, il socio Tizio dichiara di essere responsabile dell’occupazione di Sempronio e di essere da sempre l’unico socio che si occupa dell’amministrazione della società. Ciò nonostante gli ispettori non modificano le proprie convinzioni circa la doppia irrogazione delle sanzioni: è corretto tale comportamento?




SNC: caratteristiche generali

L’esame del caso richiede una preliminare disamina circa le basilari regole che disciplinano la società in nome collettivo (di seguito per brevità s.n.c.), considerata dall’ordinamento come tipo generico di società commerciale.

Affinché una società assuma la configurazione di s.n.c. non occorre che i contraenti optino specificamente per tale modello negoziale, essendo necessario che il rapporto sia sorretto da due requisiti fondamentali:

  1. la sussistenza degli estremi del contratto di società di cui all’art. 2247 c.c.;

  2. che l’attività esercitata in comune abbia tipica natura commerciale.

Ai sensi dell’art. 2251 c.c. il contratto per la costituzione della s.n.c. è soggetto al principio della libertà delle forme. L’osservanza della forma scritta si rende necessaria nell’ipotesi in cui il negozio abbia ad oggetto il conferimento di beni immobili oppure quando le parti intendano depositare l’atto costitutivo, di cui all’art. 2295 c.c., presso il registro delle imprese.


Infatti, affinché la società sia “regolare” (e non ricada quindi nella disciplina riguardante le società “irregolari”), le parti devono depositare l’atto costitutivo presso il registro delle imprese.

Quest’ultimo adempimento segna infatti il distinguo tra s.n.c “regolare” e società “irregolare”. Trattasi di varianti del medesimo tipo di società e non di società diverse e la distinzione rileva non tanto sul piano dei rapporti interni tra i soci, giacché questi hanno una responsabilità patrimoniale illimitata e solidale per le obbligazioni sociali, quanto piuttosto in ordine alle relazioni che intercorrono tra costoro e i soggetti terzi, disciplinate dall’art. 2297 c.c..


Società “irregolari” e società “di fatto”

La società irregolare viene comunemente denominata società di fatto. Tuttavia i termini non sono sinonimi. La società di fatto è per sua stessa natura una società irregolare (ma, come si vedrà in seguito, non tutte le società irregolari sono società di fatto) e ricorre laddove i soci:

  1. esercitino congiuntamente e con rischio d’impresa un’attività economica;

  2. costituiscano un fondo comune vincolato alla predetta attività;

  3. adottino nei rapporti esterni comportamenti idonei a ingenerare nei terzi l’affidamento circa la sussistenza tra costoro di un vincolo societario.

Per converso non tutte le società irregolari sono anche società di fatto, atteso che la costituzione delle prime può essere formalizzata per iscritto senza che tuttavia tale documento venga depositato presso il registro delle imprese.

A ben vedere, pertanto, l’atto costitutivo assume valenza sul piano non della validità del contratto di società, il quale è perfettamente valido anche in sua assenza (società irregolare), quanto su quello, come meglio specificato in seguito, della pubblicità dichiarativa derivante dall’iscrizione presso il registro delle imprese.


Delimitazione della responsabilità sociale

Occorre osservare al riguardo che, salvo diversa pattuizione debitamente resa nota ai terzi, nella s.n.c. la carica di amministratore è connaturata alla posizione di socio: in altri termini ciascun socio solo perché tale, e sempre che non fruisca, ai sensi dell’art. 2257 del patto di limitazione della responsabilità, è anche amministratore della società ed è pertanto titolare del potere di rappresentanza e di gestione della società. Come noto l’amministrazione consiste nell’attività diretta all’esecuzione del contratto di società e quindi alla realizzazione dell’oggetto sociale e nella s.n.c., così come in generale nelle società di persone, tale attività viene esercitata da ciascun socio-amministratore disgiuntamente dagli altri.

Sicché ogni socio è legittimato a concludere le operazioni attinenti all’oggetto sociale, salva la facoltà di opposizione, da esercitare ai sensi dell’art. 2257 comma 2, prima del compimento dell’atto, da parte degli altri soci. Nel caso poi che la s.n.c. risulti composta da solo due soci, con uguale partecipazione agli utili, l’opposizione di uno di essi consisterà in un vero e proprio diritto di veto all’operazione, per l’impossibilità di formare una maggioranza.

Laddove invece venga adottato il sistema di amministrazione congiuntiva, di cui agli artt. 2257 e 2258 c.c., il compimento dell’atto può avvenire o all’unanimità ergo con “[...] il consenso di tutti i soci amministratori [...] mentre i singoli amministratori non possono compiere nessun atto, salvo che vi sia urgenza di evitare un danno alla società [...], ovvero a maggioranza, calcolata in base alla partecipazione agli utili.


