Parità salariale e disciplina europea: principi e strumenti di attuazione

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La direttiva (UE) 2023/970, approvata il 10 maggio 2023, rappresenta un ulteriore passo verso il rafforzamento del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore.

La disciplina in argomento, destinata a essere recepita entro il 7 giugno 2026, si fonda sul divieto di qualsiasi forma di discriminazione retributiva e introduce misure puntuali di trasparenza, applicabili tanto ai rapporti già instaurati quanto alla fase antecedente l’assunzione.

Il legislatore europeo ha evidenziato che, nel 2020, il divario retributivo di genere nell’Unione europea si attestava ancora al 13%, con significative differenze tra Stati membri, imponendo così interventi volti a garantire criteri oggettivi e neutri sotto il profilo di genere nella determinazione della retribuzione e nelle procedure di selezione. I datori di lavoro sono pertanto tenuti a rendere conoscibili i criteri per la definizione delle retribuzioni, dei livelli e della progressione economica, assicurando che avvisi di ricerca e procedure di assunzione siano privi di elementi discriminatori.

Ai sensi degli artt. 5 e 7, i candidati e i lavoratori hanno diritto a informazioni dettagliate sul livello retributivo individuale e su quello medio, ripartito per sesso, dei lavoratori comparabili. Tali informazioni potranno essere richieste direttamente o per il tramite di rappresentanti o organismi di parità, e dovranno essere fornite entro termini ragionevoli, non oltre due mesi dalla richiesta.

Rileva altresì l’obbligo, per i datori di lavoro, di informare annualmente i propri dipendenti circa tali diritti.

Sul piano organizzativo, l’art. 29 impone agli Stati membri di designare un organismo di monitoraggio, incaricato di raccogliere, analizzare e pubblicare i dati sul divario retributivo, nonché di gestire le relazioni di valutazione congiunta delle retribuzioni. Quest’ultima dovrà essere effettuata laddove emerga un divario pari almeno al 5% non giustificato da criteri oggettivi, con obbligo per il datore di lavoro di adottare misure correttive in tempi ragionevoli e in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori.

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