Sport durante i permessi 104: licenziamento illegittimo
Pubblicato il 05 giugno 2025
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Illegittimo il licenziamento per abuso dei permessi 104 se la lavoratrice pratica un'ora di sport durante la fruizione, garantendo comunque l'assistenza al familiare disabile.
La Corte di Cassazione, Sezione lavoro, con ordinanza n. 14763 del 1° giugno 2025, si è occupata di una controversia riguardante l’abuso dei permessi previsti dalla Legge n. 104/1992, che consente ai lavoratori di usufruire di permessi retribuiti per assistere familiari disabili.
Il caso specifico riguardava una lavoratrice che aveva richiesto i permessi per assistere la suocera disabile, ma la sua assenza è stata contestata dal datore di lavoro per presunti abusi.
La Corte d'appello aveva concluso per l'illegittimità del licenziamento per giusta causa comminato alla dipendente, stabilendo che l’azienda non aveva fornito prove sufficienti per giustificare la sanzione.
Licenziamento per aver praticato sport durante i permessi 104: illegittimo
I fatti di causa: l’utilizzo dei permessi e la contestazione
La lavoratrice aveva richiesto permessi ai sensi della Legge 104 per assistere la suocera, la quale necessitava di assistenza costante a causa della sua disabilità. Secondo l’azienda, la dipendente aveva abusato dei permessi in parola, in quanto si era allontanata dalla propria abitazione per svolgere attività personali, come una camminata veloce ogni mattina.
Nel corso del giudizio, la lavoratrice aveva chiarito che durante l’intera giornata, eccetto per i periodi di circa mezz’ora fino a un'ora e cinquantacinque minuti ogni mattina, era sempre presente presso la propria abitazione per assistere la suocera.
Durante questi brevi periodi, la lavoratrice si allontanava per praticare una camminata veloce, ritenuta necessaria per curare la sua asma bronchiale, di cui era affetta. Inoltre, durante la sua assenza, l’assistenza alla suocera era garantita dalla presenza di una collaboratrice familiare, con la quale rimaneva in costante contatto telefonico.
La decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha confermato il giudizio reso in sede di appello: nella specie, il comportamento della lavoratrice non giustificava il licenziamento.
Pur essendo emerso l’allontanamento per la camminata, il periodo di assenza della dipendente era limitato e l’assistenza alla suocera era comunque garantita dalla collaboratrice familiare. Inoltre, la lavoratrice aveva fornito una giustificazione valida per la sua attività, ossia il trattamento terapeutico per l'asma bronchiale, che non poteva essere messo in discussione.
Come ricordato dalla giurisprudenza di legittimità, la funzione di assistenza al disabile non viene meno semplicemente perché, nell’arco della giornata, il lavoratore dedichi un breve lasso di tempo alle proprie esigenze personali, necessario per recuperare le energie spese nell’assistenza, soprattutto quando tale periodo è utilizzato per un’attività terapeutica.
La decisione della Corte di merito, basata su un accertamento probatorio non contestato in sede di legittimità, risultava pienamente conforme a tutti i principi di diritto sopra richiamati.
In definitiva, il licenziamento era illegittimo, in quanto non risultava che la lavoratrice avesse violato i suoi doveri nei confronti del datore di lavoro.
La normativa in discussione
La Legge n. 104/1992 consente ai lavoratori di usufruire di permessi per l’assistenza a familiari disabili, ma tali permessi devono essere utilizzati esclusivamente per l'assistenza effettiva e per il tempo strettamente necessario.
La Cassazione ha chiarito che, in assenza di evidenti abusi o malafede, l’utilizzo di permessi per esigenze terapeutiche personali (come nel caso della camminata per curare l'asma) non comporta di per sé un abuso, purché l’assistenza al familiare disabile venga regolarmente garantita, come nel caso esaminato.
Il principio di proporzionalità nella sanzione disciplinare
La Suprema Corte ha anche ribadito il principio di proporzionalità, sottolineando che il licenziamento è una sanzione estrema che può essere applicata solo quando la condotta del lavoratore è grave e ingiustificabile.
In questo caso, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la sanzione disciplinare fosse sproporzionata, considerato che la lavoratrice non aveva abusato dei permessi e aveva garantito l’assistenza alla suocera durante tutto il periodo in cui era assente.
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