Il patto limitativo della responsabilità sociale

Orbene, come sopra accennato, nell’atto costitutivo i soci possono affidare il potere di amministrazione della s.n.c. ad uno o più di essi e il contenuto (limiti e ogni modifica del potere conferito) deve risultare debitamente per iscritto nel registro delle imprese, pena l’inopponibilità ai terzi di buona fede, ai sensi dell’art. 2298 c.c..

Tale ultimo aspetto assume valenza dirimente ai fini della soluzione del caso di specie giacché, ferma restando la responsabilità civile illimitata e solidale dei soci, il principio della personalità dell’illecito amministrativo stabilito dall’art. 3 della L. n. 689/81, presuppone l’individualità dell’azione od omissione ergo la riferibilità della violazione alla persona fisica che abbia materialmente trasgredito con coscienza e volontà il precetto di legge. Trattasi di piani di operatività diversi, poiché l’uno riguarda il vincolo civile illimitato e sovrastrutturale che riunisce la pluralità di rapporti obbligatori in ragione dell’unicità dell’interesse, ossia dell’eadem causa obligandi, l’altro invece circoscrive l’ambito degli effetti repressivo-afflittivi scaturenti dalla sanzione amministrativa al soggetto autore dell’illecito ovvero alla pluralità dei soggetti nell’ipotesi di concorso ex art. 6 della L. n. 689 cit..

Tale distinzione, a parere degli scriventi, è stata applicata cum grano salis dal personale ispettivo che, sul presupposto dell’osmosi funzionale tra socio e amministratore nelle s.n.c., ha ascritto a ciascun socio, oltre che ad Alfa s.n.c. quale obbligato solidale, ogni illecito contestato all’esito dell’accertamento ispettivo. Tali infrazioni sono consistite nell’occupazione in nero di Sempronio, nella mancata consegna a costui del contratto, nonché nell’omessa registrazione di tale rapporto di lavoro nel libro unico del lavoro.

Prima di addentrarsi nella motivazione posta a base di tale rigorosa soluzione occorre rilevare, al fine di fugare ogni equivoco in merito, che una diversa prospettazione, che circoscrivesse l’impatto sanzionatorio solo ad alcuni (e non a tutti) componenti della società, sarebbe stata percorribile qualora il personale ispettivo avesse rinvenuto un patto che designasse, con effetto dichiarativo, il soggetto che, in seno alla compagine societaria, fosse stato titolare del potere di amministrazione. Un patto che, in altri termini, delimitasse, perché debitamente iscritto nel registro delle imprese, la corrispondente funzione gestoria conferita ai sensi dell’art. 2257 c.c. disgiuntamente in capo a ciascun socio.

Senonnché alcuna delimitazione in tal senso è stato riscontrata dal personale ispettivo in sede di esame del registro delle imprese, le cui risultanze semmai hanno evidenziato l’adozione dal parte dell’Impresa Alfa del “diffuso” (perché spettante a ciascun socio) sistema di amministrazione disgiuntivo tipico della s.n.c.. L’opponibilità ai terzi (e quindi anche al personale ispettivo) di tale risultanze, stante il principio di tipicità che assiste il sistema di pubblicità legale, non poteva certo ritenersi surrogata dalla mera dichiarazione rilasciata dal socio Tizio al personale ispettivo in occasione dell’accertamento e con la quale il predetto rivendicava il ruolo di unico amministratore della società.


L’esame del caso concreto

La soluzione adottata dal personale ispettivo appare, a ben vedere, in linea con i principi che si possono desumere dall’orientamento della S.C. che reputa essenziale, ai fini della limitazione della responsabilità dei soci, l’individuazione, con patto opponibile ai terzi, di coloro ai quali è stato attribuito il potere di amministrazione della società. In altri termini per la S.C., nella materia de qua, la responsabilità del singolo socio per violazioni amministrative non può di per sé discendere dalla mera qualità di socio, essendo piuttosto conforme al principio della responsabilità amministrativa ritenere che questa sia o conseguenza della materiale commissione dell’illecito ovvero dell’omesso esercizio di opponibili poteri di amministrazione. Tale orientamento sostiene che valido criterio per saggiare la responsabilità in siffatta situazione possa essere individuato anche nella struttura dell’illecito, nel senso che risponde di quest’ultimo “[...] se consistente in un comportamento attivo, il singolo socio che lo ha posto in essere [...]. Ove, invece, la violazione amministrativa sia integrata da un’omissione, rispondono di essa i soci ai quali è stata attribuita l’amministrazione della società a norma dell’art. 2295 c.c. [...]. La S.C. precisa altresì che “solo nell’ipotesi di società in nome collettivo irregolari ai sensi dell’art. 2297 c.c., ogni singolo socio è responsabile per la sanzione amministrativa conseguente ad una violazione integrata da un comportamento omissivo, essendo, in assenza di patto in deroga opponibile, a tutti i soci riferibile il potere amministrativo e pertanto l’inadempiuto obbligo di agire”.


