Convivente di fatto partecipa agli utili dell’impresa familiare

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Convivente di fatto partecipa agli utili dell’impresa familiare

E’ possibile imputare alla convivente di fatto il reddito derivante dalla partecipazione agli utili dell’impresa del convivente, in proporzione alla sua quota di partecipazione.

Con risoluzione n. 134 del 26 ottobre 2017 l’agenzia delle Entrate chiarisce il trattamento fiscale della quota che un contribuente, titolare di una ditta individuale, intendeva imputare, a titolo di partecipazione agli utili dal 2017, alla sua convivente di fatto.

Il contribuente fa sapere che ha sottoscritto a mezzo di scrittura privata autenticata un atto modificativo di impresa familiare nel quale dichiarava la cessazione della prestazione d’opera resa dalla madre e l’inserimento nell’impresa della convivente di fatto.

La risoluzione n. 134/2017 fa presente come sia entrata in vigore nel nostro ordinamento la legge n. 76/2016, che ha introdotto l’istituto dell’unione civile tra persone dello stesso sesso ed ha disciplinato il regime delle convivenze di fatto.

La legge Cirinnà è intervenuta anche sulla disciplina dell’impresa familiare; ma mentre per le unioni civili estende la normativa civilistica dell’impresa familiare mediante diretto rinvio alla relativa disciplina, nel caso della convivenza di fatto ha introdotto una norma apposita, l’articolo 230-ter c.c., rubricato “diritti del convivente”.  

La disposizione riconosce, al convivente di fatto che presta stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro, il diritto di partecipazione agli utili dell’impresa familiare e ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurato al lavoro prestato. Però, presuppone che non sia configurabile tra i conviventi un altro rapporto, quale quello di società o di lavoro subordinato. La legge 76/2016 non si occupa, infatti, del regime tributario.

Del trattamento tributario riferito ai redditi prodotti dalle imprese familiari se ne occupa l’articolo 5 del Tuir, dove viene stabilito che tali redditi siano imputati, “limitatamente al 49 per cento dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’imprenditore (…) a ciascun familiare che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell’impresa, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili”.

Quindi, pur se il comma 4 dell’articolo 5 del Tuir richiama solo l’articolo 230-bis del codice civile e non la disciplina autonoma della collaborazione del convivente di fatto ex articolo 230-ter c.c., che porterebbe ad escludere l’applicazione della norma al caso della convivenza di fatto, il riferimento alla partecipazione agli utili dell’impresa familiare”, presente nello stesso articolo 230-ter cc, permette di estendere il principio che presiede all’imputazione dei redditi prodotti dall’impresa familiare, ex articolo 5 del Tuir, attribuendo il reddito spettante alla convivente di fatto, derivante dalla partecipazione agli utili dell’impresa dell’altro, in proporzione alla sua quota di partecipazione.

Allegati Links Anche in
  • eDotto.com – Edicola del 16 ottobre 2017 - Prestazioni economiche INAIL per unioni civili e convivenze di fatto – Schiavone

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