I dati del pc del dipendente non si toccano

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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18443 depositata il 1° agosto 2013, respinge il ricorso presentato da un datore di lavoro avverso il dipendente addetto all'accettazione di una casa di cura, licenziato per aver utilizzato la rete internet durante l'orario di lavoro, anche se non previsto dalle mansioni cui era adibito, visitando siti religiosi, sindacali e pornografici.

I giudici, nel confermare il giudizio del Tribunale di merito nonché le argomentazioni del Garante, evidenziano come il trattamento dei dati sensibili adottato nei confronti del dipendente fosse eccessivo rispetto alla finalità perseguita, e cioè dimostrare l'illecito utilizzo degli strumenti di lavoro, per il quale sarebbe stato sufficiente provare l'esistenza di accessi indebiti alla rete e i relativi tempi di collegamento.

Le informazioni di carattere sensibile possono essere trattate dal datore di lavoro, senza il preventivo consenso del lavoratore, qualora il trattamento sia indispensabile a far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria. Nel caso di specie il requisito dell'indispensabilità non ricorre.
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