Tre modelli per il “rito civile”

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Gli emendamenti messi a punto dalla Giustizia al collegato omonimo, in discussione davanti alle commissioni Giustizia e Affari costituzionali del Senato, saranno votati non prima di dieci giorni e solo dietro parere della commissione Bilancio. Tra le novità, una delega al Governo per la riscrittura del processo amministrativo, improntata sui criteri di razionalizzazione dei termini processuali, sul rafforzamento dei poteri istruttori monocratici, sull'individuazione di misure di eliminazione dell'arretrato. Sono anche previste una ridefinizione della giurisdizione, una riduzione dei termini di decadenza e prescrizione, una riscrittura della tutela cautelare e della disciplina della riassunzione processuale. In materia processuale civile, soppressa l'istituzione del collegio di tre giudici per la valutazione dell'ammissibilità dei ricorsi in Cassazione, il vaglio viene ora affidato alle Sezioni ordinarie, che dovranno dichiarare ammissibili i ricorsi:

- contro provvedimenti che abbiano deciso le questioni in maniera diversa da precedenti di Cassazione,

- aventi ad oggetto una questione nuova o sulla quale la Corte intenda pronunciarsi per confermare o cambiare il proprio orientamento, o in caso di contrasti nella giurisprudenza,

- quando appaia fondata la censura relativa alla violazione dei principi del giusto processo.

Dovrà, in particolare, essere dichiarato sempre inammissibile il ricorso presentato contro una sentenza di appello che abbia confermato il primo grado. Circa il riordino dei riti, l'emendamento del Ministero punta a ricondurre le molte variabili processuali a tre modelli di base: il rito ordinario, il rito lavoro e il nuovo rito sommario di cognizione. La delega affiderebbe al Governo anche la soppressione del rito societario.

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