Incentivi all’occupazione: la check list dei principi generali

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Incentivi all’occupazione: la check list dei principi generali

Per le imprese che vogliono incrementare la propria forza lavoro il legislatore prevede una pluralità di incentivi contributivi all'occupazione, diversificati in base alla platea dei datori di lavoro beneficiari, dei lavoratori e delle tipologie di assunzioni agevolate nonchè della misura del bonus riconosciuto.

Un panorama ampio e variegato a cui corrisponde un altrettanto complesso sistema normativo, composto da norme di legge (nazionale e comunitaria), prassi e giurisprudenza non sempre di facile interpretazione.

Con l’approfondimento del 15 novembre 2021 la Fondazione Studi Consulenti del lavoro si propone di fornire una check list utile a imprese e operatori partendo dalla definizione di “incentivi all’occupazione” sino a giungere all'esame dei principi generali al cui rispetto è subordinata la fruizione dei benefici normativi e contributivi.

La check list risponde all'esigenza di "inquadrare i singoli principi in un quadro funzionale ad evitare fastidiosi e gravosi recuperi da parte degli enti preposti".

Definizione di “incentivi all’occupazione”

Ma cosa si intende per incentivi all’occupazione?

Riprendendo quanto disposto in sede di riforma del Jobs Act (art. 30, comma 2, D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150), costituiscono incentivi all’occupazione i benefici normativi o economici (anche contributivi) riconosciuti ai datori di lavoro in relazione all’assunzione di specifiche categorie di lavoratori.

Il "beneficio contributivo" consiste nello sgravio in deroga all'ordinario regime contributivo. Sfuggono, pertanto, a tale nozione gli sgravi istituiti come aliquota ordinaria per un determinato settore o categoria di lavoratori. E' il caso del regime di "sotto contribuzione" previsto per interi settori e territori (settore agricolo, zone montane ecc.) ovvero di specifiche tipologie contrattuali come l’apprendistato.

Sono poi classificabili "benefici normativi" tutte le tipologie di agevolazioni, non contributive, di tipo patrimoniale e in materia di lavoro e di legislazione sociale. Sono tali le agevolazioni fiscali, i contributi e le sovvenzioni previste dalla normativa (statale, regionale) o da atti a valenza normativa connesse alla costituzione e gestione dei rapporti di lavoro, come cuneo fiscale, credito di imposta per nuove assunzioni effettuate in ambiti territoriali o settoriali determinati.

Per usufruire dei benefici normativi e contributivi il datore di lavoro deve rispettare specifici principi generali. Vediamo quali sono.

Regolarità contributiva

Il primo precetto generale da rispettare è quello della regolarità contributiva.

Il datore di lavoro deve essere in regola nei confronti di Inps, Inail e Casse Edili con il pagamento dei premi e contributi e possedere quindi il documento unico di regolarità contributiva, cd. DURC (art. 1, comma 1175, Legge 27 dicembre 2006 n. 296).

La Fondazione Studi ricorda che la verifica della regolarità (decreto ministeriale 30 gennaio 2015) riguarda i pagamenti dovuti dall’impresa in relazione ai lavoratori subordinati e a quelli impiegati con contratto di collaborazione coordinata e continuativa che operano nell’impresa stessa nonché i pagamenti dovuti dai lavoratori autonomi scaduti sino all’ultimo giorno del secondo mese antecedente a quello in cui la verifica è effettuata, a condizione che sia scaduto anche il termine di presentazione delle relative denunce retributive.

La regolarità sussiste anche in caso di rateizzazioni concesse dagli enti preposti, di sospensione ex lege dei pagamenti o in presenza di crediti in fase amministrativa (oggetto di compensazione, in pendenza di contenzioso amministrativo o giudiziario) e di crediti affidati per il recupero agli agenti della riscossione per i quali sia stata disposta la sospensione della cartella di pagamento o dell’avviso di addebito a seguito di ricorso giudiziario.

La regolarità sussiste, altresì, in presenza di uno scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate.

Tutela delle condizioni di lavoro

Il datore di lavoro inoltre perde il diritto agli incentivi nel caso in cui subisca provvedimenti amministrativi o giurisdizionali definitivi, inclusa l’ipotesi del “patteggiamento”, per le violazioni di natura previdenziale e in materia di tutela delle condizioni di lavoro incluse nell’allegato A) del D.M. 30 gennaio 2015 e commesse da parte del datore di lavoro o del dirigente responsabile.

