Assegno di mantenimento negato se manca comunione di vita
Pubblicato il 23 aprile 2025
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Se tra i coniugi non si è mai instaurata una comunione di vita, non si è mai creato il contesto necessario per rendere concreto l’obbligo di assistenza materiale.
In tal caso, non è possibile riconoscere tale obbligo per la prima volta solo in occasione della separazione, poiché il diritto al mantenimento presuppone che l’assistenza tra i coniugi sia già esistita durante la vita matrimoniale, sulla base del vincolo coniugale.
Assegno separazione: serve comunione spirituale e materiale
Con sentenza n. 9207 dell'8 aprile 2025, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema del diritto all’assegno di mantenimento in caso di separazione personale tra coniugi, affrontando una situazione in cui non si era mai instaurata una reale convivenza né una communio omnis vitae tra le parti.
Il caso ha offerto l’opportunità di chiarire la rilevanza della convivenza e della comunione di vita nella determinazione del diritto all’assegno di mantenimento previsto dall’art. 156 del codice civile.
Il caso esaminato
A seguito della separazione giudiziale tra i coniugi, il Tribunale aveva respinto la domanda di addebito e la richiesta del marito di ottenere un assegno di mantenimento o, in subordine, un assegno alimentare.
La Corte d’Appello aveva confermato il rigetto della domanda, evidenziando l'assenza di una vera comunione di vita: i coniugi, pur legalmente sposati, avevano vissuto insieme solo per pochi mesi e senza instaurare una reale condivisione affettiva e materiale.
Il marito aveva quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 156 cod. civ., sostenendo che il diritto all’assegno di mantenimento non dipende dalla durata del matrimonio o della convivenza, bensì dalla mancanza di addebito della separazione, dall’insufficienza dei redditi propri e dalla capacità economica dell’altro coniuge.
La decisione della Corte
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, riaffermando alcuni principi già enunciati dalla giurisprudenza di legittimità:
- la breve durata del matrimonio non esclude automaticamente il diritto all’assegno di mantenimento; tuttavia, in assenza di una comunione spirituale e materiale tra i coniugi, non è configurabile il diritto al mantenimento;
- il diritto all’assegno presuppone che vi sia stata una concreta attuazione del vincolo coniugale, attraverso la condivisione della vita familiare e degli obblighi coniugali previsti dall’art. 143 cod. civ.;
- il solo matrimonio formale, privo di affectio coniugalis concretamente esercitata, non è sufficiente a fondare il diritto all’assegno, in quanto manca il contesto che rende attuale l’obbligo di assistenza materiale.
La Corte ha inoltre confermato il diniego dell’assegno alimentare, in quanto il ricorrente non aveva dimostrato l’impossibilità di mantenersi autonomamente per cause non imputabili alla propria volontà, come richiesto dalla giurisprudenza consolidata.
Principi di diritto ribaditi
- La mancanza di una comunione di vita spirituale e materiale può escludere il diritto all’assegno di mantenimento, anche in presenza di un matrimonio formalmente valido.
- La durata del matrimonio rileva solo per la quantificazione dell’assegno, ma non costituisce un presupposto per il suo riconoscimento.
- Il diritto agli alimenti richiede la prova sia dello stato di bisogno sia dell’impossibilità oggettiva di procurarsi i mezzi di sussistenza (Cass. civ. n. 1820/1981; n. 1099/1990).
Conclusione
La decisione si inserisce in un filone giurisprudenziale che sottolinea la necessità di una effettiva realizzazione del rapporto coniugale come presupposto sostanziale per l’insorgenza degli obblighi di assistenza post-separazione.
L’orientamento della Cassazione rafforza la distinzione tra vincolo formale del matrimonio e contenuto sostanziale del rapporto coniugale, valorizzando quest’ultimo ai fini dell’attribuzione dei diritti economici derivanti dalla separazione.
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