La società che patteggia la sanzione ex 231 non paga le spese processuali

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La società che patteggia la sanzione ex 231 non paga le spese processuali

La sentenza di applicazione della sanzione pecuniaria su richiesta dell'ente ai sensi dell'art. 63 del D. Lgs. n. 231/2001 non può comportare la condanna dell'ente stesso alle spese processuali.

Lo ha messo nero su bianco la Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 30610 del 3 agosto 2022, con cui ha annullato, senza rinvio, una sentenza di merito, limitatamente alla statuizione di condanna di una Spa alle spese di lite.

Nella vicenda esaminata, la società aveva patteggiato, davanti la Gip, la sanzione pecuniaria ad essa applicata nell'ambito di un procedimento penale a suo carico per l'illecito amministrativo di cui all'art. 25-undecies, comma 1, lettera c) del Decreto legislativo n. 231/2001.

Nonostante il patteggiamento, la stessa era stata condannata al pagamento delle spese del giudizio sulla base dell'argomento secondo il quale la sentenza di patteggiamento sarebbe equiparabile a quella di condanna, ai sensi dell'art. 445, comma 1, seconda parte c.p.p..

Per impugnare tale ultima statuizione, la società si era rivolta alla Corte di legittimità e, in questa sede, gli Ermellini hanno accolto le relative ragioni.

L'ente patteggia? Niente spese del giudizio

La ricorrente aveva evidenziato che, all'epoca dell'entrata in vigore del Decreto legislativo citato, gli art. 444 e 445 c.p.p. ancora non contemplavano il cosiddetto "patteggiamento allargato", introdotto solo con la Legge n. 134/2003. Di conseguenza, la condanna alle spese in caso di applicazione di pena detentiva superiore a due anni, non avrebbe potuto ritenersi applicabile in caso di patteggiamento su richiesta dell'ente.

La modifica introdotta, nella specie, prevede che la sentenza di patteggiamento, laddove la pena irrogata all'imputato non superi i 2 anni di pena detentiva, non comporti la condanna al pagamento delle spese di lite.

La questione che si poneva, dunque, era di capire se tale previsione dovesse ritenersi applicabile anche in caso di illeciti amministrativi contestati ad enti ex 231 e, quindi, nei procedimenti promossi nei confronti di persona giuridica.

Con l'occasione, la Suprema corte ha inteso ribadire che i due procedimenti, rispettivamente a carico della persona fisica e della persona giuridica, sono tra loro autonomi.

Il rapporto processale che si costituisce mediante l'esercizio dell'azione penale nei confronti dell'imputato - persona fisica è, infatti, del tutto autonomo e indipendente da quello costituito dall'esercizio dell'azione nei confronti dell'ente.

I relativi esiti, quindi, "non necessariamente devono coincidere se ciò non è espressamente previsto dalla legge".

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