Tassazione dei proventi illeciti ai fini delle imposte dirette
Pubblicato il 20 ottobre 2025
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La Legge di Stabilità 2016 intervenendo sull’art. 14, comma 4, della L. 24 dicembre 1993, n. 537, ha ampliato l’ambito applicativo della disciplina relativa alla tassazione dei proventi illeciti.
Particolare interesse riveste la previsione secondo cui: "in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia all’Autorità giudiziaria, ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale, per qualsiasi reato da cui possa derivare un provento, profitto o vantaggio illecito, anche indiretto, la competente Autorità inquirente procede alla immediata comunicazione all'Agenzia delle entrate, affinché proceda al conseguente accertamento".
La novella legislativa, oggetto di mutevoli interpretazioni da parte degli operatori del diritto, ha richiesto un successivo intervento del legislatore, chiamato a fornire una interpretazione autentica.
Il presupposto d'imposta rappresenta l’elemento oggettivo che costituisce il fatto al verificarsi del quale sorge l’obbligazione tributaria e la conseguente dazione del tributo.
L’ipotesi del tributo, la cui entità è rappresentata dalla base imponibile, è sintomo di una prefissata capacità contributiva distinguibile in:
- imposte dirette;
- imposte indirette.
Oggetto d’imposizione è il reddito posseduto indipendentemente dalla sua provenienza:
- lecita;
- illecita.
Con l’introduzione della disciplina di cui all'art. 14 della L. 24 dicembre 1993, n. 537, è stato espressamente previsto che i proventi illeciti vengano assoggettati a tassazione, qualora:
- i redditi provenienti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già sottoposti a sequestro o confisca penale siano ricompresi, se in essa classificabili, in una delle categorie di reddito di cui all'articolo 6, comma 1, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;
- i relativi redditi siano determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria.
L’articolo 6, comma 1, del TUIR (DPR 917/86), contiene una elencazione tassativa, individuata dal legislatore, delle varie categorie reddituali come di seguito elencate:
- fondiari;
- lavoro dipendente;
- lavoro autonomo;
- reddito d’impresa;
- redditi di capitale;
- redditi diversi.
La necessità di ricondurre i proventi derivanti da illeciti penali, civili ed ammnistrativi ad una delle categorie reddituali dianzi elencate, nasce dall’esigenza dettata dalle regole speciali che regolano la determinazione dell’imponibile e dell’imposta per ogni singola categoria.
Con la collocazione di un reddito nella specifica categoria reddituale, il legislatore ha scelto il regime giuridico più corrispondente.
Ne deriva che i redditi illeciti vadano, comunque, collocati in una delle fattispecie previste dall’articolo 6, comma 1, del TUIR.
Qualora il reddito di provenienza illecita non sia classificabile in una specifica voce tra quelle previste, va collocato nella categoria dei redditi diversi, così come previsto dalla legge 248/2006, articolo 36, comma 34-bis.
Come detto, la tassazione di un provento illecito segue le regole applicabili alla categoria di appartenenza.
Redditi fondiari
I redditi fondiari sono quelli che derivano dal possesso di terreni e di fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano. Ai fini dell’imposizione fiscale è, infatti, sufficiente che l’immobile sia iscrivibile risultando irrilevante il requisito formale dell’effettiva iscrizione catastale. I redditi fondiari concorrono a formare il reddito complessivo dei soggetti che li possiedono, indipendentemente dalla loro percezione. Sono, infatti, imputati per competenza, per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso.
Vengono ricompresi nella categoria dei redditi fondiari:
- il reddito dominicale dei terreni;
- il reddito agrario dei terreni;
- il reddito dei fabbricati.
Le particolari modalità di tassazione dei redditi di natura fondiaria rendono evidenti le motivazioni per cui sia necessaria una corretta classificazione di un reddito di natura illecita. Tale classificazione torna utile nel caso in cui si debba procedere alla tassazione di un reddito di natura illecita realizzato mediante incremento patrimoniale di terreni agricoli. Infatti, nel caso specifico la tassazione seguirà le regole proprie dei redditi di natura fondiaria.
Redditi da lavoro dipendente
I redditi di lavoro dipendente sono quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto una prestazione di lavoro, svolta alle dipendenze e sotto la direzione di altri.
