Nuova sede lontana? No al recesso se il dipendente trasferito non si presenta

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Nuova sede lontana? No al recesso se il dipendente trasferito non si presenta

Confermata, dalla Cassazione, l'illegittimità del licenziamento disciplinare intimato a una lavoratrice che, dopo essere stata trasferita, non si era presentata presso la nuova sede.

Il trasferimento/assegnazione alla diversa sede, nella specie, era stato comunicato alla dipendente dopo pochi giorni che la stessa era stata assunta a seguito di contenzioso giudiziale, trasferimento al quale la donna aveva opposto l'eccezione ex art. 1460 c.c."mettendosi comunque a disposizione della società nell'originaria sede".

Non presentatasi presso la nuova sede, la dipendente era stata raggiunta da provvedimento di licenziamento disciplinare.

Trasferimento repentino presso sede lontana? Licenziamento illegittimo

La Corte d'appello, nel confermare la declaratoria di illegittimità del recesso pronunciata in primo grado, aveva innanzitutto considerato l'inadempimento della società, essendo "incontrovertibile l'illegittimità del mancato rispetto del preavviso" per non essere sussistenti le condizioni della disciplina collettiva secondo la quale "qualora particolari ragioni di urgenza non consentano di rispettare i termini di preavviso di cui al comma che precede (riguardante il trasferimento), il dipendente viene considerato in missione sino alla scadenza dei suddetti termini".

Nel caso in esame, inoltre, la lontananza della nuova sede ben giustificava, a mente del principio di correttezza e buona fede, l'astensione (quanto meno temporanea) della dipendente, soprattutto tenendo conto il contrapposto totale silenzio serbato dal datore di lavoro sulle ragioni del repentino imposto spostamento.

La società datrice di lavoro aveva impugnato la decisione di merito davanti alla Suprema corte, lamentando, tra gli altri motivi, violazione e falsa applicazione dell'art. 1460, comma 1, c.c. sull'assunto che il rifiuto apprestato dalla lavoratrice di recarsi alla sede torinese fosse contrario a buona fede perché "sproporzionato" rispetto al preteso inadempimento datoriale.

Licenziamento disciplinare, operatività eccezione di inadempimento

La Corte di cassazione, con sentenza n. 13895 del 3 maggio 2022, ha giudicato tale censura infondata: i giudici territoriali avevano operato la verifica, richiesta dalla giurisprudenza di legittimità, in ordine all'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. con un apprezzamento delle circostanze di fatto riservato alla sede di merito.

Nella specie, a fronte del convincimento concordemente espresso dai giudici di primo e secondo grado ai quali lo stesso competeva, l'assunto di parte ricorrente esprimeva solo un'opinione dissenziente che non poteva condurre alla cassazione della sentenza impugnata. 

E' stata richiamata, sul punto, la giurisprudenza di Cassazione ai sensi della quale: "l'inottemperanza del lavoratore al provvedimento di trasferimento illegittimo deve essere valutata, sotto il profilo sanzionatorio, alla luce del disposto dell'art. 1460, comma 2, c.c. secondo il quale, nei contratti a prestazioni corrispettive, la parte non inadempiente non può rifiutare l'esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario a buona fede; la relativa verifica, in coerenza con le caratteristiche del rapporto di lavoro riconducibile all'alveo dei contratti a prestazioni corrispettive, deve essere condotta sulla base delle concrete circostanze che connotano la specifica fattispecie".

Verifica, questa, rimessa all'esame del giudice di merito ed incensurabile in cassazione se la relativa motivazione, come nel caso in esame, risulti immune da vizi logici o giuridici.

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