Menzogne e contraddizioni ostano all’indennizzo per ingiusta detenzione

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Menzogne e contraddizioni ostano all’indennizzo per ingiusta detenzione

Costituisce una causa ostativa al riconoscimento del dritto alla riparazione per ingiusta detenzione la condotta dell’imputato che, nel corso del procedimento penale, renda delle dichiarazioni reticenti, palesemente menzognere e contraddittorie, serbando, altresì, un silenzio ingiustificato.

Attraverso questo comportamento, infatti, l’incolpato concorre, con dolo o colpa grave, all’emissione e al protrarsi della misura cautelare della detenzione, scongiurabile, per contro, evitando le indicate dichiarazioni.

Sono queste le considerazioni su cui si basa la decisione della Corte d’appello di Firenze di diniego rispetto alla richiesta di riparazione avanzata da Raffaele Sollecito per il lungo periodo di carcere subito nell’ambito del procedimento penale che lo aveva visto accusato per la morte della studentessa inglese Meredith Kercher, processo dal quale era stato però assolto “per non aver commesso il fatto”.

Argomentazioni a cui la Corte di cassazione ha aderito, ritenendole conformi a quanto dalla stessa più volte statuito.

Cassazione: sono condotte che incidono causalmente sul piano cautelare

In particolare, nella sentenza n. 42014 del 14 settembre 2017, i giudici di legittimità hanno ricordato il principio consolidato, riferito alla reticenza, al mendacio o al silenzio serbati, secondo cui dette condotte costituiscono delle scelte difensive del tutto legittime che tuttavia ben possono essere valutate dal giudice della riparazione in termini dolosi o gravemente colposi in relazione al fatto di aver causalmente inciso sul piano cautelare.

Questo, qualora sia mancata l’allegazione di fatti favorevoli al dichiarante e quest’ultimo abbia in tal modo omesso di fornire un congruo chiarimento in grado di attribuire “un diverso significato alla portata del compendio indiziario utilizzato ai fini cautelari”.

La Suprema corte, in definitiva, ritenendo il ragionamento contenuto nella decisione impugnata “logico e giuridicamente ineccepibile” ha rigettato ogni doglianza avanzata ex adverso dal ricorrente.

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