Meno paletti per il contratto a progetto dei call center

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Con la legge di conversione del primo decreto Sviluppo (n. 83/2012) sono stati rielaborati i tratti del nuovo contratto a progetto, fissati dalla riforma Fornero, quando deve essere utilizzato in sede di aziende esercenti attività di call center. I limiti imposti alla generalità dei co.co.pro. vengono ammorbiditi quando si tratta di lavoratori impiegati nei call center, in particolare in quelli c.d. “out bound”. Dalla Fondazione Studi dei CDL un valido contributo.



Il lavoro a progetto - Riforma

Per effetto della “minirivoluzione”, introdotta dalla nuova riforma del mercato del lavoro (Legge n. 92/2012 entrata in vigore il 18 luglio), avvenuta nelle maglie del contratto di lavoro a progetto, le aziende che svolgono l'attività di call center hanno, di fatto, quasi interrotto l'assunzione di personale a progetto per non rischiare di dover sopportare i costi della conversione in rapporto di lavoro subordinato.

Con l'intento di impedire l'uso inappropriato ed a scopi elusivi da parte dei datori di lavoro, la legge n. 92/2012 ha riscritto i requisiti richiesti per accedere alla tipologia del contratto a progetto.

In particolare, l'articolo 61 del D.Lgs. n. 276/2003, a seguito delle modifiche, stabilisce che:

-> il progetto deve essere determinato dal committente e gestito, in maniera del tutto autonoma, dal collaboratore

-> il progetto deve essere specifico ossia funzionalmente collegato a un certo risultato finale; sparisce il riferimento ad un programma di lavoro o ad una fase del progetto

-> non è consentito identificare il progetto con la riproposizione dell'oggetto sociale

-> il contratto a progetto non può prevedere lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, identificabili dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale

-> non può avere modalità di esecuzione analoghe a quelle dei dipendenti del committente.

Le modifiche per i call center

Il fermo nelle assunzioni, nell'ambito del settore call center, all'indomani della modifica della legge Fornero, ha indotto il legislatore ad intervenire normativamente.

Per mezzo dell'articolo 24-bis, comma 7, della Legge n. 134/2012, del 7 agosto (di conversione del D.l. n. 83/2012), è stata operata una variazione dell'articolo 61 citato, allentando i limiti imposti dalla legge Fornero, che così viene ora formulato:

Ferma restando la disciplina degli agenti e rappresentanti di commercio, nonché delle attività di vendita diretta di beni e di servizi realizzate attraverso call center 'out bound' per le quali il ricorso ai contratti di collaborazione a progetto è consentito sulla base del corrispettivo definito dalla contrattazione collettiva nazionale di riferimento, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile, devono essere riconducibili a uno o più'progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore “.

Si definiscono call center “out bound” le attività di marketing telefonico dove è l'operatore a contattare il cliente, potenziale o già acquisito, e si differenzia dall'”in bound” dove, invece,  l'operatore è “passivo”, nel senso che rimane in attesa delle telefonate del cliente e non può gestire la propria attività.

 Dal cambiamento apportato si evince che è possibile il ricorso, nell'ambito delle attività di call center ”out bound”, a contratti di collaborazione a progetto, senza che ci si debba attenere ai nuovi parametri delineati dalla legge n. 92/2012, a condizione che vengano rispettati i corrispettivi  stabiliti dal CCNL di riferimento.

In pratica, non trova applicazione, nel campo dei call center out bound, la previsione per cui il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi.

La circolare n. 17/2012 della Fondazione Studi specifica che, a seguito della L. n. 134/2012, non si è inteso spostare l'attività dell'operatore telefonico out bound nell'ambito del lavoro autonomo, ma si è solamente stabilito che in quel settore alcuni parametri del nuovo contratto a progetto non trovano applicazione.

E' pacifico che il rapporto di lavoro potrebbe assumere la qualifica di lavoro subordinato qualora il suo svolgimento avvenga in base alle caratteristiche previste dall'articolo 2094 del codice civile.

Il requisito del corrispettivo

E' opportuno approfondire la questione relativa al requisito che deve connotare il contratto a progetto per gli operatori dei call center out bound.

La norma novellata dalla riforma del luglio 2012 (art. 63), applicabile alla generalità dei collaboratori a progetto, stabilisce che il loro compenso deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito e non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività dai contratti nazionali o decentrati.

Si aggiunge che, in assenza di tale contrattazione, il compenso non può essere inferiore, a parità di  estensione temporale dell'attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto.

Diversa si pone la norma per i collaboratori che svolgono l'attività in out bound: spetta alla contrattazione collettiva fissare in modo preciso come deve essere determinato il compenso per la prestazione svolta.

Il riferimento può essere alla contrattazione collettiva esistente o a nuovi criteri che possono essere previsti in futuro.

Campo di applicazione

Un dato su cui si sofferma la circolare n. 17 della Fondazione Studi Cdl è quello del raggio di azione dell'articolo 24-bis, il quale, al primo comma, afferma: “Le misure del presente articolo si applicano alle attività svolte da call center con almeno venti dipendenti”.

In realtà, analizzando i successivi commi da 2 a 6, emerge che si occupano di fissare misure a tutela dell'occupazione nei call-center che intendono trasferire l'attività fuori dal territorio nazionale (comunicazione al Ministero del lavoro, perdita dei benefici ex L. n. 407/90). E' a queste disposizioni che la limitazione fissata dal comma 1 – call center con dipendenti sopra le 20 unità - intende riferirsi.  

Il comma 7, invece, riguardando il lavoro a progetto, non ha attinenza con quanto appena esposto; pertanto, si ritiene che la modifica dell'articolo 61 del D. Lgs. 276/2003 sia applicabile a tutti i call-center outbound, indipendentemente dal numero dei dipendenti.

Periodo transitorio

Relativamente al periodo che cade dal 18 luglio 2012 – data di entrata in vigore della riforma del mercato del lavoro – all'11 agosto 2012 – data di entrata della modifica operata dalla L. n. 134/2012 – si ritengono operanti le limitazioni circa la non esecutività e ripetitività delle collaborazioni a progetto.


QUADRO DELLE NORME

- Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276

- Legge 28 giugno 2012, n. 92

- Decreto-Legge 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. n. 134/2012

- Circolare Fondazione Studi CDL 8 ottobre 2012, n. 17
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