Cassazione: legittimo il licenziamento per abuso del congedo parentale

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L’uso improprio del congedo parentale, finalizzato a scopi diversi dalla cura diretta del figlio, può legittimare il licenziamento per giusta causa.

L’assenza dal lavoro deve essere funzionalmente collegata all’assistenza al minore, pena la configurazione di un abuso del diritto e la violazione del principio di buona fede.

Licenziamento per abuso del congedo parentale: legittimo

Con ordinanza n. 24922, pubblicata il 9 settembre 2025, la Corte di Cassazione, Sezione lavoro, si è pronunciata sulla legittimità di un licenziamento disciplinare per uso improprio del congedo parentale.

Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione  

I fatti di causa  

Il lavoratore, dipendente di un’impresa privata, aveva fruito di un periodo di congedo parentale retribuito, per dedicarsi alla cura del figlio minore.

Tuttavia, il datore di lavoro gli aveva contestato un uso abusivo dell’istituto, ritenendo che la condotta tenuta avesse compromesso in modo irreparabile il vincolo fiduciario, e procedendo pertanto al licenziamento per giusta causa.

La decisione della Corte d'appello  

La Corte d'appello aveva confermato la legittimità del licenziamento disciplinare: dalle risultanze documentali e testimoniali, era emerso che, durante il periodo di fruizione del congedo parentale, il lavoratore, anziché occuparsi delle esigenze affettive dei figli e favorirne l’effettivo inserimento nella vita familiare, aveva svolto attività lavorativa presso lo stabilimento balneare gestito dalla coniuge.

La condotta del dipendente, ciò posto, non aveva contribuito in alcun modo a migliorare l’organizzazione familiare; al contrario, aveva reso necessario l’intervento di un supporto esterno, sostitutivo della presenza e del contatto diretto tra padre e figlio, che il congedo parentale è specificamente destinato a tutelare.

Il ricorso in Cassazione

Contro questa decisione, il lavoratore aveva proposto ricorso per Cassazione.

Tra i motivi, il ricorrente aveva dedotto la violazione degli artt. 32 del D.lgs. n. 151/2001 e 2119 c.c., sostenendo che l’abuso del congedo parentale può configurarsi solo in presenza di attività estranee all’accudimento dei figli connotate da sistematicità e continuità, tali da assorbire una parte rilevante del tempo concesso.

La decisione della Cassazione

La Corte di cassazione ha giudicato infondato il ricorso, evidenziando come la sentenza impugnata risultasse in linea con l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità in materia di condotte abusive poste in essere da lavoratori durante periodi di sospensione autorizzata dal servizio, finalizzati all’assistenza o alla cura di soggetti tutelati (Cassazione n. 509/2018 e, in generale, più di recente nn. 6468/2024, 2157/2025).

Congedo parentale come diritto potestativo

Nella disamina, la Suprema corte ha ricordato che l’ordinamento giuridico tutela anche la paternità, indipendentemente dalla maternità naturale, riconoscendo il rilievo delle esigenze affettive e relazionali legate allo sviluppo del minore.

Tale tutela è attualmente disciplinata dal D.Lgs. n. 151/2001, che ha introdotto i congedi parentali, riconoscendo a ciascun genitore il diritto di astenersi dal lavoro nei primi otto anni di vita del figlio. Il congedo parentale si configura come un diritto potestativo, il cui esercizio produce effetti nei confronti del datore di lavoro, tenuto a una posizione di mera soggezione.

Verifica delle modalità di esercizio

La natura potestativa del congedo parentale - ha continuato la Corte - non esclude la possibilità di verificarne le modalità di esercizio nella fase funzionale, mediante gli accertamenti probatori consentiti dall’ordinamento.

Tale verifica è finalizzata a qualificare correttamente la condotta del lavoratore sia sotto il profilo del rapporto di lavoro, sia sotto quello dell’effettiva cura del minore.

La titolarità del diritto non comporta, infatti, un potere discrezionale o arbitrario, né preclude il sindacato e il controllo sulla legittimità delle condotte poste in essere durante la sua fruizione (Cassazione n. 16207/2008).

