Abuso di diritto rilevabile d'ufficio...ma il giudice prima di decidere deve sentire le parti

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La giurisprudenza di legittimità più recente, in tema di abuso di diritto, ha affermato l'esistenza, nel nostro ordinamento, di una clausola generale non scritta, derivante dal principio costituzionale di capacità contributiva, ai sensi della quale, pur non essendovi un contrasto con una norma specifica, non è consentito ottenere vantaggio dall’utilizzo di strumenti giuridici se non sussistono ragioni economicamente apprezzabili diverse dal mero risparmio fiscale a sostegno dell’operazione. Vietato, dunque, l’utilizzo distorto di strumenti, di per sé leciti, per conseguire un risparmio d’imposta con comportamenti che non hanno altra giustificazione economica.

Per la Cassazione, inoltre, l'abuso del diritto, nei procedimenti tributari, sarebbe rilevabile direttamente anche dal giudice; tale impostazione sembra non tenere conto del fatto che nei processi fiscali l'oggetto del giudizio è ben delimitato per cui l'organo giudicante entra nel merito della controversia solo nei limiti addotti dalle parti. Vi è, tuttavia, un temperamento processuale a questa prassi: ai sensi del nuovo rito civile, qualora il giudice ritenga di porre a base della sua decisione una questione rilevata d'ufficio lo stesso, a pena di nullità, deve decidere solo dopo il contraddittorio delle parti sul punto, assegnando termini per osservazioni scritte.
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