I chiarimenti del fisco sui lavoratori frontalieri

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I chiarimenti del fisco sui lavoratori frontalieri

Con la pubblicazione della circolare 25/E/2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni importanti chiarimenti in materia di lavoro prestato attraverso il ricorso allo smart working ed in materia di lavoro “frontaliero” alla luce delle novità introdotte dall’ultimo accordo tra Italia-Svizzera e dalla legge n. 83/2023. La prima parte del corposo documento di prassi fornisce chiarimenti e istruzioni applicative sui profili fiscali del lavoro da remoto (cd. smart working), focalizzando l’attenzione sui più recenti orientamenti di prassi. La seconda parte della circolare, invece, è dedicata alla disciplina fiscale applicabile ai lavoratori “frontalieri”.  

Aspetti generali 

Punto di partenza dell’analisi è, di certo, una appropriata definizione di lavoratore frontaliere applicabile al settore tributario. La normativa tributaria italiana, infatti, dedica ai lavoratori frontalieri l’articolo 1, co. 175 della Legge n. 147/2013 prevedendo una franchigia Irpef di 7.500 euro; franchigia che - per effetto dell’articolo 4 della legge n. 83/2023 - è stata innalzata, a decorrere dal 2024, a 10.000 euro. Tale regime, come chiarito dalla prassi dell’Agenzia, è applicabile, esclusivamente ai lavoratori dipendenti che:

  • sono residenti in Italia;
  • quotidianamente si recano all’estero per svolgere la propria prestazione lavorativa, in zone di frontiera (quali ad esempio quelle in Francia, Austria, San Marino, Stato Città del Vaticano), o in Paesi limitrofi (quali ad esempio il Principato di Monaco).

La disciplina tributaria del lavoratore frontaliere è, tuttavia, contenuta anche in alcune Convenzioni contro le doppie imposizioni e in accordi stipulati dall’Italia con gli Stati confinanti.

In particolare, discipline specifiche sono previste nei seguenti Trattati e Accordi:

- Convenzione tra Italia e Austria per evitare le doppie imposizioni e relativo Protocollo aggiuntivo, firmata a Vienna il 29 giugno 1981 e ratificata con L. n. 762/1984, e Protocollo di modifica firmato a Vienna il 25 novembre 1987 e ratificato con L. n. 365/1989;

- Convenzione tra Italia e Francia per evitare le doppie imposizioni e relativo Protocollo, firmata a Venezia il 5 ottobre 1989 e ratificata con L. n. 20/1992;

- Convenzione tra Italia e San Marino per evitare le doppie imposizioni e relativo Protocollo, firmata a Roma il 21 marzo 2002 e ratificata con L. n. 88/2013 e Protocollo di modifica firmato a Roma il 13 giugno 2012 e ratificato con L. n. 88/2013;

- Convenzione tra Italia e Svizzera per evitare le doppie imposizioni e relativo Protocollo, firmata a Roma il 9 marzo 1976 e ratificata con L. n. 943/1978, e Protocollo di modifica firmato a Milano il 23 dicembre 2015 e ratificato con L. n. 69/2016; Accordo relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri firmato a Roma il 3 ottobre 1974, ratificato con L. n. 386/1975; Accordo relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri, firmato a Roma il 23 dicembre 2020, ratificato con L. n. 83/2023.

La normativa internazionale contenuta nelle suddette Convenzioni è in linea con la facoltà riconosciuta al paragrafo 10 del Commentario OCSE all’articolo 15 del Modello di Convenzione. Così, ferma restando la “prevalenza” della norma convenzionale sull’ordinamento interno, la funzione delle convenzioni è quella di regolamentare la ripartizione della potestà impositiva tra gli Stati: una volta attribuita la potestà impositiva allo Stato italiano, l’applicazione della norma interna è condizionata ai requisiti da questa previsti.

La Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Austria

La Convenzione contro le doppie imposizioni Italia-Austria dedica una specifica disposizione ai lavoratori frontalieri. In particolare, il paragrafo 4 dell’articolo 15 della convenzione dispone che: “Allorché una persona fisica residente di uno Stato contraente nei pressi della frontiera svolge un’attività dipendente nell’altro Stato contraente, sempre nei pressi della frontiera, ed attraversa abitualmente la frontiera stessa per recarsi al lavoro, essa è imponibile per il reddito che ritrae da tale attività soltanto nello Stato di cui è residente.”