Tali violazioni sono causa ostativa alla regolarità per i periodi temporali indicati nello stesso allegato (da 3 mesi a 24 mesi, in base alle violazioni commesse). L’impresa torna a godere di benefici normativi e contributivi solo una volta esaurito il periodo di mancato rilascio del DURC.

Ai fini della regolarità contributiva è onere delle imprese autocertificare al competente Ispettorato Territoriale del Lavoro, con il modello “Dichiarazione per benefici contributivi”, l’inesistenza di provvedimenti definitivi in ordine alla commissione delle violazioni di cui all’allegato A), D.M. 30 gennaio 2015 ovvero il decorso del periodo "di irregolarità" indicato per ciascun illecito. Ogni variazione va notificata entro 30 giorni all’avvenuta modifica.

La Fondazione Studi ricorda (MLPS, lettera circolare 12 maggio 2010, n. 8667) che la mancata o incompleta presentazione della dichiarazione non è ostativa alla fruizione dei benefici configurando un inadempimento meramente formale.

L’autocertificazione è efficace in riferimento alla totalità dei benefici normativi e contributivi.

Rispetto della contrattazione collettiva

Il datore di lavoro è tenuto a rispettare gli obblighi di legge o discendenti dai contratti collettivi cd. leader di tutti i livelli (nazionali, regionali, territoriali e aziendali) e relativamente alla parte economica e normativa (non anche della cd. parte obbligatoria).

La Fondazione Studi, sulla scorta della prassi e della giurisprudenza, evidenzia che il grado di rappresentatività delle organizzazioni sindacali è dato dalla valutazione complessiva della consistenza numerica degli associati delle singole organizzazioni sindacali, dell'ampiezza e diffusione delle strutture organizzative, della partecipazione alla formazione e stipulazione dei contratti nazionali collettivi di lavoro e della partecipazione alla trattazione delle controversie di lavoro, individuali, plurime e collettive.

Come sottolineato dall'Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL, circolare 18 luglio 2017, n. 3), a differenza di quanto avviene in caso di assenza del DURC (che incide sulla intera compagine aziendale e quindi sulla fruizione dei benefici per tutto il periodo di scopertura), le violazioni di legge e/o di contratto (che non abbiano riflessi sulla posizione contributiva) assumono rilevanza solo per il lavoratore cui gli stessi benefici si riferiscono ed esclusivamente per il periodo di violazione.

Diritto di precedenza

Il datore di lavoro non ha diritto agli incentivi se è “obbligato”, da legge o contratto collettivo, ad assumere il lavoratore, anche nel caso in cui il lavoratore in questione sia utilizzato tramite contratto di somministrazione.

Sul punto la Fondazione Studi consiglia di analizzare nel dettaglio le varie circolari perchè l’Inps frequentemente deroga a tale principio generale. E' il caso dell'assunzione di un lavoratore disabile ex art. 3, Legge n. 68/1999 o di lavoratori con contratto a tempo determinato ovvero delle lavoratrici che, in esecuzione di un rapporto a tempo determinato, abbiano fruito del congedo di maternità.

Crisi aziendale e riduzione dell’organico

Il datore di lavoro o l’utilizzatore con contratto di somministrazione sono impossibilitati a fruire degli incentivi se hanno in atto ammortizzatori sociali per crisi o riorganizzazione aziendale, salvo la possibilità di assumere, trasformare o utilizzare in somministrazione un lavoratore inquadrato a un livello diverso rispetto ai lavoratori già sospesi ovvero da impiegare presso una diversa unità produttiva presso cui non sono attivi ammortizzatori sociali.

Inoltre, “gli incentivi non spettano con riferimento a quei lavoratori che sono stati licenziati nei sei mesi precedenti da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume o utilizza in somministrazione, ovvero risulta con quest’ultimo in rapporto di collegamento o controllo.”

Somministrazione di lavoro

In caso di somministrazione di lavoro che comporti un’assunzione ovvero la trasformazione di un rapporto di lavoro agevolato vige il principio generale in base al quale l’incentivo spetta direttamente all’impresa utilizzatrice (e non all’agenzia di somministrazione) e, se l’incentivo è soggetto al regime de minimis, l’aiuto è computato in capo all'utilizzatore come effettivo fruitore dell’agevolazione.

