È condotta infedele distrarre il patrimonio e conseguire la CIG in deroga

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Alfa è un’impresa appartenente a un gruppo societario al cui interno figura tra le altre anche la società Gamma. Tizio è amministratore unico di Alfa e Gamma. Nell’esercizio dei propri poteri di gestione Tizio effettua operazioni che portano ad allocare una parte consistente del patrimonio di Alfa in capo a Gamma. A seguito di tale gestione Alfa precipita in una crisi aziendale, in conseguenza della quale Tizio formula domanda di concessione della CIG in deroga. L’INPS concede il sussidio. In corso di trattamento il personale ispettivo della DTL sottopone a verifiche il gruppo di imprese e quindi anche Alfa e Gamma. Quali conseguenze giuridiche possono prospettarsi all’esito dell’accertamento?



Premessa

La mission del personale ispettivo comprende, tra le altre, le verifiche volte al rispetto della normativa in materia di lavoro sommerso, nell’ambito della quale rientra anche l’utilizzo improprio della cassa integrazione. Non è infatti un mistero che il perdurare della crisi economica ha comportato un massiccio, e per certi aspetti, improprio utilizzo degli ammortizzatori sociali. La stessa CIG in deroga, da strumento eccezionale, sta divenendo un istituto ordinario per la grave mancanza di politiche chiare, stabili e univoche, che traccino la strada da seguire per un effettivo riordino del mercato del lavoro e del welfare in generale. A oggi la mancata emanazione del decreto interministeriale che avrebbe dovuto disciplinare i principi comuni per la gestione degli ammortizzatori in deroga, ha fatto sì che le sorti della CIG in deroga vengano ancora stabilite da accordi conclusi su scala regionale, che scontano, prima ancora che disomogeneità applicativa, dubbio di compatibilità con la normativa europea in materia di aiuti alle imprese. In ogni caso, senza trascendere ulteriormente, occorre soffermarci su quelli che possono essere eventuali usi anomali o distorti della CIG in deroga, prescindendo però da un analitico esame procedurale dell’istituto, considerato che quest’ultimo, come detto, risente delle definizioni regionali e puntando semmai l’attenzione su quelli che possono considerarsi i principi che danno fondamento a tale ammortizzatore sociale

CIG in deroga: principi

Va osservato prima di tutto che la CIG in deroga è un intervento di integrazione salariale a sostegno di imprese o lavoratori non destinatari della normativa sulla cassa integrazione guadagni
. Pertanto vi rientrano le imprese artigiane non rientranti nella normativa sulla CIGS, le imprese industriali fino a 15 dipendenti nonché le imprese industriali con più di 15 dipendenti, ma che non possono o non possono più utilizzare le vigenti disposizioni in materia di ammortizzatori sociali per superamento dei limiti temporali di durata del trattamento. I presupposti per la concessione dell’istituto sono sostanzialmente quelli previsti per la fruizione della CIGS.

Al ricorrere di tali esigenze il datore di lavoro è tenuto a presentare domanda di accesso alla cassa integrazione in deroga alla Regione competente (in alcune Regioni alla Direzione Regionale del Lavoro), corredata dal verbale di accordo sindacale e dall’elenco dei lavoratori interessati. I lavoratori devono aver reso, presso il Centro per l’impiego, dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o ad un percorso di riqualificazione professionale. Per il pagamento della prestazione al lavoratore, il datore di lavoro deve presentare la richiesta all’Inps per via telematica nel caso in cui l’ente autorizzatore non vi provveda direttamente. I provvedimenti concessori sono trasmessi all’Inps dalla Regione. La durata della Cassa integrazione in deroga è stabilita negli accordi territoriali o nei provvedimenti di concessione.

CIG in deroga e gruppi di imprese


L’iter descritto è applicabile dall’impresa che richiede il trattamento anche nell’eventualità in cui questa faccia parte di un gruppo o di una holding. In altre parole, l’istanza per la fruizione della CIG in deroga va presentata non dal gruppo per conto della propria partner ma da quest’ultima. Infatti, se è vero che gli interessi economici sono il collante del gruppo, questo non costituisce un unico centro d’imputazione giuridica, atteso che ciascuna impresa ad esso aderente conserva la propria autonomia e la propria distinzione sul piano soggettivo. Corollario è che i presupposti per valutare la concessione o meno del trattamento vanno ragguagliati sulla singola impresa e non sul gruppo.

