Sopravvenienze attive da sentenza: rileva il deposito, non il giudicato

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Sopravvenienze attive da sentenza: rileva il deposito, non il giudicato

Le sopravvenienze attive derivanti da sentenza di riconoscimento di un credito o di disconoscimento di debito devono essere dichiarate nell’anno in cui la sentenza viene depositata, poiché in quel momento il reddito diventa certo e misurabile. Tuttavia, ciò vale solo se l'efficacia esecutiva della sentenza di condanna non sia stata nel frattempo sospesa.

Sopravvenienze attive: rileva il deposito della sentenza

E' quanto evidenziato dalla Corte di Cassazione con le due ordinanze nn. 13369 e 11917 del 2025, nel fornire chiarimenti in materia di imposte sui redditi e, in particolare, in tema di imputazione temporale delle sopravvenienze attive derivanti da sentenze giudiziali.

Il caso oggetto dell'ordinanza n. 11917: sopravvenienze da restituzione

Nel caso oggetto dell'ordinanza n. 11917 del 6 maggio 2025, in particolare, l’Agenzia delle Entrate aveva notificato a una società in accomandita semplice un avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2009, contestando l’omessa dichiarazione di una sopravvenienza attiva costituita da un credito restitutorio, riconosciuto con sentenza di appello depositata il 25 giugno 2009.

La società aveva imputato il reddito all’anno 2010, ossia all’anno in cui la sentenza era divenuta definitiva.

La Commissione tributaria regionale aveva accolto la tesi della contribuente, affermando che solo il giudicato rendeva certa la sopravvenienza.

L’Agenzia impugnava tale decisione in Cassazione.

La decisione della Corte  

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, ridefinendo in modo puntuale il momento impositivo rilevante ai fini dell’imputazione delle sopravvenienze attive derivanti da sentenze giudiziarie.

In particolare, i giudici di legittimità hanno stabilito che la certezza giuridica di una sopravvenienza attiva – quale elemento essenziale per la sua rilevanza fiscale – non è subordinata al passaggio in giudicato della sentenza che la riconosce. Al contrario, tale certezza deve ritenersi acquisita già al momento del deposito della sentenza stessa, purché in quel momento non ne sia stata sospesa l’efficacia esecutiva.

Questa interpretazione si fonda sul disposto dell’articolo 109, comma 1, del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), secondo cui i componenti positivi del reddito devono essere imputati all’esercizio in cui si realizza la condizione di “certezza nell’esistenza e obiettiva determinabilità” del relativo componente.

La Corte ha inoltre chiarito che, se l’efficacia esecutiva della pronuncia giudiziale risulta sospesa in forza di provvedimenti adottati nei successivi gradi di giudizio, tale circostanza impedisce di considerare effettivamente realizzata la sopravvenienza nell’anno di deposito della sentenza.

In tal caso, pertanto, l’imputazione a reddito dovrà essere rinviata al periodo d’imposta in cui viene meno il vincolo sospensivo, consentendo così un effettivo conseguimento del credito da parte del contribuente.

Il caso oggetto dell'ordinanza n. 13369

La seconda vicenda riguardava una società che aveva agito in giudizio contro una banca contestando la natura anatocistica di una clausola sugli interessi, con richiesta di restituzione delle somme indebitamente corrisposte.

Il giudizio si era concluso con sentenza favorevole alla società, depositata in appello nel 2009 e divenuta definitiva nel 2010 per mancata impugnazione.

La decisione della Supema corte

Anche in questo caso, la Cassazione, con ordinanza n. 13369 del 20 maggio 2025 - pronunciata in accoglimento del ricorso del Fisco - ha ribadito che:

  • la sopravvenienza attiva derivante dal riconoscimento di un credito o dal disconoscimento di un debito preesistente deve essere imputata nell’anno d’imposta in cui la sentenza è depositata;
  • tale momento rappresenta la data in cui la posta attiva diventa certa nella sua esistenza e oggettivamente determinabile, come stabilito dall’art. 109 del TUIR;
  • la tassazione è subordinata all’efficacia esecutiva della sentenza; in caso di sospensione dell’esecutività (ad esempio per impugnazioni), la rilevazione fiscale deve essere rinviata;
  • in caso di esito sfavorevole in gradi di giudizio successivi, il meccanismo delle sopravvenienze passive consente di rettificare la posizione fiscale originaria.

Il principio di diritto formulato  

Di seguito il principio di diritto enunciato dalla Cassazione nel corpo delle due pronunce:

"In tema di imposte sui redditi, le sopravvenienze attive che derivano dal riconoscimento di un credito - o dal disconoscimento di un debito preesistente - in sede giudiziale devono essere dichiarate nell'anno di imposta in cui la sentenza che afferma il credito o disconosce il debito è stata depositata, che costituisce il momento nel quale la posta attiva diviene certa nella sua esistenza e obiettivamente determinabile, ai sensi dell'art. 109 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e sempreché l'efficacia esecutiva della sentenza di condanna non sia stata nel frattempo sospesa".
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