Provvedimento di sospensione dell’impresa: il nuovo regime normativo

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Provvedimento di sospensione dell’impresa: il nuovo regime normativo

Il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale di cui all’art. 14 del D.lgs. n. 81/08 e s.m.i. costituisce una misura assai incisiva per le realtà imprenditoriali che si rendono responsabili delle violazioni previste in materia di lavoro sommerso e di tutela delle condizioni di salute dei lavoratori.

L’adozione del provvedimento comporta, infatti, il fermo dell’unità produttiva presso la quale è stata riscontrata l’occupazione in nero di manodopera, la cui regolarizzazione, insieme al pagamento di una sanzione amministrativa, in misura fissa e in un’unica soluzione, costituiscono condizioni per poter conseguire la rimozione dell’atto e la ripresa dell’attività aziendale.

Il D.lgs. n. 151/15 attuativo della legge delega n. 183/2014 (c.d. Jobs Act) e recante misure per la “razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità”, ha rivisitato la disciplina relativa al provvedimento di sospensione, verosimilmente andando incontro alle istanze emerse nel contesto socio-produttivo, che ritenevano l’atto estremamente penalizzante e bisognoso di ricevere una mitigazione degli effetti sanzionatori.

Occorre premettere che restano immutate le condizioni che legittimano l’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale e che in base all’art. 14, comma 1 del D.lgs. n. 81 cit. consistono:

  1. nell’impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro; va presa in considerazione la parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni (per un’analisi di dettaglio si rinvia alla circolare n. 33 del 2009, emanata dal Ministero del Lavoro);

  2. gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza così come individuate nell’Allegato I al D.lgs. n. 81 cit..

Per l’adozione del provvedimento di sospensione, e diversamente dalla maxi-sanzione, non è richiesta la verifica sulla natura subordinata del rapporto irregolare, potendo l’atto essere impartito anche qualora la prestazione del lavoratore irregolare sia di natura autonoma (contratto di co.co.co. stipulato ai sensi dell’art. 2 del D.lgs. n. 81/15), eccezion fatta per il lavoro autonomo di cui all’art. 2222 c.c..

Ciò che rileva, in tale senso, è il mancato adempimento degli oneri di comunicazione del rapporto di lavoro alla Pubblica Amministrazione (c.d. tracciabilità della prestazione).

Immutata resta, altresì, la previsione di cui al comma 11 dell’art. 14 del D.lgs. n. 81 cit., che esclude l’adozione del provvedimento di sospensione nelle ipotesi in cui il lavoratore irregolare risulti l’unico occupato dall’impresa (c.d. micro realtà produttive). Si aggiunge che nelle ipotesi di lavoro irregolare, gli effetti della sospensione possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo a quello di adozione del provvedimento ovvero dalla cessazione dell’attività lavorativa in corso, ove questa sia insuscettibile di interruzione, salvo che, precisa la norma, non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi.

Rimane invariato l’obbligo, per il personale ispettivo che ha adottato il provvedimento, di comunicare quest’ultimo all’Authority di cui all’ articolo 6 del D.lgs. n. 163/06 e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al fine dell’eventuale adozione, da parte di quest’ultimo, di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche.

Invariate sono le forme di ricorso avverso il provvedimento e le misure sanzionatorie previste per l’imprenditore che non ottemperi a quanto in esso stabilito e che risultano descritte dall’art. 14, rispettivamente commi 9 e 10, del D.lgs. n. 81 cit.

Le novità introdotte dal D.lgs. n. 151 cit. si concentrano sui presupposti per conseguire la revoca del provvedimento di sospensione.

Antecedentemente alla riforma, l’imprenditore che intendeva rimuovere gli effetti del provvedimento di sospensione era tenuto a regolarizzare il rapporto di lavoro ovvero a ripristinare ottimali condizioni di lavoro, pagando altresì una sanzione amministrativa il cui importo era rispettivamente di €. 1.950,00 (lavoro nero), ovvero di €. 3.250,00 (gravi e reiterate violazioni sulla sicurezza).

L’aspetto più stridente era rappresentato dalla circostanza che tale sanzione doveva essere corrisposta in un’unica soluzione.

Il D.lgs. n. 151 cit. ha rivisto l’entità della sanzione, nel senso che quest’ultima è stata “arrotondata” in eccesso per le violazioni relative a lavoro nero, il cui importo attuale è stato infatti portato a €. 2.000,00, e in difetto per quelle riguardanti la materia di sicurezza, il cui importo ora è di €. 3.200,00.

La novità più rilevante, in ogni caso, è rappresentata dal conferimento all’impresa della facoltà di conseguire la rateizzazione del pagamento della sanzione.

L’art. 14, comma 5-bis del D.lgs. n. 81 cit., nel testo modificato dall’art. 22, comma 4 del D.lgs. n. 151 cit.., prevede testualmente che “su istanza di parte, fermo restando il rispetto delle altre condizioni di cui ai commi 4 e 5, la revoca è altresì concessa subordinatamente al pagamento del venticinque per cento della somma aggiuntiva dovuta. L’importo residuo, maggiorato del cinque per cento, è versato entro sei mesi dalla data di presentazione dell’istanza di revoca. In caso di mancato versamento o di versamento parziale dell’importo residuo entro detto termine, il provvedimento di accoglimento dell’istanza di cui al presente comma costituisce titolo esecutivo per l’importo non versato”.

Parafrasando la legge, per ottenere la revoca del provvedimento di sospensione l’impresa, oltre a sanare l’illecito riscontrato nel senso sopra descritto, può chiedere la rateizzazione del pagamento della sanzione. In tale caso, tuttavia, il trasgressore è comunque tenuto a versare una prima tranche all’atto dell’istanza di revoca di importo pari al 25% della sanzione irrogata. Sicché, nel caso di impiego di lavoro nero, la prima tranche sarà di € 500,00, mentre nell’ipotesi di violazione in materia di sicurezza tale rata iniziale sarà di €. 800,00.

Considerato che la legge non prevede ulteriori forme di rateizzazione, l’importo residuo deve essere versato, in un’unica soluzione, entro sei mesi dalla data di presentazione dell’istanza di revoca. Tale importo è assoggettato a una maggiorazione del 5%.

Ove l’impresa non adempia in maniera esatta e puntuale al pagamento della sanzione residua non è prevista reviviscenza degli effetti del provvedimento di sospensione. La novella, invece, conferisce valenza di titolo esecutivo all’atto di accoglimento dell’istanza, nei limiti dell’importo non versato.

In sintesi, solo il pagamento della prima tranche della sanzione costituisce condizione per conseguire la revoca del provvedimento. L’eventuale mancato o parziale pagamento della rata residua costituisce inadempimento alla pretesa creditoria dello Stato, la cui forma di riscossione è stata semplificata mediante il riconoscimento di forza esecutiva al provvedimento di accoglimento dell’istanza di revoca.

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