Cumulabilità degli sgravi

Importanti indicazioni sono poi fornite, nell'approfondimento del 15 novembre 2021, in merito al cumulo degli incentivi.

In primo luogo, è viene specificato che tale principio generale non va confuso con la possibilità di cumulare diversi incentivi tra loro in riferimento ad un unico rapporto incentivato. La possibilità di cumulare più “doti” del lavoratore è espressamente prevista dalle relative norme incentivanti.

L’art. 31, comma 2, D.Lgs. n. 150/2015 prevede invece che, per determinare il diritto all’incentivo e la sua durata, l'incentivo stesso debba essere cumulato laddove il lavoratore abbia prestato l’attività in favore dello stesso soggetto come lavoratore subordinato e come lavoratore somministrato.

Pertanto, chiarisce la Fondazione Studi, non sono soggette al cumulo le prestazioni in somministrazione effettuate dallo stesso lavoratore nei confronti di diversi utilizzatori, anche se fornite dalla medesima agenzia di somministrazione di lavoro, salvo che tra gli utilizzatori ricorrano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti ovvero intercorrano rapporti di collegamento o controllo.

Adempimenti burocratici

Il datore di lavoro deve poi comunicare agli enti competenti l’instaurazione o la modifica del rapporto di lavoro o somministrazione.

Aiuti di Stato soggetti al “de-minimis”

Gli “aiuti di Stato” soggetti al de minimis (e non soggetti alla notifica preventiva alla Commissione Europea) possono essere concessi entro il seguente tetto massimo di aiuti, utilizzabile con riferimento a tre esercizi finanziari:

  • 200.000 euro per le generalità delle imprese;
  • 100.000 euro per le imprese di trasporto merci su strada per conto terzi, che comunque non possono utilizzare gli aiuti per l’acquisto dei mezzi adoperati per la propria attività d’impresa;
  • 15.000 euro per le imprese che operano nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli.

È importante precisare che i suddetti limiti devono essere calcolati secondo il principio di “impresa unica”.

Temporary framework

In considerazione della crisi provocata dalla pandemia da Covid-19, la Commissione UE ha introdotto nuovi limiti quantitativi per gli aiuti.

Attualmente sono considerati compatibili con il mercato interno gli aiuti di Stato che:

  • non superino 1.800.000,00 euro per impresa sotto forma di sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili, agevolazioni fiscali o di pagamenti, ovvero a 225.000 euro per impresa operante nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli o a 270.000 euro per impresa operante nel settore della pesca e dell’acquacoltura;
  • siano concessi a imprese che non già in difficoltà al 31 dicembre 2019;
  • in deroga al punto precedente, siano concessi a microimprese o piccole imprese che risultavano già in difficoltà al 31 dicembre 2019, purché non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza ai sensi del diritto nazionale e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o aiuti per la ristrutturazione.

Il quadro temporaneo scade il 31 dicembre 2021.

Incremento occupazionale netto

Per alcuni incentivi all’occupazione il beneficio è subordinato alla condizione che la nuova assunzione determini un incremento netto dell’occupazione. A tal fine, il numero dei dipendenti è calcolato in Unità di Lavoro Annuo (U.L.A.).

Per valutare la sussistenza dell'incremento dell’occupazione si deve raffrontare il numero medio di unità lavoro anno dell’anno precedente all’assunzione con il numero medio di unità lavoro anno dell’anno successivo all’assunzione, considerando, ai fini del calcolo, che un lavoratore a tempo pieno e indeterminato, impiegato per tutto il periodo da considerare, vale 1 ULA, mentre gli altri lavoratori valgono una frazione di ULA, in proporzione della durata del rapporto e della percentuale part-time.

Con riferimento all’arco temporale, i benefici possono essere fruiti:

  • dal momento dell’assunzione, se dal calcolo stimato della forza occupazionale dei 12 mesi successivi emerge un incremento, salvo verificare la legittimità del beneficio al termine del periodo stesso;
  • al termine dei 12 mesi qualora il datore di lavoro verificasse, solo in quel momento, l’incremento occupazionale effettivo.
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