La Convenzione definisce il lavoratore frontaliere come la persona fisica che possiede i seguenti requisiti:

  • è un lavoratore dipendente;
  • risiede in Italia o in Austria, nei pressi della frontiera tra i due Stati;
  • svolge il proprio lavoro nello Stato in cui non risiede, sempre nei pressi della frontiera tra i due Paesi;
  • attraversa “abitualmente” la frontiera tra i due Stati per recarsi al lavoro.

Con riferimento all’espressione “abitualmente”, mancando una espressa definizione nelle disposizioni della convenzione, occorre avere riguardo a quanto previsto dalla legislazione interna. Dovendosi applicare la definizione italiana ne deriva che, affinché un lavoratore possa qualificarsi come frontaliere, è necessario che lo stesso si rechi quotidianamente all’estero per svolgere la propria prestazione lavorativa.

NOTA BENE: Sotto il profilo della potestà impositiva, la Convenzione stabilisce che il reddito da lavoro dipendente prestato all’estero dai frontalieri è soggetto a tassazione esclusiva nello Stato in cui sono residenti.

La Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Francia

Anche la Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Francia regola il trattamento dei lavoratori frontalieri nell’ambito disposizioni relative al lavoro subordinato. In particolare, l’articolo 15, paragrafo 4, della Convenzione prevede che “.. i redditi derivanti dal lavoro dipendente di persone abitanti nella zona di frontiera di uno degli Stati, e che lavorano nella zona di frontiera dell’altro Stato, sono imponibili soltanto nello Stato del quale dette persone sono residenti”. Il paragrafo 9 del Protocollo alla Convenzione specifica, inoltre, che “Per quanto concerne il paragrafo 4 dell’articolo 15, per zone frontaliere si intendono, per l’Italia, le Regioni, e per la Francia, i Dipartimenti, confinanti con la frontiera”.

Le citate disposizioni convenzionali definiscono, quindi, come lavoratore frontaliere il dipendente che:

  • risiede nelle Regioni (in Italia) o nei Dipartimenti (in Francia) confinanti con la frontiera tra i due Stati;
  • lavora nello Stato contraente diverso da quello in cui risiede, in un Dipartimento (se in Francia) o in una Regione (se in Italia) confinante con la frontiera tra i due Paesi.

È, inoltre, necessario che il lavoratore frontaliere si rechi quotidianamente all’estero a svolgere la propria prestazione lavorativa. Tale circostanza trova indiretta conferma nell’accordo interpretativo stipulato tra le competenti autorità italiane e francesi per regolamentare il trattamento dei frontalieri nel contesto dell’emergenza pandemica da covid-19. Sotto il profilo della ripartizione della potestà impositiva tra gli Stati contraenti, la Convenzione stabilisce che i redditi di lavoro dipendente prestato all’estero dai frontalieri sono soggetti a tassazione esclusiva nello Stato di residenza.

La Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e San Marino

La Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e San Marino regolamenta il trattamento dei soli frontalieri residenti in Italia. Il paragrafo 6 del Protocollo aggiuntivo al Trattato prevede, in particolare, che “In relazione alle disposizioni dell’Articolo 15, per quanto concerne la tassazione di lavoro dipendente dei lavoratori frontalieri residenti in Italia, i due Stati contraenti convengono di applicare il sistema di tassazione concorrente, con tassazione definitiva nello Stato di residenza. La Repubblica italiana assoggetterà a tassazione il reddito lordo dei lavoratori frontalieri residenti in Italia conseguito nella Repubblica di San Marino con le modalità che saranno stabilite con legge ordinaria. La legge ordinaria potrà determinare una quota del reddito lordo dei lavoratori frontalieri esente da imposta in Italia”.

Tale disposizione stabilisce che il reddito di lavoro dipendente prestato nella Repubblica di San Marino da lavoratori frontalieri residenti in Italia è sottoposto a tassazione concorrente sia da parte dell’Italia che da parte di San Marino. La doppia imposizione derivante dalla potestà impositiva concorrente è risolta dall’Italia mediante la concessione del credito per le imposte pagate all’estero.  

