Artigiani e commercianti, qual è la base imponibile contributiva?

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Artigiani e commercianti, qual è la base imponibile contributiva?

Dopo anni di contenziosi, che hanno visto come protagonista principale l’INPS nelle vesti di ricorrente, la giurisprudenza ha messo la parola “fine” in merito alla corretta individuazione della base imponibile contributiva dei lavoratori iscritti alle gestioni speciali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali. In passato, infatti, non di rado l’Istituto Previdenziale ha avanzato richieste contributive ai predetti lavoratori autonomi, basate su interpretazioni molto estensive delle norme di riferimento, allargando l’obbligo contributivo anche ai redditi di capitali.

Un atteggiamento, questo, giudicato inappropriato da parte della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21540 del 20 agosto 2019, in quanto le pretese dell’INPS ampliano ingiustamente la base contributiva senza osservare le dovute differenze non solo sul piano oggettivo dell’attività d’impresa, ma anche dal punto fiscale.

Artigiani e commercianti, obbligo contributivo

La questione al centro della diatriba nata tra l’INPS e un lavoratore artigiano, che si era visto recapitare un avviso di addebito per oltre 20.000 euro di contributi, riguarda l’individuazione della base imponibile sulla quale calcolare i contributi dovuti.

Secondo l’INPS, nel calcolo della base imponibile bisogna far confluire anche i redditi di capitale maturati dall’artigiano per effetto della sua condizione di socio di capitale di una Srl.

Tale posizione deriva da una interpretazione molto estensiva della L. n. 233/1990. L’art. 1, co. 1, della menzionata legge stabiliva che i contributi degli artigiani e commercianti si calcolassero quale percentuale del reddito annuo “derivante dalla attività di impresa che dà titolo all’iscrizione alla gestione”. Norma, questa, successivamente modifica per effetto dell’art. 3-bis, del D.L. n. 384/1992, includendo nella base imponibile la “totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini Irpef”.

Sulla base di tali norme, l’INPS ha ritenuto lecito includere nella base imponibile anche gli eventuali redditi di capitale percepiti dall’iscritto alla gestione dei lavoratori autonomi per effetto di una partecipazione azionaria senza alcun apporto di lavoro.

Artigiani e commercianti, la sentenza

La Corte di Cassazione respinge le pretese dell’INPS. Secondo gli ermellini, l’interpretazione dell’Istituto allarga in maniera ingiustificata il perimetro della base imponibile contributiva dell’iscritto. Diversamente sentenziando, aggiungono i giudici di legittimità che il risultato che ne deriverebbe è un ingiustificato appiattimento di due diverse categorie reddituali che aumenta in modo automatico l’obbligo contributivo sulla base delle informazioni disponibili in dichiarazione reddituale.

Tra l’altro, l’atteggiamento dell’INPS ha comportato in passato forti penalizzazioni dal punto di vista previdenziale nei confronti dei propri iscritti, poiché a fronte dei debiti contributivi emersi in fase di accertamento, sono stati contratti i rispettivi accrediti contributivi.

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