La retribuzione in Europa tra diritto e contrattazione: Italia e gli altri modelli a confronto

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La retribuzione in Europa tra diritto e contrattazione: Italia e gli altri modelli a confronto

Il dibattito sul salario minimo legale è tornato con forza al centro dell’agenda politica e sindacale europea: tuttavia, focalizzarsi esclusivamente sull'importo del salario minimo rischia di fornire una visione parziale e semplicistica del reale trattamento economico dei lavoratori.

È questo il punto di partenza dell’approfondimento curato dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro e pubblicato il 13 maggio 2025, in cui si propone una comparazione non soltanto del salario minimo legale, ma della struttura complessiva della retribuzione nei vari contesti nazionali.

L’analisi si concentra sull’Italia, ponendola a confronto con Francia, Spagna, Germania, Romania e Svezia.

La scelta dei Paesi risponde alla necessità di offrire un quadro rappresentativo delle diverse aree dello spazio comunitario: Mediterraneo, Europa centrale e nord Europa.

Gli aspetti esaminati includono:

  • la presenza di un salario minimo legale;
  • la struttura della retribuzione (componenti fisse, variabili, mensilità aggiuntive);
  • la previsione di trattamenti indiretti e differiti (in primis il Trattamento di Fine Rapporto);
  • il ruolo della contrattazione collettiva.

Il modello italiano

Il principio costituzionale di sufficienza e proporzionalità

Il sistema retributivo italiano poggia sull’art. 36 della Costituzione, che sancisce il diritto del lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto e sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa.

In assenza di una legge sul salario minimo, questo principio viene attuato tramite la contrattazione collettiva nazionale, che ha assunto nel tempo un ruolo centrale.

Pur in mancanza della piena attuazione dell’art. 39 Cost. (sulla registrazione e rappresentanza giuridica dei sindacati), la contrattazione collettiva rappresenta oggi il principale strumento di definizione della retribuzione minima.

La giurisprudenza e l’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015 hanno conferito riconoscimento giuridico alla contrattazione collettiva comparativamente più rappresentativa, legittimando le retribuzioni da essa definite come riferimento per la sufficienza retributiva.

Mensilità aggiuntive e indennità

Nel modello italiano si distinguono:

  • retribuzioni di fonte legale: come la tredicesima mensilità, prevista dal D.P.R. n. 1070/1960;
  • retribuzioni contrattuali: come la quattordicesima mensilità, indennità di mansione, premi.

La presenza di componenti indirette e differite rende la retribuzione italiana complessa e stratificata: le indennità infatti spesso sono legate a fattori specifici (mansioni, condizioni lavorative, qualifiche) e definite esclusivamente nella sede negoziale.

Trattamento di Fine Rapporto (TFR)

Il TFR è un istituto peculiare dell’ordinamento italiano: disciplinato dall’art. 2120 c.c., rappresenta un elemento differito della retribuzione spettante al lavoratore al termine del rapporto. Si tratta di un diritto automatico e generalizzato, quantificabile secondo formule precise.

I livelli retributivi nei principali CCNL italiani

L’analisi si è concentrata su sei tra i CCNL più applicati, prendendo come riferimento i livelli di ingresso:

CCNL

Retribuzione lorda minima mensile

Retribuzione lorda minima oraria

Terziario, distribuzione, servizi (H011)

€ 1.721,30

€ 10,25

Metalmeccanico (C011)

€ 2.000,97

€ 11,57

Artigiani metalmeccanici (C030)

€ 1.717,35

€ 9,93

Logistica e trasporto (I100)

€ 1.844,68

€ 10,98

PMI metalmeccaniche (C018)

€ 1.829,21

€ 10,57

Turismo e ristorazione (H05Y)

€ 1.667,21

€ 9,69

La contrattazione collettiva consente una flessibilità tutelata: integrando salari, introducendo elementi di welfare contrattuale (sanità, previdenza, formazione), riconoscendo specificità settoriali e territoriali. Il suo ruolo è stato valorizzato anche nella valutazione comparativa effettuata nel documento.

Confronto europeo

Salario minimo legale in Europa

Secondo i dati Eurostat aggiornati al 1° gennaio 2025, i salari minimi legali mensili lordi nei Paesi considerati sono:

Paese

Salario minimo lordo mensile

Germania

€ 2.161,00

Francia

€ 1.802,00

Spagna

€ 1.381,33

Romania

€ 814,00

Svezia

Assente (modello solo contrattuale)

La comparazione evidenzia due tendenze.

  • Paesi come Germania, Francia e Spagna adottano un salario minimo legale fissato per legge e aggiornato periodicamente.
  • Altri, come Svezia, rinunciano ad un minimo statale, affidandosi integralmente alla contrattazione collettiva.

Francia: SMIC e contrattazione collettiva estesa

Il sistema retributivo francese è duale:

  • SMIC (Salaire Minimum Interprofessionnel de Croissance): è il salario minimo legale, aggiornato periodicamente in base all’inflazione e fissato su base oraria.
  • Contrattazione collettiva nazionale o aziendale: definisce trattamenti superiori, indennità, premi.

Caratteristiche chiave:

  • nessuna mensilità aggiuntiva prevista per legge;
  • le “Conventions collectives” disciplinano eventuali trattamenti ulteriori.
  • assenza di un TFR legale, anche se in alcuni casi è prevista un’indennità di licenziamento non automatica.

Lo SMIC al 1° novembre 2024 è pari a € 1.802,00 lordi mensili.

Spagna: SMI e mensilità obbligatorie

In Spagna, il Salario Minimo Interprofessionale (SMI) è fissato per legge e si articola su 14 mensilità. Il valore annuo è pari a € 16.576,00, quindi:

  • € 1.184,00 x 14 mensilità
  • oppure € 1.381,33 x 12 mensilità

Anche in Spagna la contrattazione collettiva integra e amplia la disciplina legale, prevedendo:

  • indennità aggiuntive per determinate condizioni;
  • premi e tutele legate a fattori specifici;
  • eventuali somme corrisposte alla cessazione del rapporto (in assenza di TFR legale).

Il quadro è dunque estremamente eterogeneo, con una forte variabilità tra i settori e un ruolo centrale della giurisprudenza nel definire cosa sia "salario minimo".

Svezia: solo contrattazione collettiva

La Svezia si distingue per l’assenza totale di un salario minimo legale. L’intero assetto retributivo è affidato alla contrattazione collettiva, a diversi livelli:

  • nazionale: definisce i minimi inderogabili;
  • aziendale o territoriale: può introdurre ulteriori miglioramenti;
  • le mensilità aggiuntive non sono previste per legge.
  • il TFR, come in Francia e Spagna, non esiste come istituto generalizzato, ma possono essere previste indennità di fine rapporto in caso di cessazione per motivi economici.

Il rischio di sovrapposizione normativa

L’introduzione di un salario minimo legale, in Italia, potrebbe interferire con un sistema già complesso e ben strutturato, alterando gli equilibri del dialogo sociale tra le parti.

Ogni valutazione sul salario minimo deve perciò tenere conto:

  • del potere d’acquisto locale;
  • del costo della vita;
  • delle condizioni strutturali del mercato del lavoro.
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