Critica in scritto difensivo? Licenziamento per giusta causa illegittimo

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Critica in scritto difensivo? Licenziamento per giusta causa illegittimo

Va escluso che possa integrare giusta causa di licenziamento la condotta del dipendente che attribuisca al proprio datore, in uno scritto difensivo, atti o fatti, pur non rispondenti al vero, che riguardino in modo diretto ed immediato l'oggetto della controversia.

E' quanto puntualizzato dalla Corte di cassazione con sentenza n. 19621 dell'11 luglio 2023, a conferma della decisione con cui la Corte d'appello aveva dichiarato l'illegittimità del licenziamento per giusta causa di un lavoratore.

Quest'ultimo, negli scritti difensivi del diverso giudizio in cui aveva convenuto la società datrice di lavoro per ottenere delle differenze retributive che assumeva gli spettassero, aveva utilizzato delle espressioni che la medesima società aveva ritenuto costituissero "gravissime accuse" a carico proprio e dei superiori gerarchici, tali da giustificare il recesso.

Il giudice di secondo grado, tuttavia, aveva escluso che esse potessero integrare, sotto il profilo soggettivo, il reato di calunnia o di diffamazione: la condotta era rimasta nei limiti di un'aspra critica finalizzata all'esercizio del diritto di difesa in giudizio.

Conclusioni, queste, confermate anche dalla Suprema corte, a cui si era rivolta la datrice di lavoro per impugnare la sentenza di merito.

Esercizio del diritto di difesa del lavoratore

Gli Ermellini, nella loro disamina, hanno richiamato il principio già affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui il contenuto della memoria difensiva depositata dal lavoratore per resistere in un giudizio instaurato nei suoi confronti dal datore di lavoro non integra una giusta causa che legittimi il suo licenziamento.

Questo anche laddove tale atto utilizzi espressioni sconvenienti od offensive, atteso che queste sono soggette a cancellazione e possono dar luogo a risarcimento ex art. 89 cod. proc. civ..

Si tratta, infatti, di documento giudiziario riferibile all'esercizio del diritto di difesa, oggetto dell'attività del difensore tecnico, al quale si applica la causa di non punibilità stabilita dall'art. 598 cod. pen. per le offese contenute negli scritti presentati dinanzi all'Autorità giudiziaria quando concernano l'oggetto della causa.

E' poi vero - ha continuato la Corte - che l'esimente appena richiamata non si applichi alle accuse calunniose contenute in tali atti, poiché la disposizione ricordata si riferisce esclusivamente alle offese e non può, pertanto, estendersi alle calunnie.

Nella vicenda in esame, tuttavia, la Corte territoriale aveva accertato che le dichiarazioni utilizzate erano strettamente connesse all'esercizio del diritto di difesa, rilevando, altresì, l'assenza di finalità dirette a diffondere notizie idonee a screditare il datore di lavoro.

Diritto di critica del lavoratore, limiti

Con particolare riferimento al diritto di critica del lavoratore, il Collegio di legittimità ha ricordato che il suo esercizio nei confronti del datore di lavoro deve rispettare i limiti di continenza formale, il cui superamento integra comportamento idoneo a ledere definitivamente la fiducia, alla base del rapporto di lavoro, e può costituire giusta causa di licenziamento.

In tale contesto, il superamento dei limiti di continenza e pertinenza stabiliti per un esercizio lecito della critica costituisce valutazione rimessa al giudice di merito.

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