La categoria reddituale in commento attrae non solo i redditi di lavoro intesi in senso stretto ma, in senso più ampio, tutte le somme percepite nel periodo d’imposta nell’ambito di un rapporto lavorativo, ed erogate nelle seguenti forme:
- denaro;
- natura:
- erogazioni liberali.
Rientrano, inoltre, nella categoria dei redditi di lavoro dipendente alcuni proventi indicati all’articolo 50 del TUIR, che pur non possedendo le caratteristiche proprie di tali redditi, vengono ad essi assimilati ed assoggettati, in linea di principio, alla medesima tassazione.
I redditi di lavoro dipendente o ad essi assimilati conseguiti indebitamente saranno assoggettati a tassazione nel rispetto delle regole proprie di tali redditi:
- principio di cassa;
- applicazione della ritenuta d’acconto;
- versamento della ritenuta entro i termini previsti;
- rilascio delle certificazioni reddituali prescritte.
Redditi da lavoro autonomo
Il Testo unico delle imposte sui redditi considera reddito da lavoro autonomo quello che deriva dall’esercizio di arti e professioni ovvero l’esercizio abituale, anche se non esclusivo, di un’attività diversa da quelle di impresa o di lavoro dipendente, anche se esercitata in forma di associazione priva di personalità giuridica.
Elementi caratterizzanti tale tipo di attività sono:
- autonomia, intesa come organizzazione della propria attività;
- residualità.
Gli elementi presi a base dal legislatore, utili ad individuale e configurare l’attività di lavoro autonomo, sono i seguenti:
- l’abitualità nello svolgimento delle proprie mansioni;
- la mancanza di subordinazione;
- l’esercizio di un’attività differente da quella di impresa intesa come attività commerciale.
Perché si configuri un’attività di lavoro autonomo non è necessario che sia l’unica esercitata dal contribuente; essa potrebbe essere affiancata ad un lavoro principale di diversa natura o ad altre attività.
Rientrano, invece, nella categoria dei redditi assimilati a quelli di lavoro autonomo, i seguenti proventi:
- redditi derivanti dall’utilizzazione economica, da parte dell’autore o inventore, di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule o informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale e scientifico, se non sono conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali;
- partecipazioni agli utili di cui alla lettera f) del comma 1 dell’articolo 41(ora articolo 44) quando l’apporto è costituito esclusivamente dalla prestazione di lavoro;
- partecipazioni agli utili spettanti ai promotori e ai soci fondatori di società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata;
- indennità per la cessazione di rapporti di agenzia;
- redditi derivanti dall’attività di levata dei protesti esercitata dai segretari comunali ai sensi della Legge 12 giugno 1973, n. 349;
- indennità corrisposte ai giudici onorari di pace e ai vice procuratori onorari;
Sono considerati redditi di lavoro autonomo, inoltre, quelli derivanti dall’associazione professionale o dall’esercizio di arti e professioni in forma associata, equiparata alla società semplice.
Appare indiscutibile, anche nel caso di specie, come un corretto inquadramento del reddito di natura illecita sia un elemento essenziale anche se ininfluente rispetto alla pretesa erariale che va determinata, comunque, in applicazione del particolare meccanismo previsto per tali redditi.
Redditi d’impresa
Per reddito d’impresa si intende quello che deriva dall’esercizio di imprese commerciali, ossia dall'esercizio professionale ed abituale, anche se non esclusivo, delle attività indicate nell'art. 2195 del codice civile ossia:
- attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi;
- attività intermediaria nella circolazione dei beni;
- attività di trasporto per terra, o per acqua o per aria;
- attività bancaria o assicurativa;
- altre attività ausiliarie delle precedenti.
I redditi d’impresa ai fini delle imposte dirette sono disciplinati dagli artt. 55-66 e 81-142 del Testo unico delle imposte sui redditi.
Sono attratte, inoltre, nella sfera di applicazione delle norme relative al reddito d’impresa, le attività agricole indicate nell'art. 32, c.2, lettere b) e c), del TUIR che eccedono i limiti ivi stabiliti (anche se non organizzate in forma di impresa) e le attività di prestazione di servizi che non rientrano tra quelle indicate all’art.2195 del Codice civile, purché organizzate in forma di impresa.
Il reddito di impresa, per la sua produzione, richiede che vengano impiegate risorse umane, mezzi, attrezzature e tutto ciò che occorre a realizzare beni o servizi.
