Iva di gruppo all’italiana

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A sorpresa, la Corte di giustizia delle Comunità europee – sentenza 22 maggio 2008, causa C-162/07 – pone una questione preliminare sulla riferibilità del regime Iva di gruppo nazionale rispetto al paradigma della norma comunitaria. L’articolo 11 della direttiva 2006/2 “presuppone (...) necessariamente, qualora uno Stato Ue ne faccia applicazione, che per effetto della normativa nazionale di trasposizione, il soggetto passivo sia unico e che al gruppo sia assegnato un unico numero di partita Iva”. Questo non si verifica nella norma italiana, considerando che l’articolo 4, paragrafo 4, della sesta direttiva (ora articolo 11 della direttiva appena citata) è stato recepito “in termini molto ristretti e con contenuto di carattere procedurale, cioè mantenendo sempre l’autonomia giuridica e fiscale delle società interessate, sufficiente a perseguire il fine prefissato che era quello di offrire alle dette società un mezzo semplificato di recupero delle eccedenze di credito ...”. Nel dubbio, posto nella sentenza a commento, se la disciplina nazionale costituisca il recepimento delle disposizioni europee, la Corte aggiunge che “la trasposizione dell’articolo 4, n. 4, comma 2, della sesta direttiva dev’essere conseguentemente distinta dall’istituzione di un dispositivo di dichiarazione e di versamento semplificati dell’Iva che consenta, segnatamente, alle società di uno stesso gruppo, di restare soggetti passivi distinti, ancorché l’Iva possa essere consolidata nella contabilità della società madre”. La questione viene quindi rinviata al giudice nazionale, che “dovrà accertare se la normativa nazionale applicabile alle dichiarazioni controverse risponda ai criteri richiamati”, vale a dire al principio di unicità del soggetto.

Nella lettura dell’avvocato generale della Corte di giustizia europea con le conclusioni presentate sempre ieri, nella causa C-210/06, il trattato sulla libertà di stabilimento ammette lo spostamento dell’attività d’impresa senza necessità che con ciò si cancelli l’ente. Ovvero: a una società non può essere impedito di trasferire la sede operativa da uno ad un altro Paese dell’Unione senza per questo spostare anche la sede legale. A meno di motivi di interesse pubblico.

Allegati Anche in
  • ItaliaOggi, p. 42 – La Corte Ue salva l’Iva di gruppo - Ricca

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