A parere degli scriventi, quanto sostenuto dalla S.C. porta a ritenere altresì che l’individuazione della responsabilità amministrativa sia rappresentata, non tanto dalla struttura commissiva od omissiva dell’illecito, quanto, piuttosto, dalla carica sociale ricoperta dal socio nella compagine societaria.


Ferma la responsabilità del soggetto che abbia effettivamente commesso l’illecito, rispetto al quale, infatti, si prescinde, per il principio di responsabilità della sanzione, dalla carica societaria ricoperta, deve ritenersi che ove la società sia sorretta da un sistema di amministrazione “diffuso”, ogni socio, in quanto amministratore, soggiace al regime della corresponsabilità per non aver impedito l’evento pregiudizievole
. In tal senso, pertanto, il regime di amministrazione delle società “regolari” corrisponde sostanzialmente a quello delle società irregolari, ove, per l’assenza di patto in deroga opponibile, è riferibile a tutti i soci il potere amministrativo.


Laddove invece la società si sia dotata di patto opponibile
, con il quale abbia conferito il potere di amministrazione ad alcuni soltanto dei soci, rispondono dell’illecito commesso, oltre all’autore materiale dello stesso, solo i soci ai quali sia stato conferito siffatto potere. E ciò sempre in ragione dell’omessa osservanza dei doveri di vigilanza che caratterizzano le funzioni gestorie della s.n.c., il cui corretto adempimento avrebbe quantomeno ostacolato, se non impedito, la realizzazione del fatto.


In sostanza il socio amministratore risulta titolare di una posizione di garanzia che, ove disattesa, determina
una sorta di culpa in vigilando, e cioè l’insorgere a suo carico di responsabilità generata dal non aver sorvegliato (e quindi dal non essersi opposto) sulla corretta gestione delle dinamiche societarie.

A riguardo si evidenzia che per le violazioni amministrative è richiesta la coscienza e la volontà della condotta attiva e omissiva, sia essa dolosa o colposa, e tale principio viene inteso dalla giurisprudenza dominante nel senso della sufficienza dei suddetti estremi, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa, onde evitare accertamenti introspettivi di difficile dimostrazione oltre che non compatibili con le regole del giusto procedimento. Una colpa presunta pertanto, quale parametro di valutazione della condotta dei soci-amministratori, tanto nell’ipotesi in cui questa abbia natura commissiva (trasgressione di un divieto), quanto nel caso in cui disattenda la posizione di garanzia (trasgressione di un comando).

Atteso che tale prospettazione è stata recentemente affermata dalla S.C. in ambito penale per reati contravvenzionali, ove come noto il rispetto del principio della colpevolezza strettamente inteso comporta l’applicazione di parametri di verifica più rigorosi, si può ritenere a maggior ragione che analoga impostazione si attagli in materia di illeciti amministrativi, ove come sopra descritto “[...] il giudizio di “colpevolezza colposa" è ancorato [...] a parametri normativi, esterni al dato puramente psicologico”.



Tale impostazione fornisce le direttive per la soluzione del caso di specie.

L’impresa Alfa, quantunque debitamente iscritta nel registro delle imprese ed avente, pertanto, natura “regolare”, ha adottato un sistema di amministrazione basato sul disgiunto esercizio dei poteri di amministrazione riconosciuti, in assenza di patto limitativo della responsabilità, indistintamente a entrambi i soci Tizio e Caio. In ragione di ciò il personale ispettivo ha contestato gli illeciti relativi all’occupazione irregolare del lavoratore Sempronio accertando preliminarmente l’autore materiale degli stessi e individuandolo nel socio Tizio. Atteso che dalle risultanze della visura camerale anche Caio rivestiva la posizione di socio amministratore gli illeciti contestati sono stati ascritti anche a quest’ultimo, non tanto per la configurazione strutturale in sé dell’illecito, quanto per violazione dell’obbligo di garanzia, connaturato alla carica sociale ricoperta da Caio.


