Composizione negoziata: misure protettive non nei confronti di tutti i creditori

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Composizione negoziata: misure protettive non nei confronti di tutti i creditori

Nuova pronuncia di merito sugli effetti delle misure protettive attivabili nell'ambito del nuovo strumento della composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa.

La Sezione Fallimentare del Tribunale di Roma si è pronunciata sulla domanda di conferma o di modifica delle misure protettive e cautelari richieste da una società, al fine di esperire utilmente il procedimento di composizione negoziata della crisi.

Con ordinanza depositata il 3 febbraio 2022, ha accolto il ricorso di quest'ultima e, per l'effetto, confermato il divieto di prosecuzione dei procedimenti di reclamo promossi da alcuni creditori per il termine di 60 giorni, salvo eventuali proroghe, incaricando, contestualmente, il professionista esperto di segnalare tempestivamente ogni fatto sopravvenuto o successivamente accertato utile a giustificare la revoca della misura o l'abbreviazione della sua durata.

In occasione di questa decisione - una delle prime pronunce aventi ad oggetto la procedura della composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa - il giudice capitolino ha fornito alcuni spunti interpretativi in merito alle nuove misure.

Divieto di sentenza di fallimento è un effetto di legge

Innanzitutto, ha reso chiarimenti in ordine ai soggetti legittimati a partecipare al procedimento sulle misure protettive, individuati, nella specie, esclusivamente nei soggetti nei cui confronti era stata domandata la conferma della misura della sospensione dei giudizi di reclamo pendenti.

In proposito, il Tribunale ha sottolineato che il divieto di pronunciare sentenza di fallimento nei confronti del debitore che abbia domandato l'applicazione di misure protettive del patrimonio, dal giorno della pubblicazione dell'istanza e fino alla conclusione delle trattative o all'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata, costituisce un effetto di legge ex art. 6, comma 4 Dl n. 118/2021, che non presuppone, né richiede la conferma o la modifica della misura da parte del giudice.

La legittimazione passiva - ha continuato il giudice monocratico - non può riconoscersi in capo alla massa indifferenziata dei creditori che possano astrattamente promuovere azioni esecutive nei confronti del debitore e che, tuttavia, non abbiano ancora avviato i relativi procedimento o minacciato di avviarli, con la notifica di un precetto.

E questo, sia perché le parti e il contenuto della fase giurisdizionale del procedimento di composizione negoziata della crisi devono essere specificamente individuati dal ricorrente, in quanto elementi essenziali di una vera e propria domanda giudiziale, sia perché, al fine di pronunciare sulla domanda il giudice deve verificare:

  • la funzionalità delle singole misure al buon esito delle trattative;
  • la loro incidenza su beni strumentali dell'impresa necessari per la prosecuzione dell'attività nella prospettiva del suo risanamento;
  • la loro proporzionalità al sacrificio che ne deriva per il creditore.

Crisi d'impresa, misure protettive nei confronti dei creditori indicati 

A seguire una precisazione rispetto alla ulteriore domanda promossa dalla società istante al fine di imporre genericamente, a tutti i creditori, il divieto di acquistare diritti di prelazione e di iniziare o proseguire azioni esecutive sul proprio patrimonio in pendenza della procedura di composizione negoziata.

Il Tribunale di Roma ha giudicato inammissibile tale richiesta.

Secondo l'autorità giudicante, infatti, i creditori ai quali sono inibite le attività descritte dall'art. 6, 1° comma del Decreto legge non sono tutti quelli esistenti ma solo quelli indicati dal debitore istante e concretamente limitati dalle misure richieste, "il cui contenuto dovrà poi essere astrattamente individuato ed eventualmente limitato dal giudice con l'ordinanza di conferma o di modifica sottoposta al suo esame".

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