Accertamento con adesione, rivalsa maggiore imposta anche con nuova partita Iva

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Accertamento con adesione, rivalsa maggiore imposta anche con nuova partita Iva

Il contribuente ha la facoltà di chiedere la riapertura della partita IVA, e di emettere le note di variazione in aumento ai sensi del Decreto IVA, per esercitare la rivalsa dell'imposta versata in sede di adesione, intestando il documento alla nuova partita IVA del committente, avendo cura di indicare, altresì, anche il suo codice fiscale, i riferimenti della fattura originaria e gli estremi identificativi dell'avviso di accertamento.

A questa conclusione giunge l’Amministrazione finanziaria nella risposta ad interpello n. 41/2022 rivolta ad un professionista che aveva fruito del previgente regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile (DL n. 98/2011, articolo 98), pur in assenza dei relativi requisiti di legge e al quale è stata contestata la violazione tramite accertamento con adesione.

In particolare, al momento della definizione dell’accertamento, l’istante non era più in possesso della partita Iva, che aveva chiuso, e nel frattempo anche il proprio committente, nelle more, aveva chiuso la partita Iva verso cui erano state fatturate le originarie prestazioni e ne aveva aperta un’altra, per lo svolgimento della stessa attività.

Il contribuente chiede se possa avvalersi dell'articolo 60 del Dpr n. 633/1972 con riferimento all'IVA corrisposta in sede di adesione.

Sì al diritto di rivalsa anche con partita IVA riaperta successivamente

Nella risposta n. 41 del 21 gennaio 2022, l’Agenzia delle Entrate, nel rispetto delle indicazioni fornite con la precedente circolare n. 35/E/2013, ritiene che non osta al diritto di rivalsa la circostanza che l'istante abbia cessato la qualifica di soggetto IVA. Pertanto, è ammessa la possibilità dell'apertura della partita IVA anche in un momento successivo all'attività di controllo, al solo fine di esercitare la rivalsa.

Quanto, invece, alla possibilità di esercitare la rivalsa nei confronti di una partita Iva diversa da quella indicata nell’originaria fattura, ormai chiusa, l’Agenzia ha già esaminato l’ipotesi di intervenuta estinzione del soggetto passivo acquirente, disconoscendo la possibilità di esercitare la rivalsa Iva, trattandosi di soggetti giuridici estinti e, quindi, cancellati dal Registro delle imprese.

Con riferimento al caso di specie, invece, “il professionista/committente esercente l'attività di [...], ha chiuso la propria partita IVA nel mese di dicembre 2019 per poi riaprirla a distanza di un anno per esercitare la medesima attività”.

Tale circostanza presuppone che il professionista - persona fisica - non si sia "estinto", come accade per le persone giuridiche, ma al contrario abbia continuato ad esercitare la propria attività, anche se con una nuova partita Iva.

Tutto ciò consente di riconoscere una continuità soggettiva e, quindi, di attribuire, da un punto di vista sostanziale, al professionista lo status di "committente originario", anche se fiscalmente è ora individuato da una partita Iva formalmente diversa da quella utilizzata nell'operazione originaria.

Inoltre, spiega l’Agenzia, una persona fisica, per sua natura, nonostante l'attribuzione di una diversa partita Iva, mantiene sempre lo stesso codice fiscale che costituisce, per la fatturazione dell'Iva di rivalsa, l'elemento di continuità con il passato.

Per tale ragione, è ammessa la possibilità per un soggetto passivo di richiedere la riapertura della partita IVA ed emettere note di variazione in aumento, al fine di esercitare la rivalsa dell’imposta versata in sede di adesione, intestando il documento alla nuova partita IVA del committente.

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