Incentivi anno 2017: da tirocinante ad apprendista, ma…

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Incentivi anno 2017: da tirocinante ad apprendista, ma…

Bonus occupazionale per assunzioni anno 2017, requisiti

Con Decreto Direttoriale della Direzione Generale per le politiche attive e i servizi per il lavoro e la formazione del 2 dicembre 2016, prot. 39/394 sono state dettate le regole per la fruizione degli incentivi in favore delle imprese che procedono all’assunzione dei giovani tra 16 e 29 anni ammessi al Programma Garanzia Giovani. Laddove il giovane sia minorenne, deve aver assolto al diritto dovere all’istruzione e formazione (10 anni di formazione scolastica). Destinatari dell’incentivo sono tutti i datori di lavoro privati, a prescindere dalla circostanza che siano o meno imprenditori.
L’incentivo viene erogato sotto forma di sgravio contributivo per le assunzioni effettuate dal 01/01/2017 al 31/12/2017. Perché il datore di lavoro possa fruire dell’incentivo, l’assunzione del giovane deve essere effettuata con:

  1. contratto a tempo indeterminato anche a scopo di somministrazione;
  2. contratto di apprendistato professionalizzante;
  3. contratto a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione, la cui durata iniziale sia pari o superiore a sei mesi.

L’incentivo spetta anche per l’assunzione di un socio lavoratore di cooperativa, mentre non spetta in caso di lavoro domestico e ovviamente lavoro accessorio.

Bonus anche in caso di trasformazione dei tirocini

Nel rinviare agli artt. 4 e 8 del decreto prot. 39/394 per gli aspetti che attengono rispettivamente all’entità della misura e al procedimento da seguire per conseguirla, vale piuttosto evidenziare che in mancanza di espresse previsioni contrarie si ritiene che l’agevolazione testé descritta vada riconosciuta anche qualora il giovane venga assunto all’esito di un rapporto di tirocinio extracurriculare. A ben vedere quest’ultimo era una beneficio già previsto per l’anno 2016 in favore dei datori di lavoro che favorivano l’occupazione dei giovani mediante trasformazione dei tirocini in contratti di lavoro (c.d. super bonus occupazionale trasformazione tirocini disciplinato dal Decreto Direttoriale n. 16/02/2016 del 3 febbraio 2016, pubblicato nella sezione “Pubblicità Legale” del sito istituzionale del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, di seguito rettificato dal Decreto Direttoriale n. 79/II/2016 del 8 aprile 2016).
La misura sebbene non sia stata specificatamente riproposta con legge di stabilità per l’anno 2017 (cfr. https://servizi.anpal.gov.it/Aziende/Incentivi/Pagine/Incentivi.aspx Guida agli incentivi anno 2017), sembra possa essere riproposta sotto la veste del decreto prot. 39/394 alle condizioni e nei limiti previsti da quest’ultimo provvedimento.
Occorre però svolgere alcune precisazioni in ordine all’eventuale assunzione del tirocinante con contratto di apprendistato professionalizzante.

I tirocini extracurriculari: principi generali

La L. n. 92/2012 ha demandato alle Regioni e alle Province Autonome la definizione di linee guida finalizzate a stabilire gli standard minimi uniformi da osservare per l’attivazione dei tirocini, ed evitare, conseguentemente, un uso distorto e illegittimo di tali tipologie negoziali.
Il 24 gennaio 2013, la Conferenza Unificata Stato, Regioni e Province Autonome ha adottato le “Linee-guida in materia di tirocini formativi e di orientamento di natura extracurriculare”. Tale direttiva si applica ai tirocini extra-curriculari i quali vengono considerati dal provvedimento uno strumento fondamentale per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.
In aderenza a tale scopo, e per contrastare eventuali abusi, è stato espressamente stabilito che il tirocinio può essere attivato solo per attività per le quali è necessario prevedere un periodo formativo, fermo restando, tuttavia, che in tale caso, il tirocinante “non può ricoprire ruoli necessari all’organizzazione aziendale”.
Le linee guida sono state predisposte al fine di “valorizzare altre forme contrattuali a contenuto formativo”, segnatamente l’apprendistato, considerato dalle stesse premesse, quale “canale preferenziale di ingresso del mercato del lavoro per i giovani”.
Da tali assunti propedeutici è agevole desumere come il tirocinio, lungi dal duplicare il contenuto del contratto di apprendistato, sia volto, per vero, a consentire un inserimento “soft” del giovane nel mondo del lavoro, garantendo a costui una trasmissione di conoscenza basiche, comunque oggettivamente diverse rispetto a quelle cui è finalizzato l’apprendistato, non a caso definito dall’art. 41 comma 1 del D.lgs. n. 81 cit. contratto dedito “alla formazione e alla occupazione dei giovani”.

