Dati del conducente non comunicati? Niente multa se il proprietario non ricorda

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Dati del conducente non comunicati? Niente multa se il proprietario non ricorda

La Cassazione ha confermato la statuizione con cui i giudici di merito avevano dato ragione alla proprietaria di un veicolo che aveva impugnato il verbale di accertamento elevato nei suoi confronti dalla Polizia Municipale per violazione dell'articolo 126 bis del Codice della strada.

Quest’ultimo, si ricorda, sanziona espressamente chi risulta proprietario del mezzo con il quale sia stata commessa un’infrazione stradale se omette, senza giustificato e documentato motivo, di fornire i dati di chi guidava, al momento della rilevazione dell’infrazione medesima.

La opponente, nel caso in esame, aveva tempestivamente comunicato alla Polizia di non essere in grado di indicare le generalità di chi era alla guida dell’autovettura di sua proprietà al momento dell'infrazione, a causa sia del notevole tempo trascorso tra l'infrazione e la notifica del verbale di accertamento (più di tre mesi), sia della circostanza che il veicolo era utilizzato oltre che da lei anche dal marito e dalle sue due figlie.

Notevole tempo trascorso e veicolo utilizzato da più persone

Le argomentazioni della donna erano state accolte sia dinnanzi al Giudice di pace che, in secondo grado, dal Tribunale, il quale, a sostegno della decisione, aveva richiamato i principi espressi dalla sentenza della Corte Costituzionale n.165/2008, secondo cui occorre distinguere la condotta di chi omette del tutto di comunicare alla P.A. le generalità del conducente del veicolo al momento dell'infrazione da quella di colui che invece comunichi l'esistenza di validi motivi idonei a giustificare l'omessa trasmissione dei dati richiesti.

Nella specie, l’organo giudicante aveva ritenuto legittime le giustificazioni fornite dall’appellata rispetto alla mancata comunicazione dei dati, escludendo la sua responsabilità per la contestata violazione amministrativa.

Da qui il ricorso del Comune, in sede di legittimità, dove veniva lamentato l’errore operato dal giudice di appello nel giustificare l'omissione della appellata, sull’assunto che la corretta interpretazione delle norme obbligherebbe, comunque, il proprietario del veicolo a conoscere le generalità del conducente, “non essendo sufficiente per sottrarsi a tale obbligo addurre che l'automobile è in uso a più persone”.

Diversa condotta per chi omette di rispondere e chi risponde di non ricordare

Motivo, questo, giudicato infondato dalla Seconda sezione civile di Cassazione, la quale, con ordinanza n. 9555 del 18 aprile 2018, ha sottolineato come, correttamente, il tribunale, esercitando il proprio potere discrezionale di apprezzamento in fatto, aveva ritenuto di escludere la responsabilità della opponente.

Gli Ermellini hanno, in proposito precisato che, mentre resta in ogni caso sanzionabile la condotta di chi semplicemente non ottemperi alla richiesta di comunicazione dei dati personali e della patente del conducente, viceversa nel caso in cui la risposta sia stata fornita, anche se in termini negativi, resta devoluta alla valutazione del giudice di merito la verifica circa l'idoneità delle giustificazioni fornite dall'interessato ad escludere la presunzione di responsabilità che la norma pone a carico del dichiarante.

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