Il citato paragrafo 6, tuttavia, non fornisce una precisa definizione di “lavoratori frontalieri”. Pertanto, anche in questo caso, occorre ricavare il significato di tale espressione facendo riferimento a quello attribuitole dalla normativa italiana. Di conseguenza, ai fini dell’applicazione della Convenzione, la definizione di lavoratore frontaliere corrisponde attualmente a quella individuata dalla normativa italiana.

La Convenzione contro le doppie imposizioni e gli Accordi stipulati tra Italia e Svizzera

Al fine di regolare l’imposizione dei lavoratori frontalieri, nel 1974 Italia e Svizzera hanno sottoscritto un primo Accordo costituente parte integrante della relativa Convenzione contro le doppie imposizioni. Successivamente, il 23 dicembre 2020 i due Stati hanno concluso un “nuovo” accordo, che sarà applicabile dal 1° gennaio 2024 e che sostituisce l’Accordo del 1974. La disciplina introdotta dal “nuovo” Accordo appare innovativa in riferimento sia alla definizione di “lavoratore frontaliere” sia alle regole impositive applicabili. È poi previsto un regime transitorio per i soggetti che già beneficiano del regime (più favorevole) previsto dall’Accordo del 1974.

Per quanto riguarda la nuova definizione di “lavoratore frontaliere”, il citato “nuovo” Accordo definisce il lavoratore frontaliere come qualsiasi lavoratore residente in uno Stato contraente che:

  • è fiscalmente residente in un Comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20km dal confine con l’altro Stato contraente;
  • svolge un’attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera dell’altro Stato, per un datore di lavoro residente, una stabile organizzazione o una base fissa di detto altro Stato;
  • ritorna, in linea di principio, quotidianamente al proprio domicilio principale nello Stato di residenza.

Al fine di delimitare il perimetro territoriale a cui si applica il nuovo regime, occorre tener presente che con l’espressione “area di frontiera” si indicano: per la Svizzera, i Cantoni di Grigioni, Ticino e Vallese, mentre per l’Italia, le Regioni Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e la provincia autonoma di Bolzano. Per quanto riguarda, invece, il ritorno in linea di principio “quotidiano” presso il proprio domicilio, il Protocollo aggiuntivo all’Accordo precisa che lo status di frontaliere non viene meno se il soggetto non rientra al proprio domicilio, per motivi professionali, per un massimo di 45 giorni in un anno civile, esclusi i giorni di ferie e di malattia. La disposizione in esame si applica a tutti i frontalieri (“nuovi” e “attuali”).

La novità principale rinvenibile nel “nuovo” Accordo sta, tuttavia, nel regime impositivo di cui godono i frontalieri: alla tassazione esclusiva nel Paese della fonte prevista dall’Accordo del 1974 subentra la previsione di una tassazione concorrente tra Paese della fonte e Paese di residenza. L’articolo 3, paragrafo 1, dell’Accordo, infatti, stabilisce che il reddito da lavoro dipendente percepito dai frontalieri è imponibile nello Stato in cui è prestata l’attività lavorativa mediante ritenuta alla fonte, in misura pari fino a un massimo dell’80% di quanto dovuto in base alle disposizioni sulle imposte sui redditi delle persone fisiche, comprese le imposte locali.

Lo Stato di residenza del lavoratore, a sua volta, tassa per concorrenza il reddito per l’intero ammontare, garantendo tuttavia l’eliminazione della doppia imposizione giuridica secondo quanto previsto dalle disposizioni convenzionali in vigore tra Svizzera e Italia. Il paragrafo 2 dell’articolo 3 del nuovo Accordo prevede, altresì, un principio generale secondo cui il carico fiscale complessivo non può, comunque, essere inferiore rispetto all’imposta che sarebbe prelevata in applicazione dell’Accordo del 1974.

