Cooperativa: inammissibile la prestazione del socio senza l’ulteriore rapporto di lavoro

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Cooperativa: inammissibile la prestazione del socio senza l’ulteriore rapporto di lavoro

Le cooperative di produzione e lavoro sono imprese costituite allo scopo di svolgere un’attività economica organizzata per fornire beni e servizi od occasioni di lavoro ai membri dell’organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che essi otterrebbero dal mercato (cosiddetto scopo mutualistico), mediante l’utilizzo del lavoro dei soci.
A tale fine i soci instaurano con la cooperativa un rapporto associativo e un rapporto di lavoro.
Il rapporto associativo attribuisce al socio il diritto di concorrere alla gestione dell’impresa partecipando alla formazione degli organi sociali e alla definizione della struttura di direzione e conduzione della stessa. Per effetto di tale rapporto il socio contribuisce alla formazione del capitale sociale e partecipa al rischio d’impresa. Le modalità di ingresso e di uscita del socio dalla cooperativa sono stabilite dallo statuto, che è l’atto mediante il quale vengono fissate le regole inerenti all’organizzazione e al funzionamento della cooperativa.

Tuttavia il solo rapporto associativo non conferisce al socio anche la facoltà di prestare la propria opera manuale e professionale per la cooperativa, occorrendo all’uopo che venga instaurato un apposito rapporto di lavoro.
Infatti, la L. n. 142/2001 ha previsto, all’articolo 1 comma 3, che “oltre” al rapporto associativo, il socio che intenda esercitare attività di lavoro per la cooperativa è tenuto a stipulare un rapporto di lavoro subordinato, ovvero autonomo, o in qualsiasi altra forma, purché di natura non occasionale.
Al regolamento della cooperativa viene assegnata la funzione di individuare la tipologia di rapporto lavorativo ammissibile con lo status di socio. La cooperativa ha l’obbligo di redigere il regolamento e di depositarlo alla Direzione del lavoro territorialmente competente. Generalmente le norme regolamentari non si discostano dal dettato di cui all’art. 1 comma 3 della L. n. 142 cit. e consentono alla cooperativa di instaurare con il socio rapporti di lavoro in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale.

La scelta del rapporto di lavoro determina anche la tipologia di trattamento fiscale e previdenziale applicabile al socio lavoratore.
Al fine di evitare i costi correlativi al contratto di lavoro subordinato si potrebbero verificare le ipotesi in cui la cooperativa si avvalga dell’opera manuale dei propri soci, nel caso apportata mediante forme di lavoro autonomo, di natura non occasionale. Il fenomeno avrebbe dei riscontri applicativi anche e soprattutto nel settore dell’artigianato, dove la cooperativa partecipa dell’annotazione nella sezione speciale degli artigiani del Registro delle Imprese a condizione che i propri soci contribuiscano materialmente alle lavorazioni. Si ritiene però che tale partecipazione non possa realizzarsi indipendentemente dall’instaurazione di un "altro" rapporto di lavoro rispetto a quello associativo.
Sennonché va registrata la prassi da parte delle Camere di Commercio e degli Istituti previdenziali e assicurativi di iscrivere, rispettivamente, ai fini pubblicitari e nelle apposite gestioni di previdenza, il socio che partecipa materialmente alle lavorazioni, indipendentemente dalla verifica circa l’an e il quomodo dell’ulteriore rapporto di lavoro autonomo instaurato da quest’ultimo con la cooperativa.
Segnatamente tale iscrizione verrebbe effettuata sulla base della comunicazione di cui all’art. 9 del D.L. n. 7/07 conv. con modifiche nella in L. n. 40/07 (c.d. comunicazione unica), inviata alla Camera di Commercio dalla cooperativa e con la quale quest’ultima rappresenterebbe di avvalersi dell’opera manuale prestata dai propri soci, in veste di lavoratori artigiani.

Tale procedura però non appare coerente con l’impianto di cui alla L. n. 142 cit..
Valga premettere che nell’assetto precedente alla citata fonte normativa l’unico rapporto instaurabile dal socio con la cooperativa era quello associativo e tale rapporto era sufficiente per l’insorgenza della tutela assicurativa. A tale fine non erano previste distinzioni di sorta sulle modalità di svolgimento del lavoro, tant’è che in sede pretoria erano emersi orientamenti contrastanti sulla disciplina previdenziale applicabile al socio lavoratore, controvertendosi, in particolare, se in favore di quest’ultimo dovesse essere o meno applicata la contribuzione del lavoratore dipendente (cfr. Cass. Civ. SS.UU. n. 13967/2004, ma anche successivamente in senso difforme cfr. Cass. n. 14073/2007).
La vexata quaestio è stata risolta dalla L. n. 142 cit., la quale infatti, all’art. 1 comma 3, ha previsto che il socio che presta il proprio lavoro per la cooperativa è tenuto, ai sensi dell’art. 1 comma 3 della L. n. 142 cit., a instaurare “un ulteriore” rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale. In ragione di tali previsioni la tutela assicurativa e previdenziale, così come l’applicazione della disciplina fiscale, è stata ancorata non al rapporto associativo, ma allo specifico rapporto di lavoro instaurato col socio. Alle norme regolamentari della cooperativa è stato poi demandato il compito di stabilire quale tipologia di rapporto di lavoro (autonomo o subordinato) possa essere attuato con i soci.

Ebbene proprio tali premesse argomentative portano a ritenere che, ove non si scelga un rapporto di lavoro subordinato o tutt’al più di collaborazione autonoma ove ammissibile, la partecipazione del socio alle lavorazioni delle cooperativa non possa realizzarsi senza la conclusione di un ulteriore rapporto di lavoro autonomo professionale.
Invero, ove venga affiancato al rapporto associativo un rapporto di lavoro autonomo professionale si opta, a ben vedere, per la configurazione di un modello di cooperazione sostanzialmente analogo a quello di un consorzio di imprese, in cui i singoli soci, quali lavoratori autonomi, si uniscono per procurarsi commesse di lavoro e per distribuirne tra loro l’esecuzione. Tale schema consente ai soci di conservare, ognuno, la gestione del proprio laboratorio e l’uso delle proprie attrezzature, in modo tale da ritrarre il reddito dalla propria attività professionale e di accettare conseguentemente i relativi rischi di gestione.
Il partecipare o meno alle lavorazioni della società, infatti, non determina l’insorgere di un ulteriore rapporto di lavoro autonomo tra il socio e la cooperativa, ma piuttosto rappresenta una diversa modalità di adempimento della stessa obbligazione che informa il patto sociale, rispetto al quale, peraltro, l’adesione dei predetti soggetti presenta profili di criticità (cfr. considerazioni ut supra).
Valga poi considerare che, sul piano fiscale, l’instaurazione di un autonomo rapporto professionale, tra la cooperativa e i soci, sottende necessariamente una sorta di “doppia” fatturazione, giacché la cooperativa acquisisce dal mercato la commessa di lavoro e la distribuisce successivamente tra i propri soci. Per tale attività la cooperativa è tenuta a emettere fattura nei confronti del cliente. Successivamente, il socio lavoratore autonomo, per ottenere la liquidazione del compenso relativo all’attività svolta, deve emettere fattura nei confronti della cooperativa.


Le considerazioni espresse sono frutto esclusivo dell’opinione degli autori e non impegnano l’amministrazione di appartenenza
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