La differente forma giuridica applicabile alla conduzione dell’impresa determina una diversa modalità di imposizione del reddito prodotto.
In linea di massima, in base alla forma giuridica assunta nella conduzione dell’impresa, avremo:
- ditte individuali, il cui il reddito prodotto sarà assoggettato ad IRPEF;
- società di persone, il cui reddito prodotto sarà assoggettato ad IRAP e quello attribuito ai soci per trasparenza sarà assoggettato ad IRPF;
- società di capitali ed altri enti, il cui reddito prodotto sarà assoggettato ad IRES.
Pertanto, anche se i redditi illeciti prodotti siano censurabili, gli stessi apparterranno a pieno titolo alla categoria dei redditi d’impresa.
Tale concetto è stato confermato sia dalla giurisprudenza di merito che da quella di legittimità. In una fattispecie relativa all’ottenimento di un contributo statale non spettante, la Suprema Corte ha avuto modo di affermare "(…) che allo scopo si debbano applicare le norme di ordinaria tassazione (…)" anche in virtù del fatto che il predetto articolo 6 del TUIR prevede che: "(…) i relativi redditi sono determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria (…)". Da ciò, anche se il contributo era stato illecitamente chiesto, la sua tassabilità è ricaduta nella categoria dei redditi d’impresa.
Redditi di capitale
I redditi di capitale, intesi quali redditi derivanti dall’investimento di risorse finanziarie, appartengono ad una delle sei categorie reddituali previste e tassate dall’attuale normativa fiscale. I riferimenti normativi fondamentali sono gli articoli 44 e 45 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR).
L’articolo 44 del Tuir, in particolare, contiene una elencazione tassativa delle diverse fattispecie riconducibili a tale categoria reddituale:
a) gli interessi e altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti;
b) gli interessi e gli altri proventi delle obbligazioni e titoli similari, degli altri titoli diversi dalle azioni e titoli similari, nonché dei certificati di massa;
c) le rendite perpetue e le prestazioni annue perpetue di cui agli articoli 1861 e 1869 del codice civile;
d) i compensi per prestazioni di fideiussione o di altra garanzia;
e) gli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle società, salvo il disposto della lettera d) del comma 2 dell’articolo 53; è ricompresa tra gli utili la remunerazione dei finanziamenti eccedenti di cui all’articolo 98 direttamente erogati dal socio o dalle sue parti correlate, anche in sede di accertamento;
f) gli utili derivanti da associazioni in partecipazione e dai contratti indicati nel primo comma dell’articolo 2554 del codice civile, salvo il disposto della lettera c) del comma 2 dell’articolo 53;
g) i proventi derivanti dalla gestione, nell’interesse collettivo di pluralità di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o provenienti dai relativi investimenti;
g-bis) i proventi derivanti da riporti e pronti contro termine su titoli e valute;
g-ter) i proventi derivanti dal mutuo di titoli garantito;
g-quater) i redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione;
g-quinquies) i redditi derivanti dai rendimenti delle prestazioni pensionistiche di cui alla lettera h-bis) del comma 1 dell’articolo 50 erogate in forma periodica e delle rendite vitalizie aventi funzione previdenziale;
g-sexies) i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti;
h) gli interessi e gli altri proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l’impiego del capitale, esclusi i rapporti attraverso cui possono essere realizzati differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto.
I redditi prodotti sono costituiti dall’ammontare degli interessi, utili o altri proventi percepiti nel periodo di imposta, senza alcuna deduzione.