Per quanto riguarda i criteri per l’eliminazione dalla doppia imposizione, si precisa che la Svizzera adotta il cd. “metodo dell’esenzione”, con riserva della progressività. In particolare, un lavoratore residente in Svizzera che rientra nella categoria di frontaliere vedrà la sua imposizione in Italia ridotta del 20%. Per quanto riguarda l’Italia, invece, l’eliminazione della doppia imposizione avviene ricorrendo al credito per le imposte estere.

Prevista, poi, una specifica cooperazione amministrativa, con un obbligo di scambio “automatico” delle informazioni con cadenza annuale. In particolare, lo Stato contraente in cui viene svolta l’attività lavorativa trasmette, entro il 20 marzo dell’anno successivo, allo Stato di residenza, le informazioni rilevanti ai fini dell’imposizione del frontaliere. Si tratta di dati anagrafici del lavoratore, relativi alla retribuzione e alle imposte applicate, nonché identificativi del datore di lavoro. Le informazioni scambiate elettronicamente possono essere utilizzate solo ai fini dell’imposizione di salari, stipendi e remunerazioni analoghe ricevute dai frontalieri. Considerata la decorrenza del nuovo Accordo detto scambio sarà operativo a partire dal 2025.

Eliminazione della Svizzera dall’elenco degli Stati fiscalmente privilegiati

L’articolo 12, comma 3 della L.n. 83/2023, alla luce del rafforzamento dei rapporti economici tra Italia e Svizzera - in virtù della ratifica del citato Accordo tra i due Stati del 23.12.2020 in materia di imposizione dei lavoratori frontalieri nonché delle specifiche disposizioni in materia di scambio di informazioni - ha previsto, con un apposito decreto ministeriale l’espunzione della Svizzera dall’elenco degli Stati fiscalmente privilegiati ai fini IRPEF (c.d. black list persone fisiche). In particolare, con il decreto ministeriale del 20 luglio 2023 (pubblicato in G.U. n. 175 del 28 luglio 2023), si è provveduto a dare attuazione al predetto articolo 12 e la Svizzera è stata “espunta” dall’elenco degli Stati a regime fiscale privilegiato ai fini IRPEF, nel quale figurava sin dalla sua prima versione pubblicata nel 1999.

In merito alla decorrenza dell’eliminazione della Svizzera dalla citata black list, sempre il citato articolo 12 stabilisce che: “L’efficacia delle modifiche al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 di cui al primo periodo decorre dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di pubblicazione del suddetto decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. Restano ferme tutte le disposizioni dell’ordinamento nazionale applicabili fino al periodo d’imposta in corso alla data di pubblicazione del decreto di cui al presente comma nonché ogni attività di accertamento effettuata in conformità a tali disposizioni.”

Pertanto, dal periodo d’imposta 2024 (data di efficacia delle modifiche alla black list), ai fini della presunzione di residenza, la Svizzera deve essere considerata esclusa dall’elenco di cui all’articolo 1 del DM 4.05.1999. Restano, tuttavia, fermi gli effetti di ogni attività di accertamento effettuata in conformità alle disposizioni dell’ordinamento nazionale applicabili fino al periodo d’imposta 2023.

Esemplificando, il cittadino italiano che nel 2023 dovesse cancellarsi dall’anagrafe della popolazione residente e trasferirsi in Svizzera, continuerà ad essere considerato - salvo prova contraria - fiscalmente residente in Italia per tale periodo d’imposta, trovando applicazione il disposto di cui all’articolo 2, co. 2-bis del Tuir.  Ancora, le attività di natura finanziaria e gli investimenti che dovessero essere detenuti in Svizzera nel corso del 2023, in violazione degli obblighi del cd. monitoraggio fiscale, continuano a presumersi - salvo prova contraria - costituite mediante redditi sottratti a tassazione in Italia. In tal caso, i termini per la notifica dei relativi atti di accertamento e sanzionatori risultano raddoppiati.

Resta inteso che, anche una volta eliminata la Svizzera dalla black list, permangono in capo all’Amministrazione finanziaria gli ordinari poteri di controllo finalizzati ad accertare l’effettività della residenza all’estero. Pertanto, il soggetto che si dichiari residente in Svizzera ma che integri uno dei presupposti di cui all’articolo 2 del TUIR, si considera comunque fiscalmente residente in Italia (fatta salva l’applicazione delle disposizioni convenzionali).

