Sanzioni ex 231. Patteggiamento anche per la società commissariata

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Sanzioni ex 231. Patteggiamento anche per la società commissariata

La Corte di cassazione ha accolto il ricorso promosso da una Srl, oppostasi alla condanna alle spese del giudizio disposta dal Tribunale a suo carico nell'ambito di un procedimento penale nel quale la società aveva patteggiato la sanzione pecuniaria ad essa irrogata in relazione all'illecito amministrativo da reato di cui all'art. 25, D. Lgs. n. 231/2001.

Alla stessa Srl, contestualmente, era stata applicata l'interdizione per sei mesi dall'esercizio dell'attività, sostituita con la nomina di un commissario giudiziale, ex art. 15 del medesimo Decreto.

Secondo la società ricorrente, la condanna al pagamento delle spese processuali era stata disposta in violazione dell'art. 445, comma 1, cod. proc. pen.

Infatti, la sanzione pecuniaria applicata, ragguagliata a norma dell'art. 135 c.p., era inferiore ai due anni di reclusione e rimaneva, ciò posto, al di sotto della soglia entro la quale detta norma di rito - applicabile anche alla materia della responsabilità degli enti da reato, in quanto compatibile - prevede l'esonero dal pagamento delle spese processuali.

La società patteggia le sanzioni 231? Niente spese del giudizio

Con sentenza n. 40563 del 26 ottobre 2022, la Suprema corte ha accolto il ricorso della società, disponendo l'annullamento, senza rinvio, della decisione impugnata, nella parte relativa alla condanna dell'ente al pagamento delle spese del procedimento.

Nella loro pronuncia, gli Ermellini hanno in primo luogo richiamato quanto stabilito dall'art. 63, comma 1, del Decreto 231, ai sensi del quale l'ente può accedere al "patteggiamento" in tre ipotesi:

  • se anche il processo nei confronti della persona fisica che ha agito per suo conto si concluda in tal modo;
  • se tale processo sia normativamente suscettibile di essere definito secondo quel rito, ma non vi sia accordo tra le parti o, per qualsiasi altra ragione, tale definizione non si realizzi;
  • se, indipendentemente dalle scelte di rito dell'imputato persona fisica e dall'esito del giudizio nei suoi confronti, anche per quel che concerne la misura della pena da lui concordata, l'illecito amministrativo da reato ascritto all'ente medesimo sia punibile con la sola sanzione pecuniaria e non anche, cioè, con una sanzione interdittiva.

Fatta tale premessa, la Suprema corte ha ribadito il principio di diritto di recente affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui "la sentenza di applicazione della sanzione pecuniaria su richiesta dell'ente, ai sensi dell'art. 63, D. Lgs. n. 231 del 2001, non comporta la condanna dell'ente medesimo al pagamento delle spese processuali"

Sanzione interdittiva sostituita da commissario giudiziale: sì al patteggiamento

Ad un diverso esito, del resto, non poteva nemmeno condurre il fatto che il Tribunale aveva ravvisato i presupposti per l'applicazione, nei confronti dell'ente, anche di una sanzione interdittiva, che era stata sostituita con la nomina di un commissario giudiziale.

La nomina di un commissario - ha precisato sul punto la Corte - rappresenta lo strumento specificamente previsto dal legislatore per la prosecuzione dell'attività dell'ente ed in luogo dell'applicazione della sanzione interdittiva, che impedirebbe tale prosecuzione e, comunque, ne limiterebbe significativamente l'ambito operativo.

Il commissariamento, dunque, non può essere annoverato tra le "sanzioni amministrative" applicabili all'ente ma rappresenta una misura del tutto diversa da quelle, per natura e funzioni, alternativa rispetto ad esse nonché precipuamente volta ad evitarne alcuni "effetti collaterali".

Poiché, quindi, nella vicenda in esame non era stata applicata nessun'altra sanzione, oltre quella pecuniaria, la società andava esonerata dal pagamento delle spese giudiziali avendo, la stessa, proceduto con il patteggiamento della sanzione ex 231. 

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