Congedo parentale per finalità di cura diretta del bambino

Il congedo parentale, in quanto diritto potestativo, deve essere esercitato esclusivamente per finalità di cura diretta del figlio. Lo svolgimento di attività non riconducibili a tale finalità integra un abuso del diritto.

In linea con la ratio dell’istituto, l’assenza dal lavoro deve infatti essere funzionalmente collegata all’esigenza di assistenza al minore, che ne costituisce il presupposto e la giustificazione.

Abuso del congedo parentale e violazione del principio di buona fede  

In caso di abuso del diritto al congedo parentale, assume rilievo la condotta del lavoratore contraria al principio di buona fede, in quanto lesiva dell’affidamento legittimamente riposto dal datore di lavoro. Quest’ultimo, infatti, subisce un pregiudizio derivante sia dall’ingiustificata assenza del dipendente, sia dalla compromissione del vincolo fiduciario.

Parallelamente, rilevano anche l’indebita percezione dell’indennità e lo sviamento della finalità assistenziale nei confronti dell’ente previdenziale erogatore del trattamento economico, con eventuali conseguenze sul piano sanzionatorio.

Analogia con l’abuso dei permessi ex L. 104/1992  

La Cassazione ha quindi richiamato la giurisprudenza consolidata in tema di permessi retribuiti ex L. n. 104/1992: la finalità del congedo parentale, infatti, si pone in linea di continuità con la ratio sottesa ai permessi previsti dalla legge n. 104.

Anche per tali permessi, l’utilizzo da parte del lavoratore per scopi diversi dall’assistenza al familiare disabile può integrare una giusta causa di licenziamento, in quanto comporta una deviazione dalla finalità per cui il beneficio è riconosciuto (Cassazione nn. 23891/2018, 4984/2014, 8784/2015).

Pure nel caso dei permessi ex lege n. 104, in coerenza con la ratio dell’istituto, l’assenza dal lavoro deve essere strettamente correlata all’esigenza di assistenza al disabile, finalità per la quale il beneficio è riconosciuto.

Come più volte ricordato dalla giurisprudenza, l’utilizzo del permesso per scopi estranei a tale funzione risulta contrario alla previsione normativa e costituisce un uso improprio ovvero di un abuso del diritto, in quanto determina un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro giustificabile solo in presenza di esigenze socialmente e legalmente meritevoli di tutela. Quando viene meno il nesso causale tra l’assenza e l’assistenza, si configura anche una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede, sia nei confronti del datore di lavoro, sia dell’ente previdenziale erogatore del beneficio.

La verifica dell’abuso spetta al giudice di merito

La verifica, in concreto, della condotta tenuta dal lavoratore durante la fruizione del beneficio – e, in particolare, dell’eventuale esercizio abusivo del congedo in modalità difformi rispetto alla sua natura e finalità – rientra nella competenza esclusiva del giudice di merito.

Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. nn. 509/2018; 29062/2017; più recentemente, Cass. nn. 8306/2023 e 2157/2025), un sindacato su tali accertamenti fattuali, se motivato in modo logico e coerente, esula dai poteri della Corte di Cassazione.

Rigetto del ricorso e condanna alle spese  

In conclusione, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dal lavoratore, ritenendo infondati i motivi dedotti.

Conseguentemente, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e ha disposto l’obbligo di versamento del contributo unificato aggiuntivo ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115/2002.

L'ordinanza, in breve

Sintesi del caso Un lavoratore aveva fruito del congedo parentale retribuito dichiarando di occuparsi del figlio, ma era emerso che aveva soggiornato in una località balneare svolgendo attività nello stabilimento della coniuge.
Questione dibattuta Se l’utilizzo del congedo parentale per finalità estranee alla cura diretta del minore integri abuso del diritto e giustifichi il licenziamento per giusta causa.
Soluzione della Corte di Cassazione La Corte ha ritenuto legittimo il licenziamento, affermando che il congedo parentale deve essere funzionalmente collegato all’assistenza al figlio e che un uso strumentale configura abuso del diritto.
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