Ulteriori disposizioni e regime transitorio                                                                                        

La circolare n. 25/E del 18 agosto 2023 analizza, infine, ulteriori disposizioni innovative contenute nella Legge n. 83/2023. Tali novità, concernenti la tassazione dei lavoratori frontalieri, sono applicabili dal 1° gennaio 2024 e riguardano:

  • l’innalzamento della soglia di franchigia applicabile ai lavoratori frontalieri da 7.500 a 10.000 euro;
  • la deducibilità dal reddito complessivo, per l’importo risultante da idonea documentazione, dei contributi previdenziali per il prepensionamento, contrattualmente previsti a carico dei lavoratori frontalieri nei confronti degli enti di previdenza dello Stato in cui essi svolgono la propria attività lavorativa;
  • la non imponibilità Irpef degli assegni di sostegno al nucleo familiare erogati a favore dei frontalieri dagli enti di previdenza degli Stati in cui il primo presta servizio.

Tali disposizioni si applicano a tutti i lavoratori frontalieri (e non solo per quelli che si recano in Svizzera).

Previsto anche un regime “transitorio” per agli “attuali frontalieri” (ossia i frontalieri che hanno in corso o hanno avuto un rapporto di lavoro al momento dell’entrata in vigore dell’Accordo e che si differenzia dal regime cui saranno assoggettati i “nuovi frontalieri”).

In particolare, il “nuovo” Accordo prevede:

  • un regime transitorio, applicabile a coloro che svolgono o hanno svolto un’attività di lavoro dipendente in Svizzera per un datore di lavoro elvetico, tra il 31 dicembre 2018 e la data di entrata in vigore dell’Accordo. Questi continueranno a essere assoggettati a imposizione esclusivamente in Svizzera;
  • un regime ordinario, applicabile a coloro che verranno assunti dopo l’entrata in vigore del nuovo Accordo. L’imposta che la Svizzera applicherà sul reddito di lavoro dipendente per i “nuovi frontalieri” passerà all’80% mentre l’Italia potrà assoggettare a sua volta a imposizione l’intero reddito, riconoscendo ai frontalieri un credito per l’imposta pagata in Svizzera.

Inoltre, il Protocollo aggiuntivo all’Accordo prevede che gli Stati contraenti si consulteranno periodicamente per verificare se risultano necessarie modifiche o integrazioni alla definizione di frontaliere in relazione a un potenziale ulteriore sviluppo del telelavoro. In particolare, l’articolo 12 della  L. n. 83/2023 ha previsto che, a decorrere dal 1° febbraio 2023 e comunque non oltre il 30 giugno 2023, “i giorni di lavoro svolti nello Stato di residenza in modalità di telelavoro, fino al 40 per cento del tempo di lavoro, dai lavoratori frontalieri che rientrano nel campo di applicazione dell’Accordo tra l’Italia e la Svizzera relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri, firmato a Roma il 3 ottobre 1974, reso esecutivo con legge 26 luglio 1975, n. 386, si considerano effettuati nell’altro Stato”. Il comma 5-ter dell’articolo 24 del D.L. 75/2023 convertito ha, poi, esteso il periodo di applicazione delle citate disposizioni fino al 31 dicembre 2023, per i soli lavoratori frontalieri che, alla data del 31 marzo 2022, svolgevano la loro attività lavorativa in modalità di telelavoro.

Le nuove disposizioni, quindi, contengono una disciplina “provvisoria”, applicabile alle persone fiscalmente residenti in Italia che possiedono i requisiti per qualificarsi frontalieri in Svizzera in base all’Accordo del 1974. Per tali soggetti, ai fini dell’applicazione del citato Accordo, i giorni di lavoro svolti nel territorio dello Stato in modalità di telelavoro, fino al 40% del tempo di lavoro, si considerano giorni lavorativi svolti in Svizzera. In considerazione di tale previsione - avente efficacia retroattiva - deve considerarsi superata l’interpretazione fornita con la risposta n.171/E/2023. Sono, così, fatti salvi i comportamenti adottati, in conformità con il precedente quadro normativo e di prassi, nel periodo 1° febbraio - 30 giugno 2023.

 

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