NOTE

i In difetto di tale requisito il rapporto verrà qualificato, ai sensi dell’art. 2249 c.c., come società semplice.

ii La s.n.c., regolare o irregolare che sia, pur non avendo personalità giuridica, costituisce un autonomo soggetto di diritto, distinto dalle persone dei soci e con un’autonomia patrimoniale (cfr. Cass. civ. Sez. I Sent., 12/12/2007, n. 26012).

iii Nelle società “irregolari” i rapporti tra i soci e i terzi, per espresso disposto di cui all’art. 2297 c.c. I comma, sono regolati dalle disposizioni relative alla società semplice, ferma in ogni caso la responsabilità illimitata e solidale dei soci (cfr. Cass. civ. Sez. I, 12/12/2003, n. 19036). In secondo luogo, l’agire di ciascun socio è contrassegnato dalla presunzione di titolarità della rappresentanza sociale. In ultimo, i patti limitativi di tale legittimazione risultano inopponibili ai terzi, a meno che si prova che questi ne erano a conoscenza (cfr. Cass. civ. Sez. I, 26/06/2001, n. 8704).

iv cfr. Cass. civ. Sez. I, 11/03/2010, n. 5961; analogamente Cass. civ. Sez. I Sent., 22/02/2008, n. 4529; Cass. civ. Sez. II, 20/04/2006, n. 9250.

v Caratteristiche differenti dalla società irregolare presenta la società occulta contrassegnata dalla circostanza che una persona agisca, nei rapporti con i terzi, come imprenditore individuale, quando invero celi un rapporto societario con altro soggetto. Sicché solo apparentemente l’impresa si presenta come individuale essendo in realtà un organismo societario (cfr. Cass. civ. Sez. I, 30/01/1995, n. 1106).

vi Come rileva correttamente la giurisprudenza di merito: “Nella società di fatto l’accordo per lo svolgimento in comune di una attività economica con scopo di lucro si determina per "facta concludentia" mentre nelle società irregolari vi è un accordo espresso e scritto, anche se non assoggettato alla pubblicità prevista dalla legge. Pertanto, deve essere accertato il requisito della "affectio societatis" solo nell’ipotesi in cui si debba verificare l’esistenza di una società di fatto” (cfr.Trib. Palermo, 20/12/2002).

vii Gli atti posti in essere da una persona fisica in nome della società in assenza di potere rappresentativo o con eccesso rispetto ai limiti del potere conferito, sono inefficaci nei confronti della società, salva ratifica.

viii cfr. Cass. civ. Sez. I, 05/05/2004, n. 8538; in giurisprudenza di merito Trib. Roma 29/09/2004.

ix Controversa è invece la possibilità di affidare il potere di amministrazione della società a soggetti terzi, in senso favorevole Bolaffi, La società semplice, p 331; di contrario avviso Auletta, Appunti di diritto commerciale, p. 147, in giurisprudenza cfr. Trib. Cagliari 11/11/2005.

x lett. stessa causa dell’obbligazione: cioè, perché ci sia solidarietà occorre che per più debitori o creditori l’obbligazione abbia un’unicità di interesse e sorga dal medesimo fatto giuridico o perlomeno da fatti collegati e connessi. Cfr. sulla struttura delle obbligazioni solidali Cass. Civ. n. 3758/07; Cass. Civ. 2120/96; ex multis Cass. Civ. n. 488/85; Cass civ. n. 852/65.

xi cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 23/10/1997, n. 10448, ex multis Cass. civ. Sez. lavoro, 27/09/2002, n. 14068; Cass. civ. Sez. lavoro, 25/10/1997, n. 10518; Cass. civ. Sez. lavoro, 21/08/1996, n. 7692; Cass. civ. Sez. I, 29/11/1989, n. 5212).

xii cfr. Cass., sez. un., 6 ottobre 1995 n. 10508; ex multis Cass. 21 gennaio 2009, n. 1554; Cass. Civ. 11 giugno 2007, n. 13610; Cass. Civ. 25 ottobre 2006, n. 22890, principio affermato anche dalla giurisprudenza amministrativa condiviso anche da una recente giurisprudenza amministrativa cfr. Cons. Stato, sez. VI, 30 gennaio 2007, n. 341.

xiii cfr. Cass. pen. Sez. III, 15/06/2007, n. 35883: “La responsabilità per le violazioni contravvenzionali commesse nell’ambito di una società in nome collettivo grava su ciascun socio in quanto titolare del diritto-dovere di amministrare, essendo irrilevante l’esercizio di fatto di mansioni diverse da parte dei singoli soci (in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto corretta l’affermazione della responsabilità penale nei confronti di ambedue i soci di una s.n.c. esercente l’attività di bar-pizzeria per aver omesso di fare eseguire ad un dipendente minorenne la visita medica preventiva all’assunzione, ritenendo irrilevante la circostanza che uno dei soci si occupasse di fatto dell’amministrazione e l’altro svolgesse esclusivamente le mansioni di pizzaiolo).

xiv cfr. Cass. Civ. SS.UU. n. 30/09/2009 n. 20930.

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