Voucher: conseguenze per la regolarizzazione tardiva

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Voucher: conseguenze per la regolarizzazione tardiva

La normativa in tema di lavoro occasionale si arricchisce di un nuovo capitolo. Dopo avere esaminato le problematiche inerenti alle conseguenze, anche sanzionatorie, per l’ipotesi in cui, all’atto dell’instaurazione della prestazione, il committente ometta di effettuare la comunicazione preventiva di cui all’art. 49 comma 3 del D.lgs. n. 81/15, occorre analizzare il caso in cui il rapporto di lavoro occasionale cominci sempre in assenza di comunicazione e solo a distanza di giorni venga inoltrata la predetta comunicazione.

Come già rilevato in più circostanze, il Ministero del Lavoro è da sempre orientato nel ritenere che il personale ispettivo che riscontri un rapporto di lavoro occasionale ex art. 48 del D.lgs. n. 81 cit., eseguito in assenza di propedeutici adempimenti amministrativi, debba, de plano, ricondurre tale rapporto nell’alveo della subordinazione e applicare per l’effetto le sanzioni correlate all’impiego di manodopera in nero (c.d. maxisanzione). Si è visto che tale indirizzo non è esente da profili di criticità (cfr. “I voucher alla luce del Jobs Act”, edito il 16/07/2015 in questa rivista telematica).

Diverso è, invece, il caso in cui la prestazione lavorativa venga comunicata in forma occasionale solo dopo che il lavoratore abbia eseguito per un periodo di tempo la propria attività lavorativa in favore della medesima controparte.

Nella specie si pone quantomeno un triplice ordine di questioni.

Anzitutto, si tratta di verificare la natura del rapporto di lavoro e cioè se lo stesso, precedentemente alla comunicazione di cui all’art. 49 comma 3 del D.lgs. n. 81 cit., debba essere qualificato come autonomo o subordinato.

In secondo luogo, e nell’eventualità in cui il rapporto venga qualificato come subordinato, ci si chiede se tale tipologia assorba anche il periodo in cui l’attività lavorativa sia stata resa dal lavoratore sotto forma di lavoro occasionale in favore del medesimo datore di lavoro/committente.

In terzo luogo, sul piano sanzionatorio, occorre verificare se l’eventuale qualifica del rapporto in forma subordinata possa incidere sulla tipologia di sanzione applicabile. In altre parole, la questione è quella di stabilire se la comunicazione eseguita successivamente all’inizio della prestazione possa costituire una forma di regolarizzazione postuma suscettibile di giustificare l’applicazione della maxisanzione in misura affievolita, ai sensi dell’art. 4 comma 3 secondo capoverso della L. n. 183/10. Tale disposizione recita infatti che “L’importo della sanzione è da euro 1.000 a euro 8.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorato di euro 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo […]”. Per una illustrazione esemplificativa si rinvia alla circolare n. 38 del 2010 del Ministero del Lavoro.

In ordine al primo quesito, si ritiene che la natura autonoma o subordinata del rapporto dipenda dalle modalità effettuali mediante le quali sia stata svolta la prestazione lavorativa. Solo una prestazione che sia eterodiretta può essere ricondotta nello schema dell’art. 2094 c.c.

Tuttavia, il Ministero del Lavoro (cfr. circolare n. 38 del 2010 e cfr. nota n. 16920 del 9 ottobre 2014 prot. n. 37/0016920/MA007.A001), per motivi pragmatici, ritiene che in assenza di formali comunicazioni preventive, la qualificazione autonoma del rapporto è predicabile in sede ispettiva solo se venga esibita agli ispettori idonea documentazione fiscale obbligatoria attinente al periodo oggetto di accertamento (es. versamento delle ritenute d’acconto tramite il modello F24; rilevazioni contabili aggiornate e puntuali; presenza della certificazione delle ritenute subite; indicazione del percipiente nel modello annuale dei sostituti d’imposta - modello 770). In assenza di tale documentazione il Ministero del Lavoro reputa subordinata la prestazione e quindi applicabile la maxi-sanzione per lavoro nero.

Venendo al secondo punto, ove venga appurata la natura subordinata del rapporto, resta da stabilire se quest’ultimo espanda la propria efficacia anche per il periodo di lavoro eseguito dal prestatore, successivamente alla comunicazione di cui all’art. 49 comma 3 del D.Lgs. n. 81 cit..

Al riguardo, si ritiene che in assenza di un formale atto di recesso, posto in essere secondo i criteri di legge, e antecedentemente all’inoltro della comunicazione di instaurazione del lavoro occasionale, il rapporto di lavoro pregresso, eseguito in via fattuale, debba essere tendenzialmente inteso, fatta salva l’ipotesi di cui all’art. 19 comma 4 del D.lgs. n. 81 cit. (rapporto a termine di durata non superiore a 12 gironi, di cui tuttavia è richiesta prova rigorosa), a tempo indeterminato. Con la conseguenza che tale rapporto fattuale estende la propria operatività a lungo raggio, coprendo anche l’arco temporale in cui la prestazione sia stata eseguita dal lavoratore sotto le mentite spoglie del lavoro occasionale. In tale prospettiva, la comunicazione inoltrata ai sensi dell’art. 49 comma 3 del D.lgs. n. 81 cit. deve ritenersi inidonea e inefficace a garantire l’instaurazione di un rapporto occasionale, il quale invero deve essere qualificato geneticamente come subordinato.

Venendo infine all’aspetto sanzionatorio, la sanzione per lavoro nero in misura affievolita risulta irrogabile qualora il datore di lavoro abbia fatto svolgere al lavoratore un periodo parzialmente “in nero”, pur a fronte di un successivo periodo di regolare occupazione.

Il presupposto operativo della disposizione sembra sia costituito dalla circostanza per cui la prestazione di lavoro successivamente regolarizzata debba avere medesima natura e forma di quella svolta in nero. Ebbene, se l’occupazione mediante lavoro occasionale è inidonea a determinare una regolarizzazione del rapporto di lavoro, peraltro instaurato ab initio in diversa forma, allora per conseguenza la sanzione per lavoro nero dovrà essere applicata in misura non affievolita, bensì integrale.

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