Per la loro esatta determinazione, si forniscono le seguenti precisazioni:
- i redditi di cui alle lettere a), b), f), e g) del comma 1 dell’articolo 41 comprendono anche la differenza tra la somma percepita o il valore normale dei beni ricevuti alla scadenza e il prezzo di emissione o la somma impiegata, apportata o affidata in gestione, ovvero il valore normale dei beni impiegati, apportati od affidati in gestione;
- i proventi di cui alla lettera g) del comma 1 dell’articolo 41 sono determinati valutando le somme impiegate, apportate o affidate in gestione nonché le somme percepite o il valore normale dei beni ricevuti, rispettivamente, secondo il cambio del giorno in cui le somme o i valori sono impiegati o incassati. Qualora la differenza tra la somma percepita od il valore normale dei beni ricevuti alla scadenza e il prezzo di emissione dei titoli o certificati indicati nella lettera b) del comma 1 dell’articolo 41 sia determinabile in tutto od in parte in funzione di eventi o di parametri non ancora certi o determinati alla data di emissione dei titoli o certificati, la parte di detto importo, proporzionalmente riferibile al periodo di tempo intercorrente fra la data di emissione e quella in cui l’evento od il parametro assumono rilevanza ai fini della determinazione della differenza, si considera interamente maturata in capo al possessore a tale ultima data;
- i proventi di cui alla lettera g-bis) del comma 1 dell’articolo 41 sono costituiti dalla differenza positiva tra i corrispettivi globali di trasferimento dei titoli e delle valute. Da tale differenza si scomputano gli interessi e gli altri proventi dei titoli, non rappresentativi di partecipazioni, maturati nel periodo di durata del rapporto, con esclusione dei redditi esenti dalle imposte sui redditi. I corrispettivi a pronti e a termine espressi in valuta estera sono valutati, rispettivamente, secondo il cambio del giorno in cui sono pagati o incassati;
- i proventi di cui alla lettera g-ter) comprendono, oltre al compenso per il mutuo, anche il controvalore degli interessi e degli altri proventi dei titoli, non rappresentativi di partecipazioni, maturati nel periodo di durata del rapporto.
In tema di proventi illeciti, la Suprema Corte ha riconosciuto la corretta collocazione tra i redditi di capitale delle somme percepite dallo svolgimento dell’attività usuraia.
Redditi diversi
I redditi diversi costituiscono una categoria di reddito residuale, con carattere eterogeneo, in quanto comprende i redditi non rientranti in una delle specifiche categorie indicate nell'art. 6 del T.U.I.R. Fanno parte della categoria in esame anche quei redditi che hanno caratteristiche peculiari che non ne consentano l’inquadramento in una categoria tipica.
Diversamente dal periodo ante riforma, attualmente, l’articolo 67 del TUIR contiene una elencazione tassativa dei redditi rientranti nella categoria in esame:
- plusvalenze da cessioni immobiliari;
- plusvalenze da cessione di partecipazioni qualificate e non qualificate;
- plusvalenze da cessione di titoli non partecipativi, valute, metalli preziosi ecc.;
- plusvalenze da cessione di contratti a termine;
- plusvalenze da cessione di contratti produttivi di redditi di capitale;
- premi, vincite ed indennità;
- redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente;
- redditi da terreni dati in affitto per usi non agricoli;
- redditi di beni immobili situati all’estero;
- redditi derivanti dall’utilizzazione economica di opere dell’ingegno, brevetti industria, processi, formule…;
- redditi derivanti da usufrutto e sublocazione di beni immobili;
- redditi derivanti dall’affitto, locazione e noleggio beni mobili;
- redditi derivanti dall’affitto e usufrutto di aziende;
- plusvalenze realizzate dalla vendita delle aziende acquisite per causa di morte o per atto gratuito;
- redditi da attività commerciali non esercitate abitualmente;
- redditi da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente;
- redditi dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere;
- indennità e rimborsi derivanti da attività sportive dilettantistiche;
- plusvalenza a seguito di trasformazione eterogenea;
I redditi ai fini IRPEF appartenenti a tale categoria reddituale andranno tassati in base al criterio di cassa.
Tenuto conto di quanto sopra evidenziato, appare evidente che la categoria “redditi diversi” assume la delicata funzione di “cerniera”, facendo rientrare in essa tutti quei proventi non riconducibili ad alcun altro gruppo reddituale.
In tema di tassazione di proventi illeciti l’evoluzione normativa succedutasi nel tempo, ed in particolar modo l’interpretazione autentica fornita dal legislatore, ha sgombrato il campo da ogni possibile dubbio circa la tassabilità di quelle fattispecie reddituali di difficile collocazione, così come previsto dal già citato articolo 36, comma 34-bis, della legge 248/2006: "In deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, la disposizione di cui al comma 4 dell'articolo 14 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, si interpreta nel senso che i proventi illeciti ivi indicati, qualora non siano classificabili nelle categorie di reddito di cui all'articolo 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 986, n. 917, sono comunque considerati come redditi diversi".
