Integrazioni salariali, cumulabilità e compatibilità con altri rapporti di lavoro

Pubblicato il



Integrazioni salariali, cumulabilità e compatibilità con altri rapporti di lavoro

L'aumento esponenziale del ricorso agli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, quale conseguenza dell'emergenza epidemiologica generata dal Covid-19, con correlata ed attestabile contrazione dei redditi percepiti dai lavoratori dipendenti, merita, indubbiamente, un necessario approfondimento circa le possibilità, per i prestatori di lavoro, di svolgere ulteriori attività lavorative senza perdere i benefici connessi al rapporto di lavoro in essere.

La cumulabilità e la compatibilità della percezione dei trattamenti di integrazione salariale con lo svolgimento di un'ulteriore attività lavorativa, sia essa dipendente o autonoma, è regolamentata dall'art. 8, commi 2 e 3, Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 148, che richiamano i medesimi principi sanciti dal Decreto legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, nella Legge 20 maggio 1988, n. 160, a mente del quale "il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate", ed abrogati per effetto del medesimo Decreto Legislativo, art. 46, comma 1, lett. l).

L'evincibile generale divieto di cumulo sopra menzionato è stato più volte affrontato dalla giurisprudenza e ripercorso dall'Istituto Previdenziale nella Circolare 4 ottobre 2010, n. 130, da ritenersi non superata.

 

Il riordino degli ammortizzatori sociali

In attuazione della legge-delega 10 dicembre 2014, n. 183, il Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 148, ha riordinato la materia degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro.

In tale ambito, tra i principi generali sanciti nel Capo I, i commi 2 e 3, art. 8, ricalcano pedissequamente gli abrogati commi 4 e 5, art. 8, Decreto Legge 21 marzo 1988, n. 86. Invero, preclusa la possibilità di cumulare il trattamento di integrazione salariale con le giornate di lavoro effettuate, il comma 3, art. 8, prevede, altresì, la decadenza del diritto alla percezione del trattamento di integrazione salariale nel caso in cui il lavoratore non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede INPS territorialmente competente per lo svolgimento di attività lavorativa autonoma o subordinata, secondo le indicazioni fornite dall'Istituto nella Circolare 6 maggio 2014, n. 57.

La condizione di cumulabilità e compatibilità della percezione del trattamento di integrazione salariale con lo svolgimento di un'ulteriore attività lavorativa può dar luogo alle seguenti fattispecie:

  • incompatibilità tra la nuova attività lavorativa e l'integrazione salariale ed alla conseguente cessazione del rapporto di lavoro su cui è fondata;
  • totale cumulabilità della remunerazione collegata alla nuova attività con l'integrazione salariale;
  • parziale cumulabilità dei redditi da lavoro con l'integrazione salariale.

 

Totale incompatibilità del nuovo rapporto di lavoro

Ove il lavoratore beneficiario del trattamento di integrazione salariale abbia iniziato un nuovo rapporto a tempo pieno e indeterminato si avrà una totale incompatibilità con la prestazione assistenziale. In tal senso, come affermato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 195/1995), "il nuovo impiego a tempo pieno e senza prefissione di termine, alle dipendenze di un diverso datore di lavoro, comporta la risoluzione del rapporto precedente e, quindi, (...) la perdita del diritto al trattamento di integrazione salariale per cessazione del rapporto di lavoro che ne costituiva il fondamento".

 

Compatibilità totale tra nuova attività ed integrazione salariale

Ragionevolmente, sussiste una compatibilità totale tra l'attività lavorativa e l'integrazione salariale, laddove la nuova attività intrapresa, per la collocazione temporale in altre ore della giornata o in periodi diversi dell'anno, sarebbe stata comunque compatibile con lo svolgimento dell'attività lavorativa che ha dato luogo all'integrazione salariale.

In tale ambito, appare possibile che il prestatore di lavoro subordinato avente in essere due contratti di lavoro a tempo parziale, siano essi verticali o orizzontali, possa continuare a percepire interamente il trattamento di integrazione salariale derivante dalla sospensione o riduzione dell'attività lavorativa accusata anche solo da uno dei due datori di lavoro.

Altresì, come specificato dalla Circolare INPS 4 ottobre 2010, n. 130, può sussistere la compatibilità tra un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e uno part-time, purché le due attività siano comunque compatibili e siano rispettati i termini dell'orario massimo settimanale di lavoro (es. rapporto full-time, dal lunedì al venerdì, per complessive 40 ore settimanali ed un rapporto a tempo parziale di otto ore settimanali da svolgere nella giornata del sabato).

