Corte UE, rimozione dal registro IVA. Principi

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Una legge di uno Stato membro che permette agli Uffici di cancellare un contribuente dall'elenco delle partite IVA per infrazioni relative all'IVA, senza prima valutare la gravità delle violazioni e l'atteggiamento del contribuente, non rispetta le norme dell'Unione Europea e i principi di chiarezza legale e proporzionalità.

In tal senso si è espressa la Corte di giustizia dell’Unione Europea con sentenza depositata il 3 aprile 2025, causa C-164/24.

Il caso: cancellazione dal registro IVA

Una società bulgara operante nel settore edile fino al 2019 è stata esclusa dal registro IVA dopo una verifica fiscale nel 2022 effettuata dall'Ufficio delle Entrate del Paese Ue. Questa decisione è stata presa perché la società non aveva pagato l'IVA per cinque periodi fiscali tra il 2013 e il 2018.

La società in questione ha fatto ricorso contro questa decisione, sollevando dubbi sulla conformità di tale prassi con il diritto dell'Unione Europea, poiché le norme bulgare non richiedono un'analisi approfondita del comportamento del contribuente prima di escluderlo dal sistema IVA.

La questione è stata quindi portata davanti al Tribunale amministrativo di (…) che ha sospeso il procedimento e chiesto chiarimenti alla Corte europea sulla correttezza di questa prassi alla luce dei principi di certezza del diritto e di proporzionalità.

Interpretazione della Direttiva IVA

Il giudice incaricato del caso solleva un quesito riguardante la corretta interpretazione degli articoli 213 e 273 della direttiva IVA, nonché i principi di certezza del diritto e proporzionalità.

La domanda è se queste disposizioni si oppongano a una legge nazionale che permette alle autorità fiscali di rimuovere un contribuente dal registro IVA per non aver adempiuto ai suoi doveri fiscali, senza valutare dettagliatamente la gravità delle sue violazioni e il suo comportamento specifico.

Per rispondere a questa questione, è essenziale ricordare che l'articolo 213 della direttiva IVA richiede che ogni contribuente notifichi l'avvio, la modifica o la cessazione delle proprie attività. Inoltre, l'articolo 214 obbliga gli Stati membri a garantire che ogni contribuente sia identificato con un numero unico.

Questo numero di identificazione serve a facilitare l'efficace funzionamento del sistema IVA, consentendo un'adeguata verifica dei contribuenti e la corretta riscossione dell'IVA. Infatti, un numero di identificazione IVA è cruciale per documentare le transazioni commerciali, e deve essere presente su documenti come fatture e dichiarazioni.

Libertà limitata degli Stati membri nella Direttiva IVA

La Corte – nella sentenza del 3 aprile 2025, causa C-164/24 - ha chiarito che, sebbene gli articoli 213 e 214 della direttiva IVA conferiscano agli Stati membri una certa libertà di decidere come assicurare l'identificazione dei contribuenti ai fini IVA, tale libertà non è illimitata.

Infatti, gli Stati membri possono negare l'assegnazione di un numero individuale di IVA a un contribuente solo con una giustificazione valida. Inoltre, è importante notare che la direttiva IVA non include disposizioni che autorizzino in generale gli Stati membri a prevedere nella loro normativa nazionale la cancellazione dal registro dell’IVA.

Obblighi degli Stati membri per la riscossione dell'IVA

Tuttavia, dagli articoli 2 e 273 della direttiva IVA, in combinazione con l'articolo 4, paragrafo 3, del Trattato sull'Unione Europea (TUE), emerge l'obbligo per gli Stati membri di implementare misure legislative e amministrative necessarie per assicurare la completa riscossione dell'IVA dovuta entro i loro territori e combattere l'evasione fiscale.

Questo impegno è confermato da sentenze della Corte di Giustizia dell'UE, che sottolineano la responsabilità degli Stati membri di proteggere i loro interessi finanziari e di contrastare attivamente evasioni, elusioni e abusi fiscali, in linea con gli obiettivi della direttiva IVA.

È importante notare che, nell'utilizzare il loro margine di manovra per adottare misure volte a garantire il corretto pagamento delle tasse e prevenire le frodi fiscali, gli Stati membri possono decidere di rimuovere un contribuente dal registro IVA, se lo ritengono necessario.

La normativa nazionale in questione nel caso principale, che prevede la rimozione di un contribuente dal registro IVA, è pensata come una penalità per il mancato adempimento reiterato degli obblighi IVA del soggetto. È essenziale ricordare che, in assenza di un'uniformità di regole nell'Unione Europea riguardo alle sanzioni per la non conformità ai regimi fiscali, gli Stati membri sono liberi di stabilire le sanzioni che considerano più adeguate.

Principi di proporzionalità e neutralità fiscale

Tuttavia, nel definire queste sanzioni, gli Stati membri devono rispettare il diritto dell'Unione e i suoi principi generali, inclusi i principi di proporzionalità e di neutralità fiscale.

Per determinare se una sanzione sia proporzionale, è cruciale valutare la natura e la gravità dell'infrazione che la sanzione intende contrastare, così come il metodo di calcolo dell'importo della sanzione stessa. Va anche sottolineato che, nella selezione delle sanzioni, gli Stati membri devono aderire al principio di effettività, che richiede l'implementazione di sanzioni concrete e scoraggianti per contrastare le violazioni delle normative armonizzate sull'IVA e proteggere gli interessi finanziari dell'Unione.

Consequenze della rimozione dal Registro IVA

Tuttavia, una normativa nazionale che preveda la rimozione di un contribuente dal registro IVA per mancato adempimento degli obblighi fiscali, senza valutare la specificità delle violazioni, non può essere vista come una sanzione che soddisfa i principi e i criteri sopra menzionati.

Effettivamente, considerando il ruolo cruciale che il numero di identificazione IVA gioca nella verifica dello status fiscale del contribuente e nella validità delle transazioni effettuate, la mancanza di tale numero può rendere incerta per gli acquirenti e i destinatari di servizi la possibilità di attestare il diritto alla detrazione dell'IVA anticipata su tali acquisti o servizi.

Di conseguenza, potenziali acquirenti o destinatari potrebbero esitare a impegnarsi in transazioni con un contribuente rimosso dal registro IVA. Questa situazione potrebbe portare il contribuente a cessare la propria attività, equivalendo, in pratica, a un divieto temporaneo o definitivo di operare nel mercato.

Proporzionalità della sanzione

Pertanto, se la rimozione dal registro fosse intesa come una sanzione per il mancato rispetto reiterato degli obblighi IVA del contribuente, si tratterebbe di una penalità estremamente dura, non giustificabile sotto il principio di proporzionalità, poiché viene applicata senza valutare la natura e la gravità delle violazioni del contribuente.

Senza un'analisi approfondita del comportamento del contribuente, non è possibile determinare con precisione la natura e l'ampiezza di una possibile evasione fiscale da parte di quest'ultimo.

Di conseguenza, è difficile stabilire se la rimozione del contribuente dal registro IVA sia una sanzione proporzionata per assicurare la completa riscossione dell'IVA e combattere l'evasione fiscale.

Considerando tutte le argomentazioni finora esposte, la conclusione è la seguente: gli articoli 213, paragrafo 1, primo comma, e 273 della direttiva IVA, insieme ai principi di certezza del diritto e di proporzionalità, devono essere interpretati in modo tale da impedire una legislazione nazionale che permetta all'autorità fiscale di rimuovere un contribuente dal registro IVA semplicemente perché non ha adempiuto ai suoi doveri fiscali, senza prima valutare in dettaglio la natura delle violazioni commesse e il comportamento specifico del contribuente.

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