Il superamento della classificazione reddituale ha ricondotto ad imposizione fiscale una grande varietà di redditi fino ad allora esclusi. Infatti, la collocazione dei proventi illeciti nella categoria reddituale dei “redditi diversi”, ha permesso di attrarre a tassazione particolari fattispecie reddituali non agevolmente riconducibili ad una delle categorie previste dal TUIR.
Per tali ragioni, dopo un lungo dibattito, il legislatore, introducendo la disciplina di cui all'art. 14 della L. 24 dicembre 1993, n. 537, ha previsto espressamente che tali proventi vengano sottoposti a tassazione secondo le regole proprie della categoria di appartenenza.
Oltretutto, l'imposizione dei proventi conseguiti indebitamente corrisponde anche ad un profilo di giustizia in senso sostanziale, volto ad impedire che l'autore di un illecito possa giovarsi di una ricchezza derivante da una condotta illegale.
In particolare, nell'ambito dell'illecito penale, la realizzazione di un reato che comporta il conseguimento di un'utilità economica per il suo autore, spesso rappresenta la spinta motivazionale a delinquere.
Tra i fenomeni più comuni che agevolano la creazione di proventi illeciti ricordiamo:
- riciclaggio;
- traffico di stupefacenti;
- frode fiscale;
- corruzione.
A prescindere da tali fenomeni criminosi, il legislatore tributario ha specificato che i proventi illeciti oggetto di tassazione, possono derivare da qualunque tipo di violazione penale e, quindi, non solo da delitti dolosi, ma anche da reati colposi e contravvenzionali.
Alla tassazione dei proventi illeciti si affianca un’ulteriore misura sanzionatoria che consiste nel mancato riconoscimento dei costi da reato, ai sensi dell'art. 14, comma 4 bis, della citata L. 24 dicembre 1993, n. 537.
Tale disposizione normativa prevede che "per la determinazione del reddito (...) non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di sevizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l'azione penale".
La misura sanzionatoria è applicabile in relazione a spese effettivamente sostenute dal contribuente, ma utilizzate per porre in essere un delitto; tale limitazione può essere assimilata ad una sorta di sanzione.
Inoltre, si rileva che, a differenza della disciplina sulla tassazione dei proventi illeciti, l'indeducibilità dei costi da reato è prevista esclusivamente in relazione a delitti dolosi, rimanendo ininfluente per le fattispecie contravvenzionali e per quelle punibili a titolo di colpa.
Ulteriore previsione contemplata all'art. 14, comma 4 bis, legge 537/93, prevede che la indeducibilità sia subordinata alla condizione che il P.M. abbia esercitato l'azione penale in ordine al delitto per il quale sono stati sostenuti i costi.
Pertanto, l'indeducibilità si rende applicabile nell’ipotesi in cui vi siano evidenti indizi che inducano il P.M. a formulare un giudizio di fondatezza della notizia di reato e procedere, quindi, ad esercitare l'azione penale.
Infine, una norma a garanzia del contribuente/imputato prevede che, in caso di sua assoluzione o proscioglimento, questi abbia il diritto di ottenere il rimborso delle maggiori imposte versate in virtù del principio generale del diritto ad ottenere la ripetizione dell'indebito.
Limiti alla confisca
Come sopra illustrato, i proventi illeciti sfuggono alla tassazione qualora siano già stati sottoposti a sequestro o confisca penale, in quanto, non trovandosi più nella disponibilità del soggetto autore del reato, viene meno il godimento della ricchezza.
Si presume, inoltre, che qualora l'Autorità Giudiziaria abbia già applicato a tali proventi illeciti un'eventuale misura cautelare, non sussista l'obbligo di segnalazione all’agenzia delle entrate, essendo venuto meno il presupposto per l’assoggettamento a tassazione di tali profitti.
Conclusioni
Si ritiene possibile ipotizzare che gli strumenti adottati dal legislatore siano un valido ed efficace deterrente, orientato alla tassazione dei proventi illeciti, basato sull'attività di indagine nell'ambito del relativo procedimento penale.
Si rileva, infine, come l’adozione da parte del legislatore di una politica criminale innovativa rispetto a quella utilizzata in passato stia introducendo istituti che, oltre a creare una interdipendenza reciproca tra il procedimento penale e quello amministrativo, rendono più efficace l’azione di repressione e controllo di tali fattispecie delittuose.
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