Apprendistato professionalizzante e tirocinio: i tratti comuni

Orbene, se è vero che tale approccio non osta a che la prestazione del giovane venga utilizzata, in sequenza cronologica, con convezione di tirocinio prima, e con contratto di apprendistato poi, ciò non toglie che, in ogni caso, i predetti schemi negoziali presentino un’assonanza contenutistica che conforma, e al tempo stesso perimetra, in funzione dell’equo contemperamento degli interessi in gioco, la facoltà della parte datoriale di utilizzare, consequenzialmente per uno stesso lavoratore, siffatti canali occupazionali.
Tali tratti comuni si scorgono nell’elemento obiettivo, atteso che nel tirocinio, così come nell’apprendistato, assume un ruolo centrale il progetto formativo, che costituisce il percorso di apprendimento, strategico-trasversale e tecnico-specialistico, del tirocinante/apprendista.
Del pari, comune a entrambe le figure, è il tutor aziendale, cioè il soggetto operante in azienda, che, in quanto in possesso di idonee competenze professionali, assume un ruolo di responsabilità didattica e organizzativa per il tirocinante/apprendista, la cui attività viene in tale modo a essere coordinata e monitorata, in funzione della realizzazione degli obiettivi formativi.
Se poi si sposta l’attenzione sul versante economico, comune alle due tipologie negoziali è anche l’applicazione di standard remunerativi inferiori a quelli ordinariamente previsti per la figura di cui all’art. 1 del D.lgs. n. 81/15. Invero, mentre la retribuzione dell’apprendista viene ragguagliata a quella applicata a un lavoratore inquadrato fino a due livelli inferiori rispetto alla qualifica conseguibile all’esito del percorso formativo, al tirocinante, per vero, non viene elargita nessuna retribuzione, ma solo un indennizzo a titolo di ristoro per l’attività prestata in favore del soggetto ospitante. Certo è, pertanto, che, sia nell’una, come nell’altra tipologia, la remunerazione dell’occupato è di rango inferiore e non è rapportabile a quella garantita contrattualmente a un lavoratore qualificato.
Sicché, alla luce di tali aspetti, un effettivo distinguo tra tirocinio e apprendistato è possibile coglierlo solo sul piano descrittivo, nel senso che mentre il primo è funzionale a inserire il giovane inesperto nel mondo del lavoro, il secondo, invece, è rivolto a coloro che già fanno parte del “mondo del lavoro”, ma che, tuttavia, non sono ancora in possesso di un’esperienza tecnico-professionale da poter essere considerati lavoratori qualificati.
Ma se poi si passa sul piano concreto, sovente, tirocinio e apprendistato tendono a sovrapporsi e diventano difficilmente distinguibili, al punto che i contratti collettivi, nella disciplina del contratto di apprendistato, spesso utilizzano il lemma “tirocinio” a dimostrazione delle affinità contenutistiche intercorrenti tra i rispettivi istituti negoziali (cfr. per tutti CCNL terziario). Invero, al di là delle prestazioni remunerative correlate a tali fattispecie, che, comunque, come testé descritto, non sono assimilabili ai trattamenti garantiti ai lavoratori qualificati, le stesse figure negoziali risultano avvinte da analoghe modalità fattuali di svolgimento dell’obbligazione dedotta in contratto, contrassegnata, peraltro, da una fase formativa trasversale che (per ragione sistemiche) risulta il più delle volte evanescente se non del tutto assente. Ciò è vero soprattutto quando il tirocinio e l’apprendistato vengono calati, come nel caso di specie, in realtà aziendali medio-piccole, e abbiano a oggetto mansioni di livello medio-basso, in cui i rispettivi piani formativi, a un confronto a specchio, appaino fungibili, ovvero sostanzialmente equipollenti.

