Concordato preventivo biennale approvato

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Concordato preventivo biennale approvato

Tra i provvedimenti esaminati dal Consiglio dei Ministri del 25 gennaio 2024, è stato approvato definitivamente il decreto legislativo che introduce il nuovo istituto del concordato preventivo biennale, un accordo tra contribuenti e Amministrazione finanziaria. Il testo, si ricorda, contiene anche la parte dedicata all'accertamento tributario.

L’obiettivo del nuovo patto tra fisco e cittadini è quello di dare più spazio all’adesione spontanea concordando per due anni l’importo delle imposte dovute.

Come anticipato, l’accesso al concordato preventivo non è più condizionato dal punteggio Isa pari a 8; ora, l’istituto è aperto a qualsiasi soggetto con partita Iva, sia a quelli virtuosi, con punteggi alti, che a quelli “meno affidabili”.

Ma il concordato preventivo biennale è applicabile anche ai forfettari, seppure in forma sperimentale per un anno, ma che potranno passare al regime biennale a seguito del consolidamento delle banche dati della fatturazione elettronica obbligatoria.

Per valutare la bontà della legge sul concordato preventivo sarà necessario attendere i dati contenuti nelle proposte che l’Agenzia delle Entrate presenterà il 15 giugno (per la sola annualità 2024, poi il termine verrà anticipato), ai contribuenti potenzialmente interessati. Questi avranno tempo fino al 15 ottobre per decidere se accettare la proposta del Fisco: in caso positivo, il 30 novembre dovranno pagare il saldo delle imposte 2024 sulla base dei livelli di reddito indicati dall’amministrazione finanziaria.

Rinnovo del concordato

Trascorsi i due anni di validità del concordato, se non si sono verificate cause per le quali non risulta applicabile l’accordo fisco/contribuente, l'Agenzia delle Entrate ripresenta una nuova proposta di concordato relativa al biennio successivo; da qui, poi, si aprirà la possibilità per il contribuente di aderire o meno.

Gli effetti dell’accettazione della proposta

Dal punto di vista degli adempienti, i “concordatari” sono comunque tenuti all’ordinaria contabilità e agli obblighi dichiarativi, anche in materia di IVA, di quanto stabilito nel patto; sempre dovuta la comunicazione dei dati ai fini degli ISA.

In ogni caso, rimane in capo all'Agenzia delle Entrate il potere di controllare la correttezza dei versamenti attraverso quanto normato dall'art. 36-bis, DPR 600/73.

Ciò implica che l'Agenzia delle Entrate può iscrivere a ruolo, previa comunicazione al contribuente, le somme non versate relative alle imposte dovute a seguito dell’adesione al concordato.

Il decreto legislativo che introduce il concordato preventivo biennale stabilisce che in caso di “maggiori o minori redditi effettivi, o maggiori o minori valori della produzione netta effettivi, rispetto a quelli oggetto del concordato”, non si darà seguito a modifiche con riferimento al calcolo delle imposte dovute.

Dunque, se il reddito effettivo diverge, in più o in meno, rispetto a quanto concordato preventivamente con l’Agenzia, non ci saranno variazioni che incideranno sul dovuto.

Sul punto, però, il provvedimento dispone che, di fronte a circostanze eccezionali che saranno stabilite da apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, che determinano minori redditi effettivi o minori valori della produzione netta effettivi, in misura eccedente il 50 per cento (nella versione precedente del testo, era il 60%) rispetto a quelli oggetto del concordato, si può verificare l’uscita da quest’ultimo a partire dal periodo di imposta in cui tale differenza si realizza.

Dunque, se il reddito effettivo realizzato dal contribuente diverge di almeno il 50 da quello pattuito, il concordato potrà cessare gli effetti.

Altre cause di cessazione dal concordato

In base a quanto contenuto nel decreto legislativo, il concordato cessa di avere efficacia a partire dal periodo d'imposta in cui il contribuente

  • durante il biennio di operatività del concordato, modifica l'attività svolta rispetto a quella esercitata nel periodo d'imposta precedente il biennio stesso, tranne quando tali attività rientrino in gruppi di settore ai quali si applicano i medesimi coefficienti di redditività previsti ai fini della determinazione del reddito per i contribuenti forfetari;
  • non esercita più l'attività.

Si verifica, invece, la decadenza dallo stesso per entrambe le annualità quando:

  • emerge, a seguito di accertamento, nei periodi d'imposta oggetto del concordato o in quello precedente, l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza o l'indeducibilità di passività dichiarate, per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati, ovvero risultano commesse altre violazioni di non lieve entità;
  • i dati e le informazioni dichiarate dal contribuente, a seguito di modifica o integrazione della dichiarazione dei redditi, danno luogo ad una quantificazione diversa dei redditi o del valore della produzione netta rispetto a quelli in base a cui è avvenuta l'accettazione della proposta di concordato;
  • sono indicati nella dichiarazione dei redditi i dati non corrispondenti a quelli comunicati, ai fini della definizione della proposta di concordato;
  • viene omesso il versamento delle somme dovute a seguito dell'adesione al concordato.

Inoltre, si verifica la decadenza in caso di presenza delle cause di esclusione di cui all'art. 11 (mancata presentazione della dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato; condanna per alcuni reti tributari) o vengono meno i requisiti fissati per l’applicazione del concordato.

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