Distrazione delle risorse in seno al gruppo


La circostanza che il gruppo versi in floride situazioni economiche non esclude che una o alcune delle imprese partecipanti possano trovarsi in difficoltà anche di lunga durata, tali da richiedere l’intervento del sussidio in deroga. Si tratta di un’ipotesi che è classificabile nel concetto di rischio di impresa e che può ricorrere comunemente nel ciclo di vita delle aziende facenti parte del sodalizio. La questione diventa invece delicata se tale difformità sia il risultato di una gestione imprenditoriale poco accorta, se non proprio artatamente preordinata a fruire dei trattamenti al fine di alleggerire i costi del gruppo. Ciò può ricorrere nel caso in cui un’impresa del gruppo distragga propria risorse strumentali ed economiche in favore di altra partecipata, così da far scattare i presupposti per legittimare una domanda per CIG.

Sul punto va osservato che per regola la convergenza degli interessi economici tra imprese partecipanti al gruppo non giustifica un eventuale trasferimento di risorse infragruppo, ovvero tra società appartenenti allo stesso gruppo imprenditoriale. Al riguardo è stato rilevato che la presenza di un gruppo societario non legittima per ciò solo qualsiasi condotta di asservimento di una società all’interesse delle altre società del gruppo. Anche dopo la riforma, infatti, l’autonomia soggettiva e patrimoniale che contraddistingue ogni singola società impone all’amministratore di perseguire lealmente e prioritariamente l’interesse della specifica società a cui egli è preposto, non essendogli consentito di sacrificare l’interesse in nome di un diverso interesse anche se riconducibile a quello di chi è collocato al vertice del gruppo e che non procurerebbe riflesso alcuno a favore dei terzi creditori dell’organismo impoverito. Se tale operazione per principio non è ammissibile, lo è senz’altro di meno quando la carenza di risorse nell’impresa infragruppo sia stata determinata con il mal celato fine di occultare il patrimonio aziendale conferendo a quest’ultimo una diversa veste formale rappresentata dall’intestazione dei beni ad altra società. È chiaro che in tal caso il patrimonio rimarrà inalterato o meglio immunizzato dai rischi del ciclo produttivo per effetto dei vantaggi finanziari apportati dalla fruizione del sussidio erogato dall’INPS. Anzi, proprio sull’Istituto previdenziale verranno addossati i costi di esercizio con un fedifrago miglioramento dei ricavi aziendali. Tale situazione, se sfuggita per mero disguido in sede di istruttoria svolta per la concessione della CIG in deroga, non può tuttavia non ripresentarsi al vaglio del personale ispettivo, allorché quest’ultimo si trovi al cospetto di personale occupato da imprese appartenenti a un gruppo societario. Il che è quanto avvenuto nel caso di specie.

Il caso concreto


Alfa è un’impresa che appartiene a un gruppo societario al cui interno figura tra le altre anche la società Gamma. Tizio è amministratore unico di Alfa e Gamma. Nell’esercizio dei propri poteri di gestione Tizio ha effettuato operazioni che hanno portato ad allocare una parte consistente del patrimonio di Alfa in capo a Gamma. A seguito di tale gestione Alfa è precipitata in una crisi aziendale, in conseguenza della quale Tizio ha formulato domanda per la concessione della CIG in deroga. L’INPS ha concesso il sussidio, ma in corso di trattamento il personale ispettivo della DTL ha posto in discussione la legittimità del decreto, sul presupposto che lo stato di crisi aziendale posto a fondamento della domanda sarebbe stato causato da una condotta volontaria dell’amministratore Tizio. Secondo gli scriventi l’assunto è corretto perché il depauperamento del patrimonio aziendale di Alfa non è stato causato da fatti inerenti al rischio di impresa, ma da una condotta consapevole e volontaria di Tizio, il quale mediante la distrazione delle somme e delle risorse in favore di Gamma si è reso responsabile di un’infedeltà patrimoniale rispetto ad Alfa, determinandone proprio quel dissesto che è stato posto a base della domanda di CIG in deroga. Alfa in altre parole è stata trattata come un reparto di Gamma perché ne è stata svilita l’identità e l’autonomia oggettiva e soggettiva. Se poi tale distrazione è stata mossa da finalità di arricchimento consistenti nell’ammortizzare i costi del lavoro mediante la percezione del sussidio, allora la condotta di Tizio può integrare gli estremi della truffa.


NOTE

i Per un esame più approfondito consulta il caso pratico de “L'Ispezione del Lavoro”, “Gli ispettori possono sindacare la legittimità del decreto ministeriale di concessione della Cigs”, del 19/04/2013.

ii Cfr. Cass. civ. Sez. I, 24/08/2004, n. 16707; Cass. pen. Sez. V, 22/02/2007, n. 11019.

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