Le finalità delle convenzioni di tirocinio

Per aver conferma di tali assunti è sufficiente porre lo sguardo sulle finalità indicate nelle convenzioni di tirocinio predisposte dai soggetti promotori. Dopo aver elencato le tipiche attività demandate al tirocinante, e che in linea generale ricalcano le mansioni delle qualifiche contrattuali a cui il giovane viene adibito, si riscontrano affermazioni sulla finalità della formazione volta per lo più a far conoscere la realtà aziendale e far acquisire gli elementi e le operazioni che connotano le qualifiche contrattuali del lavoratore. Spesso viene specificato che, al termine del percorso, il tirocinante deve essere in grado di applicare correttamente principi e tecniche utilizzate dall’impresa nella sua attività ordinaria.
In tutte queste ipotesi, non può sorprendere come l’impiego, da parte dell’impresa, del medesimo soggetto, dapprima con tirocinio, e poi con apprendistato, corra il rischio di realizzare un risultato esattamente contrario a quello espresso nelle premesse della direttiva del 24 dicembre 2013 e che tipizza gli ambiti causali dei contratti de quibus. Il corollario di tale evenienza, pertanto, non è la valorizzazione professionale del lavoratore, bensì l’effettivo depauperamento della sua dignità personale. Infatti, non appare qualificabile diversamente la posizione del giovane che, dopo essere stato adibito, come tirocinante e senza retribuzione, a compiti di rango non qualitativamente elevato, venga inserito nell’organizzazione aziendale mediante un contratto di apprendistato, contrassegnato, a sua volta, per un verso da un trattamento retributivo di rango inferiore, rispetto a quello applicato al tipo negoziale comune, e, per altro verso, dal “rilancio” di un ulteriore percorso formativo, implicante lo svolgimento di mansioni sostanzialmente analoghe a quelle svolte da costui per un anno sotto la veste di tirocinante.
Si ritiene che tale metodologia, anziché concorrere a realizzare un assetto proporzionato dei contrapposti interessi, avvantaggi oltremisura la parte datoriale, e correlativamente, sfavorisca eccessivamente il lavoratore, perché costantemente tenuto in una zona d’ombra e di latente precariato. Una metodologia, in altre parole, che appare distonica rispetto ai valori di solidarietà e di buona fede, posti, questi ultimi, a presidio del corretto svolgimento delle relazioni negoziali, improntate nel caso di specie su schemi che non possono ritenersi meritevoli di tutela, stante il precetto generale di cui all’art. 1322 c.c..
Ciò, occorre sottolineare, non significa negare, sempre e comunque, il diritto per il datore di assumere, con contratto di apprendistato, un lavoratore precedentemente occupato con convenzione di tirocinio.

Il contratto di apprendistato professionalizzante concluso in sequenza al tirocinio

L’effettiva realizzazione degli obiettivi indicati dalla direttiva del 24 gennaio 2013 (contrasto a operazioni abusive o elusive) appare conseguibile nella misura in cui l’apprendistato sia volto a far conseguire, all’ex-tirocinante, una qualifica avente a oggetto compiti di rango qualitativamente differenti e più elevati, rispetto a quelli svolti da costui durante la pregressa esperienza formativa.
In tale modo, alla parte datoriale viene consentito di avvalersi della prestazione di una persona, la cui serietà è stata già sperimentata, a costo “zero”, nel corso del periodo di tirocinio, e di fruire, per un ulteriore periodo di tempo, delle agevolazioni retributive e contributive correlate al contratto di apprendistato. Al lavoratore, invece, dopo un periodo di “adattamento occupazionale” in azienda, remunerato con un marginale indennizzo, viene riconosciuta una stabilizzazione lavorativa, contrassegnata, però, dall’adibizione a mansioni, non coincidenti o ripetitive rispetto a quelle già apprese nel corso del tirocinio, ma professionalmente ed economicamente più appaganti.

Conclusioni

Tracciando ora un quadro di sintesi, si può osservare che il decreto prot. 39 cit. si limita a richiamare il contratto di apprendistato professionalizzante come tipologia negoziale idonea alla fruizione dell’incentivo senza nulla aggiungere in ordine al pregresso stato professionale del lavoratore.
Tuttavia ciò potrebbe anche non essere considerata una lacuna dell’atto, osservando che quest’ultimo, in realtà, deve essere sistematizzato con principi generali dell’ordinamento sul corretto esercizio della libertà contrattuale e sul rispetto della meritevolezza delle operazioni negoziali permeano sempre e comunque la causa del contratto. Gli spunti riflessivi testé esposti, in altre parole, suggeriscono di leggere le previsioni normative e contrattuali nell’intimo significato lessicale delle parole onde rapportare gli schemi predisposti dalle parti al contesto fattuale di riferimento, affinché venga garantita l’osservanza della finalità sottesa alla disciplina di riferimento.

Le considerazioni espresse sono frutto esclusivo del pensiero degli autori e non impegnano in alcun modo l’Amministrazione di appartenenza.
Ogni riferimento a fatti e/o persone è puramente casuale.

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