 

Compatibilità parziale tra nuova attività ed integrazione salariale

Ove la nuova attività lavorativa intrapresa sia sovrapponibile all'orario di lavoro del rapporto di lavoro sospeso o ridotto con accesso agli ammortizzatori sociali, vige la regola generale secondo cui l'integrazione salariale non è dovuta per le giornate nelle quali il lavoratore beneficiario è stato impiegato in altre attività remunerate. In tal senso, il reddito derivante dalle nuove attività lavorative intraprese non è cumulabile con l'integrazione salariale, dovendo intendersi sospeso il trattamento per le giornate nelle quali si è prestata l'attività lavorativa, salvo il caso in cui il lavoratore dimostri che il compenso per tale attività sia inferiore all'integrazione stessa. In quest'ultimo caso, il lavoratore avrà diritto a percepire la differenza tra l'importo dell'integrazione salariale spettante ed il reddito percepito.

Rientrano in tale ambito i casi in cui il lavoratore beneficiario del trattamento di integrazione salariale stipuli un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato ovvero un contratto di lavoro subordinato a tempo parziale, sia esso a tempo determinato o indeterminato.

Invero, nella prima fattispecie sussisterà la condizione di cumulabilità parziale se il reddito derivante dalla nuova attività lavorativa sia inferiore all'integrazione, potendo cumularsi sino a concorrenza dell'importo totale dell'integrazione salariale spettante.

Analogamente, qualora il beneficiario del trattamento di integrazione salariale in forza di un rapporto di lavoro a tempo pieno stipuli un contratto di lavoro subordinato part time, ancorché parzialmente sovrapponibile al rapporto che ha dato luogo all'accesso ai trattamenti, sarà possibile il cumulo parziale dell'integrazione salariale con il reddito derivante dalla nuova attività.

Il ragionamento de quo è, altresì, assimilabile anche al caso in cui il beneficiario del trattamento di integrazione salariale stipuli un rapporto di lavoro intermittente. In tal caso, ove il lavoratore venga chiamato a prestare la propria opera in giorni ed orari non coincidenti con il contratto di lavoro che ha dato luogo all'integrazione salariale, non sussistono cause di incompatibilità della prestazione o incumulabilità dei compensi. Diversamente, ove la prestazione si realizzi in orari coincidenti sarà necessario operare una distinzione a seconda che sussista un'indennità di disponibilità, o meno, nel contratto a chiamata. Invero, ove sussista l'obbligo di risposta alla chiamata del nuovo datore di lavoro il trattamento di integrazione salariale andrà sospeso. Diversamente, ove non vi sia alcun indennizzo, con conseguente facoltà di risposta, potrebbe realizzarsi una cumulabilità parziale con le giornate in cui si è eseguita la prestazione lavorativa, perdendo, dunque, il trattamento di integrazione salariale per le giornate in cui è chiamato a lavoro. 

Ad ogni modo, nei casi di cumulo parziale, sarà onere del lavoratore comunicare all'impresa di provenienza la nuova occupazione. La stessa rilascerà una dichiarazione al nuovo datore di lavoro, contenente i termini in cui è stata richiesta l'integrazione salariale per il lavoratore. Alla cessazione del nuovo rapporto, l'impresa rilascerà apposita certificazione al lavoratore circa la risoluzione del rapporto di lavoro, talché il dipendente possa darne comunicazione all'Istituto Previdenziale.

 

Cumulabilità parziale tra le integrazioni salariali ed il reddito da lavoro autonomo

Come nei precedenti casi di cumulabilità parziale tra nuova attività lavorativa e integrazione salariale, il lavoratore beneficiario che intraprenda un'attività di lavoro autonomo dovrà dimostrare e documentare l'effettivo ammontare dei guadagni e la loro collocazione temporale al fine di consentire all'Istituto previdenziale la determinazione dell'eventuale quota differenziale di integrazione salariale.

In tal senso, non avranno rilevanza né che il lavoratore abbia avuto accesso ai trattamenti di integrazione salariale in forza di un contratto di lavoro subordinato a tempo pieno o a tempo parziale, né il tempo eventualmente dedicato alla nuova prestazione di lavoro autonomo ovvero che la nuova attività non comporti una contestuale tutela previdenziale di natura obbligatoria.

Pertanto, il lavoratore avrà l'onere di informare preventivamente la sede INPS territorialmente competente dell'intenzione di intraprendere la nuova attività di lavoro autonomo avendo, altresì, l'obbligo di comunicare i redditi percepiti ed il relativo periodo.

Ove l'ammontare dei redditi non sia agevolmente quantificabile o collocabile temporalmente, l'Istituto procederà alla sospensione dell'erogazione delle integrazioni salariali sin dal momento della comunicazione preventiva.

 

 

QUADRO NORMATIVO

Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 148

INPS - Circolare 4 ottobre 2010, n. 130

 

Ricevi GRATIS la nostra newsletter

Ogni giorno sarai aggiornato con le notizie più importanti, documenti originali, anteprime e anticipazioni, informazioni sui contratti e scadenze.

Richiedila subito