Prelievo unico erariale: l’omesso versamento è peculato

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Prelievo unico erariale: l’omesso versamento è peculato

Commette il reato di peculato il gestore degli apparecchi da gioco leciti che si impossessi dei proventi, anche per la parte destinata al pagamento del PREU, non versandoli al concessionario competente.

Giochi. Configurabilità del reato di peculato per il gestore di slot

Confermata la condanna per il reato di peculato impartita al legale rappresentante di una Srl, società che gestiva degli apparecchi di slot machine e i relativi incassi per conto di una Spa, concessionaria per l’esercizio di giochi elettronici.

All’imputato era stato contestato di essersi impossessato, nell’esercizio della sua attività, delle somme relative al prelievo erariale unico (PREU), di competenza dell’Amministrazione Autonoma dei Manipoli di Stato (AAMS), nonché del compenso della società concessionaria.

Contrasto interpretativo su natura PREU e proprietà incassi

La Sesta sezione penale di Cassazione, alla quale era stata assegnata la vicenda giudiziaria in esame, aveva rilevato l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine ai temi della natura del PREU e della proprietà degli incassi degli apparecchi da gioco e, in conseguenza, della configurabilità del reato di peculato.

La questione era stata così rimessa alle Sezioni unite, alle quali era stato chiesto se l’omesso versamento del PREU, dovuto sull’importo delle giocate al netto delle vincite erogate, da parte del gestore degli apparecchi da gioco con vincita in denaro o del concessionario per l’attivazione e la conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito, potesse integrare o meno il delitto di peculato.

Le Sezioni Unite penali, con sentenza n. 6887 del 16 febbraio 2021, hanno risolto il contrasto interpretativo loro sottoposto, dopo aver reso una disamina sulla disciplina della tipologia degli apparecchi da gioco lecito cui è applicato il PREU, prelievo erariale unico.

PREU: imposta sul consumo con natura tributaria

Tale prelievo – si legge nella decisione – è configurato come imposta sul consumo, la cui natura tributaria è stata affermata dalla Corte costituzionale: tale natura porta a ritenere che rispetto al PREU il giocatore è il contribuente di fatto, mentre il concessionario è il contribuente di diritto. L’imposta, infatti, è computata sull’importo della giocata e non sul reddito d’impresa del contribuente di diritto.

Il Massimo collegio di legittimità, ciò posto, ha aderito all’orientamento che vede il concessionario rivestire la qualifica di agente contabile, tenuto al versamento di quanto riscosso e, dunque, responsabile del reato di peculato laddove si appropri degli incassi per la parte destinata a PREU, ossia denaro pubblico che egli gestisce.

Per quanto riguarda il ruolo del gestore, il denaro che egli raccoglie dagli apparecchi è di detenzione nomine alieno. Anche se non riveste in proprio il ruolo di agente contabile, egli ricopre la qualifica di incaricato di pubblico servizio quando, come nel caso in esame, abbia la gestione degli incassi.

Ne discende che la condotta del gestore di appropriazione degli incassi degli apparecchi da gioco, in quanto denaro altrui del quale ha il possesso in ragione del suo ufficio di incaricato di pubblico servizio, è correttamente qualificata come peculato.

Sezioni Unite: principio di diritto

Da qui l’enunciazione del principio di diritto secondo cui “Integra il reato di peculato la condotta del gestore o dell’esercente degli apparecchi da gioco leciti di cui all’art. 110, sesto e settimo comma, TULPS, che si impossessi dei proventi del gioco, anche per la parte destinata al pagamento del PREU, non versandoli al concessionario competente”.

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