Contributi operai agricoli: no a disparità tra contratti a termine e indeterminati

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La normativa europea sul lavoro a tempo determinato vieta che i lavoratori agricoli a termine siano penalizzati rispetto a quelli assunti a tempo indeterminato.

Lo ha chiarito la Corte di giustizia dell’Unione europea, affermando che non è conforme al diritto dell’Unione una normativa nazionale che preveda il calcolo dei contributi previdenziali, per gli operai a tempo determinato, esclusivamente in base alle ore effettivamente lavorate, mentre per quelli a tempo indeterminato, sulla base di un orario giornaliero forfettario, anche in assenza di prestazione lavorativa effettiva.

Tale disparità di trattamento risulta priva di giustificazione oggettiva e integra una forma di discriminazione vietata.

Contributi previdenziali e operai agricoli a termine: niente discriminazioni

La questione del calcolo contributivo nel settore agricolo  

Con sentenza dell’8 maggio 2025, nelle cause riunite C-212/24, C-226/24 e C-227/24, la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) si è pronunciata sulla corretta lettura della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 1999/70/CE.

Nella specie, le domande di pronuncia pregiudiziale erano state presentate nel contesto di tre controversie tra alcune aziende agricole italiane, da una parte, e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), dall’altra, riguardanti contributi previdenziali dovuti dalle imprese che occupano lavoratori agricoli a tempo determinato.

Nella propria disamina, la Corte UE ha stabilito un importante principio in materia di non discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato nel settore agricolo.

L'oggetto del contendere: ore effettive o orario forfettario?  

Le imprese ricorrenti avevano calcolato i contributi previdenziali dovuti in base alle ore effettivamente lavorate dagli operai stagionali.

L’INPS, invece, aveva ingiunto il versamento di contributi aggiuntivi, ritenendo che la base imponibile dovesse essere calcolata sulla base dell’orario giornaliero forfettario di sei ore e mezza, previsto dall’art. 30 del Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) per gli operai agricoli.

Secondo l’INPS e, in un primo momento, anche la Corte d’appello, tale criterio avrebbe garantito parità di trattamento rispetto agli operai a tempo indeterminato.

Le imprese hanno quindi impugnato la decisione, fino a giungere a un rinvio pregiudiziale alla Corte UE.

La decisione della Corte UE: la clausola 4 dell’Accordo quadro è vincolante  

La Corte di giustizia dell’Unione europea, nell’interpretare la clausola 4, punto 1, dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato – parte integrante della Direttiva 1999/70/CE –, ha affermato il carattere vincolante di tale disposizione per gli Stati membri.

In particolare, la Corte ha ritenuto incompatibile con il diritto dell’Unione una normativa nazionale che consenta di calcolare i contributi previdenziali degli operai agricoli a tempo determinato esclusivamente in base alle ore effettivamente lavorate, mentre, per i lavoratori a tempo indeterminato, tali contributi vengano determinati sulla base di un orario giornaliero forfettario, indipendentemente dalla prestazione lavorativa realmente svolta.

Secondo la Corte, un simile regime comporta una disparità di trattamento priva di giustificazione oggettiva e contraria al principio di parità sancito dalla normativa europea.

Viene altresì chiarito che le condizioni di impiego, cui fa riferimento la clausola 4 dell’Accordo quadro, comprendono non solo le retribuzioni, ma anche i contributi previdenziali, laddove questi siano direttamente collegati al rapporto di lavoro e influenzino le prestazioni sociali future del lavoratore.

Le motivazioni della Corte: una disparità priva di giustificazione  

La Corte di giustizia dell’Unione europea ha rilevato che gli operai agricoli assunti con contratti a tempo determinato e quelli impiegati a tempo indeterminato si trovano in condizioni comparabili, poiché spesso svolgono le stesse funzioni e mansioni all’interno delle aziende agricole.

In questo contesto, applicare criteri diversi per il calcolo dei contributi previdenziali – ossia, in funzione delle ore effettivamente lavorate per i primi e in base a un orario giornaliero forfettario per i secondi – genera conseguenze sfavorevoli per i lavoratori a termine, incidendo negativamente sull’importo delle prestazioni previdenziali cui avranno diritto.

Secondo la Corte, non esistono motivazioni oggettive e sufficientemente fondate per giustificare un simile trattamento differenziato.

Il fatto che il contratto sia temporaneo non basta, da solo, a legittimare una disparità di trattamento, tanto più in assenza di elementi concreti che dimostrino la necessità di applicare regole contributive diverse.

La Corte ha anche ribadito che una disposizione di legge o contrattuale interna non può costituire, di per sé, una ragione oggettiva ai fini della deroga al principio di parità.

Di seguito il principio enunciato dalla Corte di giustizia:

"La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che: essa osta a una normativa nazionale, come interpretata da un giudice nazionale supremo, in forza della quale i contributi previdenziali dovuti da datori di lavoro, che impiegano operai agricoli a tempo determinato, al fine di finanziare prestazioni di un regime professionale di sicurezza sociale, sono calcolati in funzione delle retribuzioni versate a tali operai per le ore di lavoro giornaliere che essi hanno effettivamente svolto, mentre i contributi previdenziali dovuti dai datori di lavoro che impiegano operai agricoli a tempo indeterminato sono calcolati sulla base di una retribuzione stabilita per un orario di lavoro giornaliero forfettario, come fissato dal diritto nazionale, a prescindere dalle ore effettivamente prestate".

Conclusione: vincolo giuridico e impulso riformatore  

La decisione dell’8 maggio 2025 si colloca in un filone consolidato della giurisprudenza della CGUE volto a rafforzare la tutela dei lavoratori a tempo determinato, impedendo abusi e discriminazioni legate alla forma contrattuale.

Questa pronuncia rappresenta un vincolo per il legislatore e la giurisprudenza nazionale, oltre che un chiaro indirizzo operativo per tutti gli operatori coinvolti nella gestione dei rapporti di lavoro agricoli.

Tabella di sintesi della decisione

Sintesi del caso Alcune imprese agricole italiane sono state destinatarie di richieste dell’INPS per il versamento di contributi previdenziali aggiuntivi relativi agli operai agricoli a tempo determinato, calcolati non sulle ore effettivamente lavorate ma sull’orario forfettario previsto per i lavoratori a tempo indeterminato.
Questione dibattuta Se sia conforme al principio di non discriminazione (clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE) una normativa nazionale che prevede criteri differenti di calcolo dei contributi previdenziali tra operai agricoli a termine e a tempo indeterminato.
Soluzione della Corte La Corte di giustizia ha stabilito che tale normativa è in contrasto con il diritto dell’Unione: la differenza di trattamento tra operai a tempo determinato e indeterminato non è giustificata da ragioni oggettive, ed è quindi discriminatoria e vietata. I contributi devono essere calcolati su base paritaria.
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